Regolamentare le banane o il nucleare?

L'Ue impone dettagliatissime normative sugli aspetti più banali della vita quotidiana, ma lascia una questione vitale come l'energia atomica all'arbitrio degli stati nazionali. È ora di fare un passo concreto nella direzione giusta. 

Pubblicato il 26 Maggio 2011 alle 14:05

Tutte le banane commercializzate sul territorio dell'Unione europea devo misurare almeno 14 centimetri di lunghezza e 27 millimetri di diametro. Questo prescrive il regolamento europeo sugli standard di qualità delle banane. Per le centrali nucleari sparse nell'Unione non esiste invece nessuna norma di sicurezza comune. Ogni paese fa esattamente quello che gli pare, e la macchina comunitaria, impantanata del fango dell'uniformazione con risultati nel migliore dei casi comici, sembra priva di qualsiasi competenza formale.

Non c'è niente di più assurdo. Se perdiamo il controllo di un reattore nucleare, in quale parte dell'Europa si trovi, sarà l'intero continente a pagarne le conseguenze. E proprio in un settore così delicato gli stati membri sono lasciati liberi di decidere come comportarsi e quanti rischi correre. Una simile concezione dell'Unione europea, che detta le norme solo in ambiti privi di reale importanza, è intollerabile. Più che mai dopo Fukushima. L'Europa rischia di diventare una repubblica delle banane.

E già che parliamo di potere decisionale, andiamo sul fronte interno: in Germania non sappiamo più chi è che comanda nel settore nucleare. Quanto potere ha ancora il governo federale in materia di politica energetica? O meglio, fino a che punto Berlino è sottomessa al volere delle lobby del nucleare?

Teniamo presente che durante una riunione segreta dello scorso autunno l'industria ha costretto il governo a inserire il prolungamento della durata di vita delle centrali nella legge sull'energia nucleare. All'indomani di Fukushima Angela Mekel e soci, spinti al pentimento dai sondaggi, hanno voluto evitare di dare l'impressione di essere schiavi delle lobby e hanno dato un colpo di acceleratore all'uscita dal nucleare.

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Ma il terribile sospetto torna di nuovo a galla: ecco infatti che all'improvviso la tassa sul combustibile nucleare, appena istituita, rischia subito di sparire. Il governo giallonero [cristianodemocratici-liberali] si prepara infatti a gettare alle ortiche il suo unico e solo passo avanti nel settore della politica energetica. Una nuova prova di incompetenza.

Oggi più che mai sembra evidente che la svolta energetica ha soprattutto bisogno di persone che lavorino per bandire una volta per tutte il nucleare a vantaggio delle fonti di energia alternative. Ieri per esempio le installazioni fotovoltaiche tedesche hanno prodotto grazie all'energia solare 120 milioni di kilowatt/ora, ovvero la produzione quotidiana di quattro centrali nucleari.

Creare precedenti concreti è di sicuro il metodo migliore per mettere fine all'era della follia nucleare. In Germania come in Europa. (traduzione di Andrea Sparacino)

Svizzera

Berna chiude l’era atomica

La Germania l'ha detto, la Svizzera l'ha fatto: Berna rinuncerà all'energia atomica entro il 2034. Attualmente nella confederazione ci sono cinque reattori in attività, che forniscono oltre il 40 percento dell'elettricità prodotta in Svizzera. Ad annunciare la decisione è stato il 25 maggio il ministro dell'energia Doris Leuthard, che ha presentato la nuova strategia energetica svizzera fino al 2050, riferisce la Tribune de Genève. Secondo il quotidiano "la Svizzera fa la parte del precursore. È il primo paese a prendere una decisione così radicale, a due mesi di distanza dalla catastrofe di Fukushima. La Germania potrebbe seguire [l'esempio]". Si tratta di una "decisione storica che fa della Svizzera il primo paese al mondo a decidere per un futuro senza l'atomo", anche se "il cammino è ancora incerto", sottolinea la Tribune de Genève. Il ruolo delle energie rinnovabili e delle centrali a gas non è infatti definito, così come non sono state individuate le risorse finanziarie necessarie alla riconversione energetica.

La decisione della Svizzera riflette "le divisioni in Europa a proposito del nucleare […] dopo Fukushima", sottolinea il Guardian. Il quotidiano londinese riassume così la situazione attuale: "il Regno Unito e la Francia continuano a sostenere fermamente" il nucleare, "l'Italia ha messo da parte i progetti per la costruzione di nuove centrali e la Germania si dirige verso l'uscita" dall'atomo. Secondo il Guardian le divisioni interne all'Europa si sono trasferite sul dibattito sulla natura dei nuovi test di sicurezza per le centrali nucleari autorizzati il 24 maggio dai ventisette stati membri. A causa dalla pressione esercitata da Londra, Parigi e Praga è stato deciso che i test non comprenderanno l'eventualità di attacchi terroristici, "dato che questi ultimi riguardano le autorità nazionali incaricate della sicurezza e non la Commissione europea o le agenzie di controllo sul nucleare".

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