La sinistra ha perso la bussola

In tutta Europa i partiti progressisti sono confinati all'opposizione. In un mondo ormai privo di riferimenti ideologici è difficile trovare elementi in grado di rimpiazzare la tradizione socialdemocratica e comunista.

Pubblicato il 22 Settembre 2010 alle 15:50

In alcuni paesi come Germania, Francia e Italia, i partiti di centro destra sono al potere da molti anni. La situazione è un po' più complicata in Gran Bretagna, dove il partito conservatore governa in coalizione con i liberaldemocratici, che possono essere considerati una forza di centro sinistra. A completare il quadro, i partiti di centro e di destra hanno ottenuto la vittoria anche alle ultime elezioni europee.

Il dominio del centro destra nella politica europea non deriva esclusivamente dalla debolezza della sinistra. La destra ha vinto le elezioni tedesche del 2009, quelle britanniche del 2010 e quelle francesi del 2007 grazie a leader forti ed efficaci come Nicolas Sarkozy, Angela Merkel e David Cameron. Allo stesso modo la sinistra spagnola è riuscita ad andare al governo grazie alla figura politica ben definita di Zapatero.

Tuttavia Sarkozy e Merkel stanno attraversando un periodo di difficoltà. Fino a poco tempo Angela Merkel era fa la donna della provvidenza per la Germania e per l'Unione europea, ma la fortuna politica ha recentemente smesso di sorridere a Frau Germania, che non riesce più a compattare i tedeschi sotto la bandiera della sua coalizione. Per quanto riguarda Sarkozy, il presidente francese sta perdendo la sua popolarità un tempo indistruttibile.

La sinistra europea intravede dunque l'occasione di riconquistare un po' del terreno perduto nell'Unione europea, perchè dispone di fattori che giocano a priori in suo favore. La crisi economica, per fare un esempio, continua a infierire sull'Europa, malgrado una relativa ripresa in alcune zone dell'Unione. Nonostante tutto, però, le reali chance della sinistra di prendersi una rivincita elettorale sulla destra sono abbastanza scarse. Socialisti e socialdemocratici mancano di idee efficaci per risolvere i problemi che affliggono l'Europa. Inoltre la società moderna, altamente sviluppata, si trova a dover combattere contro "crisi di nuovo tipo" e senza una precisa connotazione ideologica.

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I due fatti che hanno ricevuto maggiore attenzione mediatica nelle ultime settimane, l'espulsione dal territorio francese di cittadini bulgari e romeni di etnia rom e la pubblicazione del libro del membro dell'Spd tedesca e detrattore dell'islam Theo Sarrazin, sembrano corroborare le tesi della destra, ovvero che l'Europa non è in grado di gestire le problematiche legate all'immigrazione, che gli immigrati non possono intergrarsi nella società occidentale e che non dimostrano nessuna riconoscenza per la generosità mostrata dai paesi che li hanno accolti.

Oltretutto la presenza degli "stranieri" minaccia la sicurezza nazionale. Secondo la stessa retorica l'Europa non sta investendo a sufficienza nella salvaguardia del suo patrimonio culturale ed è incapace di reggere il confronto con l'Islam. Il fatto che Sarrazin sia un rappresentante della socialdemocrazia sembra inoltre attestare la morte degli ideali della sinistra, dopo che per decenni i suoi leader hanno combattuto strenuamente il razzismo e il nazionalismo, perorando la causa di una società tollerante e multiculturale.

Lula più che Zapatero

Le ricette classiche della sinistra non bastano più a risolvere le questioni cardine della società moderna. In campo economico e finanziario la sinistra continua a proclamare la fine del neoliberismo, modello portante della destra, ma non riesce a proporre un'alternativa valida e concreta. Nell'ambito della lotta al terrorismo, i metodi più severi sono stati messi in atto dai governi di sinistra, in Gran Bretagna, Germania e anche in Spagna. In Gran Bretagna sono stati i laburisti a decidere la partecipazione alla guerra in Iraq, ignorando la tradizione pacifista del loro partito.

L'indebolimento della sinistra europea va di pari passo con la crescita al di fuori del vecchio continente di un modello socialista ben più aggressivo, come testimonia il caso del Venezuela. Secondo diversi intellettuali delusi dal capitalismo, il punto di forza dell'ideologia di Hugo Chavez risiede nel fatto che malgrado tutte le misure di socialismo estremo introdotte in Venezuela – la nazionalizzazione delle imprese, il controllo dei media, la retorica antiamericana – Chavez non ha osato instaurare un sistema totalitario basato sul marxismo-leninismo.

Il Venezuela è in grado di finanziare l'esportazione del suo socialismo eccentrico perché mantiene alla base le caratteristiche di un'economia moderna. Il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, il preferito dagli anticapitalisti di tutto il mondo, ha smussato anch'egli il suo radicalismo per assicurare prosperità e sicurezza durature alla maggioranza dei brasiliani. La formula utilizzata da Lula è diversa da quella della sinistra tradizionale, e consiste nell'istituzione di un'economia forte asservita alle necessità dello stato. Non è un caso che i nemici della globalizzazione europei si esaltino per Lula e non per Chavez o Zapatero. In particolare, il primo ministro spagnolo è stato costretto a limitare il so programma di sinistra alla sola lotta contro il cattolicesimo tradizionale e al conservatorismo della società spagnola.

In Europa la riduzione delle differenze tra destra e sinistra indebolisce inevitabilmente la seconda. In politica l'ideologia è sempre meno importante. Non è più l'appartenenza di classe che conta, ma l'identità nazionale o regionale. Per questo il percorso che la sinistra europea dovrà compiere per riaccendere la fiaccola ideologica in Europa minaccia di essere lungo e irto di pericoli. (traduzione di Andrea Sparacino)

Analisi

La lezione della Svezia

"Tutta la sinistra europea dovrebbe fare una visita a Stoccolma", recita l'editoriale di Le Monde. Un "doppio terremoto politico" ha scosso la Svezia, "il paese natale della socialdemocrazie e lo stato sociale più funzionale dell'ultimo mezzo secolo. Da un lato c'è stato l'ingresso in parlamento dell'estrema destra, dall'altro l'orribile risultato elettorale del Partito socialdemocratico. Il quotidiano intervista il linguista italiano Raffaele Simone, secondo il quale è "la stanchezza intellettuale della sinistra il motivo del trionfo della destra un po' ovunque nel vecchio continente". "La sinistra sembra non aver compreso affatto lo sconvolgimento di civiltà che ha portato alla vittoria dell'individualismo e del consumismo", e fino a poco tempo fa "si rifiutava di discutere di immigrazione di massa e di clandestini". Per Le Monde l'immigrazione controllata "necessaria al mantenimento dello stato sociale nelle nostre comunità sempre più invecchiate, presuppone un immenso sforzo integrativo che non è mai stato fatto". Secondo Le Monde la domanda da porsi è questa: "lo stato sociale all'europea non può sopravvivere se non dedicandosi meno ai suoi argomenti tradizionali – sanità e pensioni – e più alla nuova sfida dell'integrazione degli immigrati?"

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