Slovaquie, une bergerie dans les Basses Tatras.

Nel cuore dell’Europa, lontano da tutto

Il 12 giugno gli slovacchi vanno alle urne. Ma nel paese le tradizioni locali sono più radicate della democrazia, e ai cittadini la politica non interessa. Reportage dai Bassi Tatra.

Pubblicato il 10 Giugno 2010 alle 15:16
Viktor Kaposi  | Slovaquie, une bergerie dans les Basses Tatras.

Osservando da vicino i manifesti elettorali non si direbbe proprio che da qui a pochi giorni (per la precisione il 12 giugno) in Slovacchia si svolgeranno le elezioni legislative. I manifesti riportano messaggi banali, che assomigliano a slogan di detersivi o di prestiti immobiliari. Secondo le previsioni il tasso di affluenza alle urne non dovrebbe superare il 50 per cento degli aventi diritto, malgrado un clima politico teso a causa dei rapporti conflittuali con l’Ungheria e recenti episodi di corruzione. Perché gli slovacchi non votano? Non capiscono che con questo loro comportamento indeboliscono la democrazia? Per la verità, in gran parte della Slovacchia simili considerazioni lasciano il tempo che trovano.

Partire da Bratislava in auto verso est è come fare un viaggio nel tempo. Lungo la strada i centri abitati sono sempre più rari e isolati, e aumentano le montagne contro cui s'infrangono autostrade mai completate. Il paesaggio cambia completamente. Le ricche ville e le belle automobili a poco a poco spariscono del tutto, mentre aumenta il contatto con la natura.

Per raggiungere la pianura di Muránska occorrono circa quattro ore di viaggio. Qui il tempo obbedisce a regole diverse. La notte cala molto presto nel villaggio di Muránska Zdychava, ubicato in una valle molto profonda. In estate è spesso all’ombra e in inverno i raggi del sole non raggiungono quasi mai il villaggio, un po’ come il regime comunista di un tempo, che qui non ha praticamente messo mai radici.

Jan Siman, 63 anni, è seduto nella taverna, in compagnia di cinque uomini che indossano abiti da lavoro, maglioni di lana grezza e stivali. "Non sono mai stato scontento sotto il comunismo e non lo sono neppure oggi", dice con una certa prudenza. "Del resto per vivere non mi occorre molto: qualche mucca, un cavallo e un tetto sopra la testa". Da quando nel sedicesimo secolo vi si sono installati i Valacchi, che acquisirono il diritto di non pagare le tasse, l’indipendenza della regione nei confronti dello stato e del regime è una tradizione. E ciò vale anche per l’attuale regime democratico.

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In questo villaggio la vita politica nazionale appare lontanissima. Per le strade si vedono ancora frammenti dei manifesti elettorali della campagna del 2006. "Non andrò a votare. Tanto quelli che ci governano sono tutti uguali, e in ogni caso non servirebbe a niente", si sfoga Siman, che non conosce nessuno che andrà alle urne. Non c’è da stupirsi: Bratislava è lontana, sembra quasi più distante di Francoforte, da dove è arrivato l’euro, e con un euro oggi si comprano due birre.

Chi se ne frega

Guliari, 45 anni, l’anno scorso è stato licenziato. In seguito alla crisi economica ha perso il posto di lavoro nella miniera di magnesio che gli ha distrutto i polmoni. Da allora non si è più cercato un lavoro. "Dallo stato non voglio niente, soltanto i miei 150 euro di sussidi". Quella cifra gli basta per comperarsi il pane e qualche alcolico nella bottega del villaggio. Tutto il resto lo ottiene coltivando circa i venti ettari di terreno che ha ereditato da suo padre.

Ma con questi venti ettari – gli fa notare qualcuno – potrebbe ottenere ogni anno fino a 5.000 euro di sussidi europei: gli basterebbe spedire una richiesta all’amministrazione e falciare regolarmente l’erba. Sbalordito, riflette per un po’, poi scuote la testa e dice: "No, non mi interessa. Io falcio l’erba perché ho bisogno di fieno, ma rivolgermi all’amministrazione è fuori questione! Non ho proprio voglia che mi rompano con le loro ispezioni. E poi dovrei anche pagare le tasse! E tutto ciò per che cosa, poi? Perché prendano i miei soldi per spedirli in Grecia?".

Guliarik non ha elettricità né televisione, ma possiede un telefono cellulare. Tutto quello che gli serve sapere del mondo lo sa già. "Non andrò a votare per quel branco di ladri. Se sono felice di essere nell’Unione europea? Non me ne frega niente. In ogni caso, l’Unione europea ci sbatterà il muso, proprio come il sistema comunista. Arriva sempre un giorno in cui tutto finisce".

Parlando con questi montanari è davvero difficile considerarli parte della nazione slovacca, garanti del funzionamento della democrazia. Ben più della Repubblica Ceca, la Slovacchia è un paese le cui regioni sono delimitate chiaramente da frontiere naturali, fiumi, montagne e valli profonde. L’identità regionale è spesso più forte di quella nazionale, e tuttavia anche qui si trovano le tracce dell’esistenza di una nazione politica la cui difesa merita qualche sacrificio. Ai piedi delle montagne c'è un piccolo monumento di pietra che ricorda che in quel punto, nell’autunno 1944, due partigiani caddero combattendo contro i tedeschi. Ma da allora la regione di Gemer, il cui tasso di disoccupazione è il più alto di tutta la Slovacchia (quasi il 30 per cento), mentre il tasso di affluenza alle urne è tra i più bassi del paese, sembra essersi allontanata parecchio dalla grande Storia. (ab)

Elezioni

Una campagna fiacca

Dopo quattro anni di coalizione tra i socialdemocratici del primo ministro Robert Fico e l'estrema destra del Partito nazionale slovacco, il paese che andrà alle urne il 12 giugno si trova in una situazione paradossale. Da quando la Slovacchia "è diventata membro dell'eurozona, ha perso posizioni nella classifica mondiale dei paesi più corrotti", nota il quotidiano ceco Hospodářské Noviny. "Il paese ha retto relativamente bene alla crisi economica, ma resta lo stato con il più alto tasso di disoccupazione di lunga durata tra i membri Ocse. Le organizzazioni non governative sono forti, ma le leggi contro i media che criticano i politici sono molto severe". Per questa ragione la campagna elettorale – incentrata sulle tensioni con l'Ungheria e la minoranza magiara della Slovacchia, la crisi economica e la corruzione – ha movimentato poco i media. Secondo gli ultimi sondaggi, il partito di Fico dovrebbe uscire vincitore dallo scrutinio, ma avrà difficoltà a trovare i partner necessari a formare un governo.

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