Le violente proteste che hanno scosso Belfast nelle ultime due settimane dopo la decisione di limitare l’esposizione della bandiere britannica sulla facciata del municipio hanno portato all’arresto di una decina di manifestanti accusati di aver lanciato mattoni contro i poliziotti. La disputa verte sulla riduzione da 365 a 20 del numero di giorni in cui la bandiera viene esposta. La bandiera è un potente simbolo della sovranità britannica in Irlanda del nord, che divide gli unionisti pro-britannici dai nazionalisti repubblicani.
Migliaia di manifestanti unionisti hanno invaso le strade di Belfast quasi ogni sera dal voto del 3 dicembre, costruendo barricate e bruciando detriti. “Così non si può andare avanti”, titola il Belfast Telegraph riportando l’invito alla calma dei leader unionisti. Tuttavia secondo l’opinionista Liam Clarke i leader non riescono a controllare le folle.
Finora i partiti unionisti hanno gestito la situazione in modo così sbagliato che ormai è difficile dire se riusciranno a ristabilire la calma. Il loro compito è quello di instaurare fiducia durante un periodo di cambiamento, non di ricorrere a un voto in consiglio come tentativo disperato. Anziché avvicinarci al Regno Unito le scene della settimana scorsa hanno compromesso i rapporti con Londra più di quanto il voto sulla bandiera avrebbe mai potuto fare.
Sul Times Martin Fletcher sottolinea che la vista delle Land Rover blindate sembra aver riportato il paese ai “giorni bui dei Troubles”.
Il voto sulla bandiera ha provocato un'esplosione di rabbia devastante perché molti unionisti lo considerano il culmine di un inesorabile assalto repubblicano alla loro identità, reso possibile dagli accordi del Venerdì santo [tra i lealisti e i repubblicani, nel 1998]. Gli unionisti sono convinti che i nazionalisti si siano accaparrati le case migliori, le scuole migliori e le strutture migliori. Resta da capire se l’attuale agitazione scemerà o invece ci sarà un escalation, ma in entrambi i casi i nervi resteranno tesi e la situazione altamente instabile.