Idee L’Europa nel 2016

Sei domande per l’anno nuovo

Molte delle questioni irrisolte del 2015 – come la crisi dei migranti, l’alto tasso di disoccupazione o il terrorismo – si riproporranno nell’anno nuovo. Ma il referendum britannico sull’appartenenza all’Ue, che probabilmente si terrà in giugno, sarà la questione più importante di tutte, sostiene il cofondatore di Wake Up Europe!

Pubblicato il 31 Dicembre 2015 alle 09:01

L’infantile piagnucolio del “pensate a me” è stato spesso il senso sottinteso delle campagne degli euroscettici britannici contro l’Unione europea, che si riscontra anche nella stroncante visione della stampa d’oltre Manica verso l’Europa.
Potrà continuare a non essere la realtà durante il 2016, ma non ci sono dubbi sul fatto che il referendum sul “Brexit” – l’uscita del Regno Unito dall’Ue – sarà l’evento più importante dell’anno per l’Unione – almeno fra gli eventi di cui siamo a conoscenza. Che questo voto epocale si svolga in giugno, come prevedono gli esperti, o in autunno, sarà comunque influenzato da altri avvenimenti europei e a sua volta influenzerà questi ultimi.
Ecco dunque le sei domande che saranno davvero rilevanti l’anno prossimo per il futuro dell’Unione europea, e che al contempo influenzeranno e saranno influenzate dal voto britannico:
1) Possiamo ridare speranza ai 22,5 milioni di disoccupati nell’Ue, dei quali 17,2 vivono nei 19 paesi dell’eurozona?
Mentre la disoccupazione è calata velocemente negli Usa e nel Regno Unito durante il 2015, il calo è stato più lento nell’eurozona. Se state cercando la ragione principale del voto dato a partiti estremisti e antieuropei come il Front national in Francia e la Lega nord in Italia, l’avete trovato. L’economia ha imboccato la strada della ripresa, ma è stata modesta nella maggior parte della zona euro, nonostante il crollo dei prezzi dell’energia sia stato di grande aiuto. Se potesse essere accelerata, creando posti di lavoro e guidando ancora una volta la crescita degli standard di vita, la fiducia nell’Ue e nella globalizzazione in generale comincerebbe a risalire.
2) I paesi europei sono in grado di dimostrare che possono collaborare per ristabilire ordine e dignità nella gestione dell’immigrazione?
Durante il 2015, nulla ha gettato discredito sull’Europa più del comportamento erratico dei governi nazionali e dell’Ue di fronte al massiccio flusso di rifugiati provenienti dalla Siria e da altre zone di guerra. L’Ue è sembrata competente quanto i Keystone Cops, mentre gli esecutivi nazionali si sono mostrati collaborativi quanto Kevin Pietersen (indizio per i non-anglosassoni: è una battuta sul cricket, dato che Pietersen divenne famoso nella squadra inglese di cricket per essere estremamente egoista, il che gli valse il licenziamento). Se non riusciranno a fare di meglio nel 2016, ad esempio istituendo una forza comune per il controllo delle frontiere, allestendo centri di smistamento efficienti e smettendo di litigare sulle quote di migranti e sulla loro registrazione, allora le possibilità di una nuova crisi e di una rottura nazionalista aumenteranno.
3) Le forze militari e i servizi d’intelligence europei possono collaborare in modo efficace per controllare il Mediterraneo e combattere l’organizzazione Stato Islamico?
A seguito delle numerose e tragiche morti dei migranti che attraversano il Mediterraneo su pericolose imbarcazioni fornite dai trafficanti di esseri umani, e dopo gli atroci attentati di Parigi del 13 novembre, le marine militari europee e i servizi segreti stanno cercando di migliorare il proprio lavoro, che significa soprattutto collaborare di più. Nel Mediterraneo, molte marine militari dell’Unione europea, fra cui alcune navi britanniche (la flotta sarà guidata dalle imbarcazioni italiane), stanno compiendo uno sforzo senza precedenti per trovare un modo per impedire il traffico di esseri umani e rendere più sicura la zona. Inoltre, gli attacchi di Parigi hanno mostrato l’inefficacia dello scambio di informazioni stabilito dagli accordi Schengen di libera circolazione. L’anno nuovo sarà un duro test per verificare se quelle forme di collaborazione possono essere migliorate, così come quelle più da prima pagina nelle azioni militari in Siria e Iraq.
4) L’Europa è capace di dimostrare sufficiente positività e flessibilità per mantenere il Regno Unito dentro l’Ue?
La risposta alle prime tre domande determinerà in parte il risultato del referendum britannico: un’Unione europea che offre speranza nell’economia e che è in grado di collaborare in modo più efficace sarà più in grado di sedurre gli elettori. L’elettorato britannico non si aspetta che l’Ue sia irreprensibile; basterebbe dimostrasse di essere capace di imparare dai propri errori e di migliorare sé stessa. La posizione più devastante sarebbe dire a chi vorrebbe andarsene che l’Ue non è riformabile, che non è capace di migliorarsi; dunque il modo migliore per mantenere il Regno Unito dentro l’Europa sarà provare che queste affermazioni non hanno fondamento. Questo non sarà semplice da fare nei pochi mesi che restano, ecco perché è indispensabile che l’Unione dia prova di flessibilità dinanzi alle pressanti quanto irragionevoli richieste britanniche. Questo non significa che dobbiamo mettere da parte valori fondamentali come la libertà di movimento, bensì che è necessario fare passi avanti verso il progresso e le riforme. Se il Regno Unito decidesse di uscire, questo avrebbe un effetto drammatico su ogni forma di collaborazione dell’Ue, e darebbe una forte spinta al Front national in Francia.
5) L’Europa deve restare fedele ai suoi principi a proposito di Ucraina e Russia?
Le pressioni derivanti dalla lotta contro lo Stato Islamico e dalle imprese europee avide di tornare a fare affari con la Russia sono destinate ad aumentare l’anno prossimo, motivo per cui alcuni paesi e leader politici avranno la tentazione di attenuare la posizione europea sull’Ucraina. Il loro argomento è improntato alla realpolitik: la Crimea ormai fa parte della Russia, e l’Ucraina orientale è in ogni caso estremamente instabile, perché quindi non lasciamo che la Russia ridisegni i confini? L’Unione europea non deve assolutamente lasciarsi tentare da questo canto delle sirene. Se l’Ue non si occupa di principi come l’inviolabilità dei confini sovrani e il rifiuto dei tentativi di cambiarli con la forza, a che serve allora? Se lo stato di diritto è negoziabile, è come se non esistesse affatto. Eravamo abituati a sostenere che l’Ue è un soft power, una potenza dolce: se tradirà l’Ucraina, sarà docile di fronte ai potenti.
6) Angela Merkel riuscirà a mostrarsi coraggiosa durante l’ultimo anno del suo mandato?
Sappiamo tutti che è la cancelliera tedesca a prendere le decisioni in Europa; è la leader più influente. Ma è stata una leader timorosa, e si è mostrata risoluta solo sulle sanzioni alla Russia e sulla crisi dei migranti. Entrambe queste mosse le sono costate consensi in Germania. Dato che in ogni caso si avvicina la fine del suo periodo da cancelliera, è di sicuro il momento di far in modo che la sua fermezza non sia più un’eccezione bensì la regola. Se c’è qualcuno che può ricostruire l’Ue e tutto ciò che rappresenta, è proprio lei. È arrivato il momento di correre questo rischio.

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