Rassegna (Dis)Equality

Evasione fiscale, ricchezza e monopolio del buongusto 

Una rassegna, realizzata in collaborazione con Display Europe, che racconta la società europea attraverso il filtro delle disuguaglianze, di genere, di reddito, di trattamento, di lavoro... Questo mese parliamo dell’evasione fiscale delle imprese globali, di gender gap nel lavoro e nei media, di aborto e di cultura alimentare.

Pubblicato il 8 Novembre 2023 alle 15:49

Mille miliardi

Il capitale, non solo è meno tassato del lavoro salariato ma evade, abbastanza facilmente, il fisco. Mille miliardi di dollari – circa 950 miliardi di euro – è la somma che corrisponde ai profitti — su 16mila miliardi totali — che le grandi imprese globali nel 2022 hanno trasferito verso i paradisi fiscali: si tratta di depositi bancari, azioni e altri titoli non dichiarati nei rispettivi paesi. Una somma che si fatica ad immaginare, con tutti gli zeri che comporta, e che corriponde, ci dice Le Monde, al Pil di Belgio e Danimarca. Sommato. 

I dati vengono dal Rapporto globale sull’evasione fiscale pubblicato lo scorso 23 ottobre dall’EU Tax Observatory. La situazione è certamente migliorata: “Negli ultimi vent'anni la ricchezza nascosta nei paradisi fiscali è scesa dall'equivalente del 9 per cento del Pil mondiale al 3.” spiega il mensile francese Alternatives économiques. In Europa sono Paesi-Bassi, Irlanda, Lussemburgo e Belgio che, insieme, accolgono circa la metà di questi profitti “evasi”. 

Gender Gap: lavoro, media e povertà

Il World Inequality Lab, incrociando dati di diverse fonti, ci spiega che le donne guadagnano circa il 30 per cento del reddito globale prodotto dal lavoro all'inizio degli anni Novanta, per arrivare al 35 per cento odierno. La metà è ancora lontano. Cos’è il “reddito globale”? Le ricercatrici e i ricercatori che hanno lavorato sul rapporto (qui la versione integrale) lo considerano come la somma dei redditi ottenuti dal lavoro, dipendente e non, su base nazionale. 

Nel consumo delle notizie on line “il divario di genere [nell'Ue] era di 14,5 punti percentuali (57,2 per cento contro 42,7) nel maggio 2023" ci spiega un’analisi di The Fix Media, sui dati di 661 fornitori di notizie online nei paesi dell'Ue. The Fix incrocia questi dati con un’osservazione che arriva dal Digital News Report di Reuters che spiega come le notizia siano strutturalmente pensate per un consumo diverso in base al genere: l'idea che un uomo legge il giornale mentre fa colazione, mentre le donne dovrebbero usare la tv o la radio. 

Il disinteresse per la questione femminile costa la salute, la felicità e l’emancipazione di 340 milioni di donne, circa l’8 per cento della popolazione femminile mondiale: sono i dati che emergono dall’ultimo rapporto “The Gender Snapshot 2023” delle Nazioni Unite. Un focus particolare su una categoria completamente abbandonata: le donne “anziane”. In 28 dei 116 paesi di cui si dispongono i dati, meno della metà ha una pensione. 

Una donna alla guida del più grande sindacato metallurgico tedesco 

Christiane Benner è stata eletta alla testa di IG Metall, il più grande sindacato al mondo dell’industria metallurgica, riporta la tedesca Deutsche Welle. IG Metall, sindacato soprattutto maschile — conta il 20 per cento di donne, su un totale di oltre 2.2 milioni di iscritti — non è il primo ad avere una donna in testa in Germania: Yasmin Fahimi è stata eletta per Deutsche Gewerkschaftsbund, Daniela Cavallo dirige la  Betriebsrat, il consiglio di rappresentazione dei lavoratori di Volkswagen.

Eat the Rich

Ricchezza e povertà sono una questione ben reale, ancorata ai numeri, alle condizioni di vita e alle abitudini. E sono anche una questione simbolica e di rappresentazione. Un esempio? La cultura alimentare. “Ehi, poveri, non è che potete imparare a cucinare un curry vegan invece di sfondarvi di surgelati marci?”, titola il magazine francese ADN, un’intervista alla giornalista Nora Bouazzouni sul suo ultimo libro, Mangez les riches ("Mangiate i ricchi", Nouriturfu editore). Bouazzouni ha già lavorato sul rapporta tra alimentazione e rappresentazioni, in particolare sul rapporto tra fame e sessismo, e tra consumo di carne e maschilismo. 

Negli Stati Uniti, le persone con reddito più alto vivono in media tra i 14 e 10 anni di più di coloro che si trovano in fondo alla classifica.  Come si spiega? Obesità, malattie croniche come tumori, diabete e problemi cardio-vascolari toccano in maniera più elevata le classi meno abbienti. La risposta è spesso una presunta incompetenza: i poveri sono colpevoli della loro cattiva salute — perché non mangiano meglio? perché non fanno sport? — quando, dal punto di vista politico, sarebbe il caso di parlare di “fallimento sistemico delle nostre società”. 

In altre parole? Di fronte all’inflazione si dice alle classi popolari come risparmiare — “richesplainer” — invece di agire politicamente per proteggere e rivalorizzare salari e condizioni; di fronte alla questione alimentare si distribuiscono buoni alimentari e si giudica il comportamento delle classi meno abbienti: “Tolleriamo che i critici gastronomici testino le 25 migliori pasticcerie di Parigi, mentre i poveri che danno ai loro figli Kinder Bueno o Twix vengono stigmatizzati".

Anche il capitale “culinario” non è lo stesso. 

Anche il lavoro in nero paga: il costo umano delle Olimpiadi del 2024 

I lavoratori immigrati senza documenti lavorano. In nero o con contratto, spesso sotto falso nome. Sono numerosi nei cantieri dei Giochi Olimpici del 2024, mega evento al quale la Francia si sta preparando in pompa magna. Questi lavoratori si sono messi in sciopero lo scorso 17 ottobre, racconta Nejma Brahim su Mediapart: 600 di loro hanno occupato, accompagnati da sindacati e associazioni, uno dei cantieri delle Olimpiadi per chiedere la regolarizzazione. Sono circa una trentina le aziende toccata de proteste di lavorati migranti senza documenti regolari nella sola regione parigina negli ultimi mesi: il fenomeno tocca tutti i settori, in particolare l’industira della costruzione, della ristorazione e della logistica, ben al di là e ben prima delle Olimpiadi. 


Sul corpo delle donne 

In Groenlandia, le vittime della “campagna della spirale” chiedono giustizia 

Anne-Françoise Hivert | Le Monde | FR e EN (paywall)

Una storia che sembra uscita da una serie televisiva distopica. Alla fine degli anni Sessanta, alcuni medici danesi hanno applicato la spirale intrauterina a metà delle donne groenlandesi in età fertile (a partire da 13/14 anni), anche senza il loro consenso. L'obiettivo era quello di ridurre il tasso di natalità dell'arcipelago. 67 donne hanno scritto al governo danese per ottenere giustizia. 

L’aborto in Croazia

VoxFeminae | 3 ottobre | HR 

Il giornale femminista croato VoxFeminae, riporta i dati raccolti dal collettivo femminista croato fAKTIV, che ha cercato di aggiornate i numeri precendenti al Covid per capire se l’aborto è praticabile in Croazia. fAKTIV ha interrogato i 30 stablimenti autorizzati a praticare l’aborto nel Paese: da alcuni non ha ricevuto risposta, da altri le risposte sono vaghe. L’aborto sarebbe praticabile solo i 14 stabilimenti, ma il dato va poi incrociato con il numero degli obiettori di coscienza, e con il fatto che molti  stabilimenti che non lo praticano si trovano nelle zone più povere del paese. VoxFeminae inoltre sottolinea un altro dato fondamentale: il prezzo medio di un intervento di interruzione di gravidanza corrisponde alla metà del salario medio croato, che si aggira sui 560 euro. 

Abortion Dream Team: la depenalizzazione

OKO.press l  25 ottobre l PL

L’Abortion Dream Team è un gruppo polacco fondato nel 2016 che si occupa di sostegno attivo alle donne che vogliono abortire. In una tribuna pubblicata su OKO.press si attaccano ad una questione fondamentale nel dibattito sull’interruzione volontaria della gravidanza: l’articolo 152 del Codice penale punisce chi aiuta a praticare l’aborto: “Vogliamo che ogni adolescente vittima di una gravidanza indesiderata possa contare sul sostegno dei genitori”, scrivono. Decine di madri, ogni anno, vengono penalizzate in Polonia, per aver fatto un gesto umano e solidale: aiutare la figlia ad interrompere una gravidanza non voluta. 

In collaborazione con Display Europe, cofinanziato dall'Unione europea. I punti di vista e le opinioni espressi sono esclusivamente quelli dell'autore o degli autori e non riflettono necessariamente quelli dell'Ue o della Direzione Generale per le Reti di Comunicazione, i Contenuti e la Tecnologia. Né l'Unione europea né l'autorità che ha concesso il finanziamento possono essere ritenute responsabili.
ECF, Display Europe, European Union

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