Manifestazione a Lviv, 1 dicembre 2013

Questa è una rivoluzione, non uno scherzo

Un giovane poeta ucraino racconta le manifestazioni contro Janukovyč e la Russia, la minaccia dei provocatori al soldo del governo e le prospettive del movimento.

Pubblicato il 6 Dicembre 2013 alle 16:46
Manifestazione a Lviv, 1 dicembre 2013

“A proposito, vi ho già raccontato come sono cominciate le violenze nelle manifestazioni contro Janukovyč? No? Beh, è importante capirlo. Perché oggi è su questo che si gioca tutto. Noi vogliamo rovesciare il capo di stato, ma siamo pacifisti”. Nato nel 1988 a Kiev, dove vive, Taras Malkovič è un giovane poeta ucraino, attualmente borsista della Villa Decius di Cracovia. Presto partirà per New York con suo padre Ivan, anch'egli poeta.

Ma oggi a occupare Malkovič è soprattutto il destino del suo paese. Pochi giorni fa nell’ambito di una manifestazione organizzata in piazza dell’Indipendenza a Kiev si è svolto un raduno di scrittori. Davanti a 50mila spettatori, Malkovič ha letto la sua ultima opera. È la storia di una famiglia di carnefici in carica da varie generazioni. Ecco che però il più piccolo si tira in disparte. Il figlio del carnefice non gioca neppure più alla guerra con i bambini dei vicini e non sopporta la vista del sangue. Suo padre allora tenta in ogni modo possibile di riportarlo su quella che per lui è la retta via.

“Ero estremamente nervoso davanti a tutta quella gente, ma quando in conclusione ho detto che quella non era una festa, che non dovevamo dimenticare che era una ‘rivoluzione’ la folla ha esultato. [[Anche chi non è politicizzato ha visto finalmente che cosa rappresenta per noi la Russia: uno status quo permanente]]. Un semplice alternarsi di periodi di oppressione e di sottomissione, sotto forme diverse. Molti l’hanno capito chiaramente il 21 novembre, giorno della prima ondata di repressioni sanguinarie delle manifestazioni. Ma tutto era chiaro già da tempo. I filo-russi non si nascondono nemmeno più”.

Sul piano culturale lo si capisce anche dall’atteggiamento del ministro dell’istruzione Dimitri Tabačnik. “Durante il suo viaggio in Ucraina, l’estate scorsa, ha concesso un’intervista nella quale ha spiegato testualmente che l’ucraino era una ‘lingua superflua’. E questo sarebbe il ministro dell’istruzione ucraino?”.

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Per Malkovič il vero pericolo arriva da un’altra parte, dall’uomo d’affari Viktor Medvečuk, che influenza la vita politica ucraina da lungo tempo, anche se da qualche anno cerca di tenere un basso profilo. Quando Vladimir Putin è andato in Ucraina l’estate scorsa si è trattenuto appena un quarto d’ora con Janukovyč, ma molto di più con Medvečuk, soprannominato da questi parti “il cardinale” o “il padrino”. Putin del resto è il padrino di sua figlia.

“Medvečuk era noto negli ambienti letterari già prima della mia nascita”, spiega Malkovič. Nel 1980 il giovane Medvečuk era stato nominato avvocato del poeta ucraino Vasil Stus in occasione del processo a quest’ultimo. A una quarantina di anni di distanza da Varlam Šalamov, Stus è stato spedito in un gulag siberiano vicino a Magadan, dove è morto nel 1985 dopo uno sciopero della fame. “Ha fatto di tutto perché Stus fosse condannato a morte”.

Ballando con la repressione

Medvečuk ha una moglie adatta al suo personaggio. Si tratta della presentatrice televisiva Oksana Marčenko, 30 anni, che presenta la versione ucraina di “Ballando con le stelle”. “Durante le manifestazioni pacifiste per reprimere le dimostrazioni e disperdere la folla sono intervenute le berkut, le forze speciali di regime famose per la loro brutalità. Sono scese da un veicolo con il nome di quella trasmissione sulla fiancata. È difficile non vedervi qualcosa di più di una mera coincidenza”, spiega Malkovič.

È durante i periodi di tumulti politici, contrassegnati dalla manipolazione dell’informazione, che il principio di indipendenza della letteratura acquisisce tutta la sua importanza. Il concetto di “letteratura impegnata” che da tempo fa sorridere l’Occidente acquista qui tutto il suo significato. Dal giorno del suo arrivo nelle tranquille strade di Cracovia, Malkovič – che ha già tradotto una raccolta di poesie irlandesi, ma anche poesie in tedesco di Heine, Goethe e Brecht - ha soltanto un’idea fissa in mente: ritornare a Kiev e sostenere i suoi amici.

“Uno di loro mi ha chiamato alle quattro di notte dalla cattedrale di San Michele dove si era rifugiato insieme ad altri feriti. Ma forse sono in grado di agire anche da qui e far sì che tutto il resto del mondo non si lasci accecare dalle menzogne. Nel corso della settimana dal 30 novembre al 3 dicembre il procuratore generale ucraino ha presentato 53 denunce contro i manifestanti pacifici, alcuni dei quali si trovano in ospedale. Sono incappati in gruppi di vandali violenti reclutati per provocare la berkut prima di darsi alla fuga. Non lontano da questo gruppetto spesso si trovava una telecamera russa, pronta a riprendere la violenza di questi manifestanti fasulli”.

Per Malkovič non si può sottovalutare l’importanza vitale di Vitalij Klyčko per l’Ucraina. “Non siamo ancora al punto di poter eleggere il primo arrivato. Ma mi ha colpito vedere Klyčko afferrare per il collo un violento durante una manifestazione e chiedergli le debite spiegazioni. Un democratico convinto in cui identificarsi”.

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