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Un'opera di Pavel Brázda (Galerie 5. patro)

Solidarietà underground

Ottobre 1989: esponenti dell'underground polacco e cecoslovacco si ritrovano a Wrocław, in Polonia, dove danno vita a un festival di cultura indipendente. Vent'anni più tardi, la città polacca e Praga ricordano con un concerto e una mostra lo spirito di solidarietà di quegli artisti dissidenti.

Pubblicato il 2 Novembre 2009 alle 16:26
Un'opera di Pavel Brázda (Galerie 5. patro)

Per un'intera generazione di cechi e di polacchi, il concerto al teatro Archa di Praga sarà l'evento più imperdibile della stagione. La serata, dal titolo “Suoni ed echi della solidarietà”, celebra i venti anni dal festival di Wrocław. Per l'occasione torneranno sulla scena alcune delle leggende dell'underground ceco e polacco degli anni '80. Ci saranno cover in polacco delle canzoni di Karel Kryl, e brani in ceco del cantante contestatore Jacek Kaczmarski.

Nei primi giorni del novembre 1989 un gruppo di artisti indipendenti cecoslovacchi organizzò un concerto e una mostra nella cittadina polacca di Wrocław. Ora i polacchi hanno organizzato una commemorazione di quell'evento, organizzando il concerto di Praga e una mostra nella stessa cittadina di Wrocław.

Un salto all'indietro nel tempo

Da qualche settimana a Wrocław è arrivato l'autunno. Il cielo è plumbeo, banchi di nebbia coprono i parchi e le campagne, la gente cammina avvolta nei cappotti invernali e un vento glaciale soffia nei vicoli medievali intorno alla cattedrale di San Giovanni Battista. Ma nel museo dell'Arsenale l'atmosfera è decisamente più calda. Più di 200 persone affollano la sala principale. Il pubblico attende un gruppo di artisti cechi, le cui opere sono appese alle pareti di mattoni rossi. A prima vita potrebbe sembrare una normale retrospettiva. Ma i volti dei presenti tradiscono l'emozione e l'attesa. La mente torna all'epoca in cui i liberi pensatori cechi e polacchi furono protagonisti di uno scambio senza precedenti.

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Nel novembre 1989, a Wrocław c'erano migliaia di persone ad assistere all'incontro tra i rappresentanti cechi in esilio e gli artisti perseguitati nel loro paese. Si consacrava così la lunga collaborazione dei dissidenti impegnati nella solidarietà ceco-polacca.

Molte delle opere d'arte degli artisti cecoslovacchi furono bloccate alla frontiera e non poterono essere esposte al festival. Per questo la mostra del museo municipale di Wrocław s'intitola Zarekwirowano/Zabaveno [confiscato]. Un salto all'indietro nel tempo di vent'anni.

Cornici vuote

“Allora, al Club Zero, appese a pareti di mattoni simili a queste c'erano solo le cornici vuote, con i nomi degli artisti e la scritta in grande 'confiscato'. Le opere degli artisti cechi erano rimaste a Harrachov, nei camion della polizia parcheggiati alla frontiera”, ricorda Igor Wójcik, curatore della mostra di oggi. E aggiunge: “da noi Solidarność aveva riportato una vittoria schiacciante nelle elezioni di quell'estate, allora ci venne in mente di organizzare l'evento di Wraclow. Sicuramente i dirigenti comunisti cecoslovacchi lo interpretarono come una provocazione”.

Il festival attirò un gran numero di persone anche per un seminario sui diritti umani e per i concerti al teatro Polski, dove suonarono leggende della scena folk in esilio come Karel Kryl, Jaroslav Hutka, Vlastimil Třešňák e altri gruppi rock cecoslovacchi. Furono proiettati i film di Milos Forman, Jiří Menzel, Věra Chytilová, e anche un adattamento americano de “L'insostenibile leggerezza dell'essere” di Milan Kundera. Le librerie universitarie vendevano copie di libri di autori esiliati.

Alcuni decisero di rimanere più a lungo, come il curatore della mostra di allora David Němec: “sono rientrato passando per Dresda. È lì che mi sono separato da Vlasta Třešňák. Lui ha continuato il suo tragitto verso ovest, e io verso sud. Pensammo che non ci saremmo più rivisti per anni. Ma quel giorno cadde il muro di Berlino”.

Le opere degli artisti sono riuscite ad arrivare a Wrocław solo dopo il cambio di regime, nel 1990. Secondo Jiřího Fiedor, uno dei curatori della mostra di oggi, questa non riproduce fedelmente quella di vent'anni fa. La diversità dei punti di vista è centrale in questa operazione. Ed è proprio questa dimensione a riannodarsi con lo spirito della mostra confiscata.

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