The Railway Bar, Bundoran, Donegal

L’ultima pinta

I pub, locali simbolo del paese, stanno chiudendo al ritmo di uno ogni due giorni. La colpa non è solo della recessione, ma anche dei cambiamenti culturali che hanno ridotto la vita sociale degli irlandesi.

Pubblicato il 27 Febbraio 2012 alle 16:53
Linda McNulty  | The Railway Bar, Bundoran, Donegal

Un tempo la vita sociale degli irlandesi gravitava intorno al pub. Compleanni, comunioni e funerali si concludevano regolarmente sui tavoli di legno scuro, tra musica e birre. Nelle famiglie c'era chi aveva il compito di recuperare i "bevitori riluttanti" e costringerli a partecipare alle feste. Alle prime luci dell'alba i più mattinieri bevevano una pinta prima di andare al lavoro, mentre i nottambuli incalliti ordinavano l'ultima prima di rincasare. Gli irlandesi non chiedevano di meglio che rinchiudersi tutta la notte in locali piccoli e umidi con una varietà di birre alla spina.

Oggi, invece, ogni due giorni un pub chiude i battenti. Da 2005 ne sono falliti 1.100. Il declino della massima istituzione sociale irlandese viene citato spesso come un altro esempio della crisi profonda che ha colpito le campagne, ma la realtà è che i pub chiudono dappertutto.

Per spiegare il collasso del settore sono state fatte diverse ipotesi. Negli ultimi dieci anni i proprietari hanno continuato a dare la colpa al divieto di fumare e al giro di vite contro il consumo di alcool da parte degli automobilisti. Ma questi cambiamenti risalgono a diversi anni fa (il divieto di fumare è stato introdotto nel 2004 e gli alcol test nel 2003).

Qualcuno è convinto che la crisi dei pub faccia parte di un fenomeno più ampio, un cambiamento radicale nello stile di vita e nel modo in cui la gente sceglie di trascorrere il tempo libero. "Sembra che sia in corso un profondo cambiamento nella vita sociale", spiega Mary Lambkin, professore di marketing all'University College di Dublino. "Le persone diventano più ricche e sofisticate, e non vogliono più passare il tempo in un pub sporco e maleodorante. I giovani vogliono incontrarsi in locali nuovi, luminosi e moderni".

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Lambkin è cosciente dell'importanza dei pub dal punto di vista del turismo, e riconosce che ne esistono alcuni di ottimo livello. Ma la sua critica è comunque spietata. "Ci sono un'infinità di pub anonimi, che non hanno niente di speciale che valga la pena di vedere. Molti hanno un arredamento lugubre e un bancone sudicio. Sembra che nessuno si sia preoccupato di pulirli dal 1954. Posti del genere non sopravviveranno mai alla recessione, e probabilmente non meritano di sopravvivere".

Gli esercenti sottolineano che il cambiamento è tanto sociale quanto economico. "Prima la gente aveva soldi ma non aveva tempo. Ora non hanno più soldi e continuano a non avere tempo", spiega Padraig Cribben, presidente della Vintners’ Federation of Ireland, che rappresenta più di 4.500 proprietari di pub e enoteche.

Secondo Cribben a molti gestori non conviene più restare aperti fuori dalle ore di punta. "Ormai lavorano part-time, come gli agricoltori di vent'anni fa. Alcuni pub restano chiusi fino alle otto di sera, altri cominciano l'attività settimanale soltanto il mercoledì".

Geraldine Lynch, che ha ereditato dai genitori la gestione del Cuckoo’s Nest di Tallaght, ha dovuto affrontare la sparizione dei due terzi dei clienti dei giorni lavorativi, a causa della recessione e di altri fattori. Ma era preparata, ed è riuscita ad andare avanti stringendo la cinghia.

Ma all'improvviso la situazione è degenerata, e hanno cominciato a scarseggiare anche gli avventori del fine settimana. "Un tempo il week end cominciava il giovedì sera, ma la recessione ha cambiato le cose", spiega. "Poi se n'è andato anche il venerdì. La gente ha smesso di passare dal pub dopo il lavoro, e quelli che ancora venivano da noi bevevano una birra e andavano via". È stata la fine della tradizione del Thank God is Friday ("Grazie a dio è venerdì")

Secondo Lynch la vita degli irlandesi è sempre più caotica, e ormai il sabato è l'unico giorno libero della settimana. Dato che la mattina devono dedicarsi alle famiglie, ora restano a casa anche il venerdì sera.

All'inizio del mese il Colman Byrne’s pub di Ballaghaderreen, nella contea di Roscommon, è passato sotto il controllo di un amministratore giudiziario, dopo che per sei anni i proprietari hanno fatto l'impossibile per mantenerlo aperto. Tra le cause della crisi irreversibile del locale ci sono sicuramente la recessione e i nuovi flussi migratori. Tuttavia anche l'opposizione dei vicini all'apertura prolungata di notte ha avuto un impatto rilevante, ridimensionando pesantemente gli incassi del sabato sera.

Insieme ai fattori economici, Byrne ha notato lo stesso cambiamento sociale percepito dai suoi colleghi. "La socievolezza, un elemento portante del carattere degli irlandesi, sta sparendo lentamente. La gente non fa più la stessa vita sociale di un tempo".

Al posto dei clienti abituali che si fermano a discutere dell'attualità locale, nel pub di Byrne ora ci sono soprattutto "giovani che arrivano dopo essersi ubriacati a casa con birra e vodka di pessima qualità". Alcuni di loro entrano nel pub con bottiglie di superalcolici nascoste sotto i vestiti.

I giovani bevono a casa

Anche Conor Kenny rimpiange la socievolezza e l'allegria che caratterizzavano gli irlandesi fino a qualche anno fa. "La nuova generazione di ventenni è completamente diversa dalla precedente". Secondo Kenny i giovani non hanno più voglia di trascorrere una serata tranquilla seduti al pub. Lavorano molto, bevono molto ed escono a un'ora in cui i loro genitori alla loro età erano già a letto.

Il consumo di alcolici nei pub è crollato di oltre un quinto in un decennio, ma l'amore per la birra e i liquori è ancora un tratto fondamentale del carattere degli irlandesi. Solo che ormai bevono in casa.

Secondo uno studio del Drinks Industry Group Ireland, dieci anni fa l'80 per cento delle bevande veniva venduto nei pub e negli altri esercizi autorizzati. Oggi la percentuale è scesa al di sotto del 50 per cento. Liberati nel 2006 dal divieto di vendere sotto costo, i supermercati si sono trasformati in depositi di alcolici, che hanno cominciato a offrire a prezzi stracciati per attirare i clienti. "C'è stata un'esplosione delle disponibilità e un crollo dei prezzi", spiega Donall O’Keefe presidente della Licensed Vintners’ Association, che rappresenta gli esercenti di Dublino.

Un tempo il pub era un'istituzione ben definita, con un ruolo di primo piano nella comunità. Oggi quel ruolo non esiste più. Kenny spiega che la sfida per gli esercenti è quella di riconquistarsi uno spazio. "Bisogna reinventarsi, guardare oltre le necessità primarie. I pub sono diventati incapaci di creare un mercato, non sanno enfatizzare i loro punti di forza. Ai tempi della tigre celtica c'era denaro in abbondanza, e così hanno dimenticato come si fa a conquistare i clienti".

Secondo Lambkin in futuro si affermerà sempre di più un principio economico basato su una sorta di "selezione naturale", e i pub continueranno a chiudere uno dopo l'altro. "Ma è anche vero che in ogni centro abitato c'è un pub che spicca sugli altri. Per i migliori c'è ancora mercato, e di sicuro riusciranno a sopravvivere".

Salute

Bere per dimenticare la crisi

Secondo un recente rapporto del ministero della salute, "in media un adulto irlandese beve l'equivalente di una bottiglia di vodka alla settimana, o di 482 pinte di birra all'anno", riferisce l'Irish Independent.

Il rapporto ha innescato un vivace dibattito nel paese. L'abuso di alcool provoca 88 vittime al mese, e aumenta le possibilità di contrarre 60 malattie. Inoltre provoca indirettamente una spesa di 1,2 miliardi di euro per uno stato già di per sé in gravi difficoltà economiche. Sull'Irish Times, John Waters scrive:

Quando gli stranieri mi chiedono di spiegare perché gli irlandesi non si sono rivoltati contro il fardello che sono stati costretti a portare, dico loro di dare un'occhiata alle statistiche sul consumo di alcolici. L'alcool è il più efficiente strumento di coesione sociale, ed è il vero motivo per cui la gente non manifesta in strada e non assalta i cancelli del governo.

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