La dominatrice fragile

Detta l’agenda dei summit europei, ne stabilisce le regole, fa aspettare un continente intero e finisce sempre per imporre la propria volontà. Con la crisi dell’euro la Germania si trova sola alla guida dell’Unione. Ma è davvero all’altezza del ruolo?

Pubblicato il 3 Novembre 2011 alle 14:27

Nei confronti del potere politico ci si comporta come nei confronti di un conto in banca di svariati milioni di euro: non se ne parla, lo si ha e basta. Per interi decenni la Germania ha fatto esattamente questo: non si è mai espressa sulla propria potenza, e tutti i governi tedeschi sono diventati maestri nell’arte di apparire a malapena sul piano politico. Fino a oggi. Adesso le cose sono cambiate: la Germania fa parlare di sé.

L’ha fatto a Bruxelles in queste tragiche settimane. “La Germania intende stringere ancor più la cinghia della Grecia?”, viene chiesto al rappresentante di un piccolo paese dell’Ue che, dopo un sospiro, risponde: “La cancelliera è una donna molto potente”. E non aggiunge altro. Secondo una diplomatica italiana, la signora Merkel è potente non soltanto perché rappresenta il paese più grande dell’Unione, ma “anche perché è la più seria dei capi di governo e gli altri la temono”. Romano Prodi avrebbe detto che in Europa “è lei a prendere le decisioni, mentre il presidente francese in seguito convoca una conferenza stampa per spiegarle”.

La salvezza dell’euro potrebbe essere dunque interamente nelle mani della Germania, in quanto sembra l’unica economia abbastanza forte da aiutare gli altri paesi. Dall’estate 2009 – quando il resto dell’Europa ha iniziato a sprofondare nella crisi – la potenza economica della Germania non ha fatto che rafforzarsi: il suo pil è aumentato quasi del 7 per cento e le sue esportazioni di oltre il 25.

La Germania, però, esercita questa egemonia suo malgrado. Non è preparata a questo ruolo, che del resto non le è mai andato a genio. Costruire autovetture e apparecchiature di qualità rientra nell’immagine che la Germania ha di sé, rivestire il ruolo di faro sulla scena internazionale no. Salvare l’euro non solo richiede molto di più alla Germania rispetto a ciò che essa vuole, ma forse anche rispetto a ciò che essa è in grado di fare.

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L’etimologia del termine ‘egemonia’ risale al greco hegemon, che significa ‘leader’. Ancor oggi un piccolo brivido percorre la schiena dei più anziani quando sentono parlare di supremazia tedesca. La storia ha fatto sì che la Germania obbligasse all’unificazione europea senza che essa ne occupasse il primo posto. In seguito, dopo la riunificazione, la Germania sovrana ha dissimulato il proprio potere effettivo nell’unione monetaria. L’entrata in vigore dell’euro è avvenuta secondo i suoi desideri. In ogni caso la Germania ha rinunciato a occupare un posto di rilievo, come hanno voluto invece i francesi.

A lungo la Francia ha rivestito il ruolo di potenza più importante, mentre la Germania si distingueva solo sul piano economico. Oggi invece la Francia potrebbe rappresentare anch’essa un problema nella zona euro.

Secondo i sondaggi i due terzi dei tedeschi non avvertono l’effetto della crisi dell’euro, mentre in Francia è vero il contrario, e ciò non deve stupire. In Francia mancano infatti posti di lavoro: nel solo settore industriale dal 2000 a oggi sono scomparsi circa mezzo milione di posti e ormai la disoccupazione sfiora il dieci per cento.

La vecchia regola secondo la quale senza la Francia la Germania non pesa molto nell’Ue forse è valida ancor oggi. Quanto alle condizioni alle quali i due partner si rapportano e agiscono, invece, si sono evolute. I francesi hanno disperatamente bisogno dei tedeschi più che il contrario. Il vecchio duo franco-tedesco non sarebbe altro che una “finzione di cortesia”, scrive il Financial Times.

Di fatto, la Germania in Europa riveste un ruolo di primo piano. Ma non si diventa buoni leader imponendo la propria opinione al termine di lunghi e oscuri negoziati. Un buon leader agisce prontamente, non quando la situazione diventa pericolosa per lui stesso. Un buon leader ha le idee chiare su chi deve essere.

Mani legate

Ma la Germania è davvero capace di fare ciò che deve ma non vuole fare? La repubblica federale tedesca è diventata tanto forte all’estero quanto appare debole e paralizzata al suo interno. Mentre a Bruxelles ci si batte per il futuro dell’euro, la Germania è impegolata nelle querelle interne tra il Bundestag e il Bundesrat, la coalizione e l’opposizione, il governo e il parlamento.

Lo si vede dal dibattito sull’espansione del Fondo europeo per la stabilità finanziaria che ha impegnato la Germania per 15 giorni. Mentre la Csu, l’Unione cristiano-democratica, si fa cogliere da crisi isteriche a intervalli regolari per compensare la propria perdita di influenza, il Fdp, il partito liberal-democratico che è l’altro partner della coalizione, smuove mari e monti semplicemente per non scomparire. In tempi normali, i nemici più pericolosi di un governo sono l’opinione pubblica e l’opposizione. Oggi in Germania l’antagonista della coalizione è la coalizione stessa.

Il sistema della Repubblica federale, concepito per autocontenersi, controllare e ostacolare il potere, infastidisce tutto il continente: la paralisi tedesca è insopportabile per l’Europa, che deve aspettare le decisioni del Bundestag, dell’Fdp o della Csu o una qualunque elezione regionale. Sul piano della politica interna si chiede al governo di trovare un compromesso valido tra efficacia e democrazia, di lasciar partecipare il parlamento che ha sempre da dire la sua. Sul piano della politica estera, in occasione dei summit europei, il governo federale pare avere mani e piedi legati. Altri paesi hanno una corte costituzionale, un sistema federale o un sistema di rappresentazione proporzionale che porta al potere i governi di coalizione. Ma nessuno possiede le tre cose contemporaneamente.

A innervosire gli europei non è soltanto la pignoleria tedesca, ma anche l’idea che i tedeschi la usino esclusivamente a loro vantaggio. Qual è il rapporto con la democrazia greca? Per quanto tempo ancora i greci accetteranno una classe dirigente che non ha né la capacità né il diritto di prendere decisioni? Come può l’Europa essere popolare, se la democrazia è in stand-by? In questo periodo di crisi, queste domande passano tutte in secondo piano. Ma essere superiori significa anche impegnarsi a favore degli altri. (traduzione di Anna Bissanti)

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