Insieme ad altri 100.445 partecipanti, scrivo dalla Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, o COP28. Siamo appena tornati da Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, dove i negoziatori hanno raggiunto un risultato storico e, contro ogni previsione, hanno menzionato i combustibili fossili nel documento concordato, attribuendo loro la responsabilità del riscaldamento globale. Il testo, noto come consenso degli Emirati Arabi Uniti, non è perfetto. Gli osservatori hanno notato che il linguaggio adottato conteneva troppe scappatoie e non era abbastanza forte, soprattutto alla luce delle differenze tra paesi in via di sviluppo e paesi sviluppati. Il prossimo anno verrà lanciata una "Roadmap to Mission 1.5°C" per rafforzare la cooperazione internazionale in vista della COP30 in Brasile.
Fin dal suo annuncio, la scelta di tenere la COP in un importante paese produttore di petrolio è stata vista come un cattivo presagio, o una scelta a dir poco paradossale. In questo articolo su Orient XXI, i critici si chiedono se il modello di crescita, basato sul carbonio e sul gigantismo, sia anacronistico. L'articolo suggerisce di esplorare alternative incentrate su uguaglianza, sobrietà, conoscenze tradizionali e nuovi modelli di sviluppo.
The Guardian ha pubblicato invece un paio di articoli di Damian Carrington che offrono prospettive interessanti.
Il primo ha rivelato che l'Arabia Saudita sta architettando un'iniziativa di investimento globale per incrementare la domanda del suo petrolio e del gas nei paesi in via di sviluppo. L’iniziativa, ostensibilmente presentata come volta a migliorare l'accesso all'energia nei paesi più poveri, si concentrava su progetti che avrebbero finito per aumentare il consumo di combustibili fossili, ostacolando potenzialmente gli sforzi globali per combattere il cambiamento climatico.
Il secondo articolo, realizzato insieme al Centre for Climate Reporting, denuncia il presidente della COP28, Sultan Al Jaber, per aver ignorato la necessità di eliminare gradualmente i combustibili fossili per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Parlando a un evento online, Al Jaber ha affermato che non c'è "nessuna scienza" alla base di questa ipotesi e ha suggerito che invece riporterebbe il mondo “nelle caverne". Mi piace pensare che sia una versione distorta del mito di Platone sul Bene e il suo stesso inganno.
Gli scienziati hanno prontamente risposto con questa lettera, scritta a nome del clima stesso, mentre Angelo Romano passa in rassegna tutti i motivi per cui negare il cambiamento climatico equivale a mentire, per Valigia Blu.
Quello che minaccia davvero la vita su questo pianeta, tuttavia, è ciò che TotalEnergies sta facendo. Greenpeace spiegai come, nonostante gli impegni sul clima, il gigante degli idrocarburi abbia aumentato la produzione di combustibili fossili, con oltre il 99% della sua produzione di energia nel 2022 che ancora dipende dal petrolio e dal gas.
La società francese è in buona compagnia a Dubai: secondo Le Monde, che cita il Kick Big Polluters Out, una coalizione di 450 ong ambientaliste "Quasi 2.500 lobbisti dei combustibili fossili sono stati accreditati per la COP28". Non c'è da stupirsi se Alternatives Economiques parla di "una COP sotto l'influenza delle compagnie petrolifere".
Un altro esempio è l'attività di lobbying svolta da influenti aziende alimentari e agricole, come DeSmog ha scoperto. Responsabili di oltre un terzo delle emissioni globali, queste aziende hanno cercato di influenzare i dibattiti, utilizzando varie tattiche, dalla sponsorizzazione di padiglioni alla promozione di soluzioni non provate, ostacolando l'azione normativa, scrivono Rachel Sherrington, Clare Carlile e Hazel Healy.
Per esempio, JBS, la più grande azienda produttrice di carne al mondo, insieme alla Global Dairy Platform e al North American Meat Institute, ha avuto una forte presenza al summit. I documenti della Global Meat Alliance, finanziata dall'industria, ponevano l'accento sulla promozione di "prove scientifiche" a sostegno del consumo di carne. L'industria ha cercato di contrastare una "narrativa anti-carne" alla COP28.
Katie Marie Davies, per Kyiv Independent, ha rilevato un aumento significativo della spesa militare nel bilancio della Russia per il 2024. I fondi per la ricostruzione delle regioni ucraine annesse si concentrano sull'industria mineraria. Designando queste aree come "repubbliche autonome", Mosca mira a sfruttare le ricche risorse minerarie dell'Ucraina, tra cui carbone, ferro, manganese, titanio, grafite e uranio.
Annika Joeres, Katarina Huth e Elena Kolb per Correctiv hanno scritto a proposito della compagnia carbonifera Leag che avrebbe esercitato una notevole influenza sull'approvvigionamento idrico, mettendo in pericolo l'acqua potabile di Berlino. Leag è il più grande utilizzatore di acqua della regione di Brandeburgo e si presume che prelevi acqua freatica e acqua potabile senza alcun ostacolo. Le autorità, tra cui l'ufficio di stato del Brandeburgo per l'estrazione mineraria, la geologia e le materie prime, sostengono di non essere in grado di controllare a fondo i modelli di Leag. Le pratiche dell'azienda, compresi gli accordi con le città per la riservatezza, sollevano problemi ambientali e di approvvigionamento idrico.
Quando partecipi alla COP o assisti ai colloqui dall'estero, sembra che l'azione per il clima sia sotto assedio. All'assedio, devi rispondere con la resistenza.
Per One World, Merel Remkes ha realizzato un ritratto di Joyeeta Gupta, sostenitrice della giustizia climatica e docente di Ambiente e sviluppo del sud Globale presso l'Università di Amsterdam. Insignita del Premio Spinoza, Gupta progetta di istituire un laboratorio multidisciplinare sulla giustizia per raccogliere prove empiriche dell'azione globale. Nella sua lotta per la giustizia, non ha paura di sognare: "Dovrebbe esserci un ministero per il futuro".
Poche ore dopo l'inizio della COP28 è accaduto qualcosa di eccezionale, che ha fatto storia e che ha lasciato tutti noi stupiti e sospettosi in egual misura. I delegati hanno adottato un nuovo fondo per le perdite e i danni climatici, una mossa che ha immediatamente spinto diversi governi ad annunciare i propri contributi. In questa intervista, Clean Energy Write (CLEW) spiega le basi di un impegno preso quasi 15 anni fa per mobilitare 100 miliardi di dollari in finanziamenti per il clima. Si tratta solo di una frazione del totale dei finanziamenti per il clima necessari, ma "ha un valore totemico in quanto pietra angolare della fiducia tra paesi sviluppati e in via di sviluppo", afferma CLEW.
In un altro importante impegno preso alla COP durante la prima settimana i leader di 120 paesi si sono impegnati a triplicare la produzione di energia rinnovabile fino a raggiungere almeno 11.000 GW a livello globale, sottoscrivendo un impegno globale per le energie rinnovabili e l'efficienza energetica. La dichiarazione contiene anche l'impegno a raddoppiare il tasso medio annuo globale di miglioramento dell'efficienza energetica, portandolo a oltre il 4 per cento entro il 2030. Lo sviluppo delle energie rinnovabili dovrebbe essere la nuova corsa allo spazio.
Infine, una parola per una delle figure femminili di spicco di questo vertice: La ministra spagnola della transizione ecologica Teresa Ribera, che rappresenta l’Unione europea nei negoziati. Alla domanda se l'ex commissario europeo per il clima Frans Timmermans, un veterano della COP, non si sentisse a casa, mi ha detto di sì, aggiungendo "ma Ribera è così brava nel suo lavoro". Quando l'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio ( Opec) ha inviato una lettera nel bel mezzo della fase finale dei negoziati chiedendo di "salvaguardare i propri interessi", Ribera ha coraggiosamente dichiarato che "quello che stanno facendo i paesi dell'Opec è abbastanza nauseante: spingono per ritardare le cose.", riporta El Confidencial.
Ad ogni modo, "qualunque sia l'esito della COP28", sostiene Maxime Combes su Mediapart, "questa COP ha portato alla luce uno dei punti ciechi dei negoziati sul riscaldamento globale degli ultimi trent'anni: l'urgente necessità di abbandonare i combustibili fossili se vogliamo avere qualche possibilità di rimanere entro 1,5°C o 2°C di riscaldamento globale".
L'economista francese che si occupa di clima e investimenti sottolinea il fatto che i combustibili fossili non sono stati menzionati nell'accordo di Parigi del 2015, a causa di "lobby, negazionismo, inerzia e neutralità nei negoziati". Quest'ultima significa che "la riduzione della produzione di combustibili fossili non fa legalmente parte del mandato dei negoziati sul cambiamento climatico". Combes conclude che "qualunque sia l'esito della COP28, mantenere i combustibili fossili nel sottosuolo non è più considerato un'idea inverosimile, ma una conditio sine qua non per raggiungere la 'neutralità carbone' entro il 2050. Per questo è urgente trovare un modo per andare avanti".
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