Attualità Riscaldamento globale
Pale eoliche nella contea di Waterford, Irlanda.

Sulla strada sbagliata

Il progetto 20-20-20 dell'Unione europea, che prevede la riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento rispetto ai valori rilevati nel 1990 entro il 2020, nonostante i suoi enormi costi apporterà solo un minimo contributo alla lotta al cambiamento climatico.

Pubblicato il 19 Luglio 2010 alle 14:36
Pale eoliche nella contea di Waterford, Irlanda.

I leader europei hanno molto da fare. La crisi finanziaria ha reso necessari l'istituzione di diversi piani nazionali per la ripresa economica e uno sforzo comune per mantenere a galla la Grecia. Nel frattempo l'Unione europea corre il rischio di essere surclassata dalle nuove economie, che crescono a velocità più sostenuta rispetto a quella del vecchio continente e producono con maggiore efficienza e a costi ridotti.

Un aspetto positivo è che, nonostante tutto, i politici restano attenti e impegnati sul fronte del riscaldamento globale. Sfortunatamente, però, i loro piani non resistono a un'analisi più approfondita. Le ultime ricerche sembrano dimostrare che il piano 20-20-20 della Ue, che prevede la riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento rispetto ai valori rilevati nel 1990 entro il 2020 e il ricorso alle fonti rinnovabili per il 20 per cento del fabbisogno energetico, costerà miliardi di euro, ma porterà soltanto esigui benefici. La sola Gran Bretagna dovrà sborsare ogni anno 35 miliardi di euro.

Come dimostra l'analisi comparativa di costi e benefici dell'economista Richard Tol, esperto del cambiamento climatico, una riduzione a livello regionale avrebbe un effetto relativo sull'aumento delle emissioni e della temperatura globale. Non si tratta una bocciatura dell'approccio al problema, ma l'analisi di Tol dimostra come sia fondamentale unire le forze.

L'Unione europea ha recentemente sostenuto che il costo della realizzazione del progetto sarà di 39 miliardi di dollari. Si tratta di una stima ottimistica e inverosimile. Facendo una media tra i più affidabili modelli economici si deduce che il programma, anche presupponendo che politici abbiano impostato correttamente il percorso per realizzarlo, costerà almeno 100 miliardi di euro all'anno.

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Ma il percorso è tutt'altro che corretto. Il carico di burocrazia, complicazioni e restrizioni lo ha reso ancora più arduo, in particolare per quanto riguarda l'obiettivo di utilizzare per il 20 per cento energie rinnovabili. Si tratta infatti di aggiungere altri costi rilevanti, dato che l'utilizzo delle tanto popolari fonti "verdi" presuppone un investimento molto più ingente di quello necessario per rimpiazzare il petrolio con il gas. Di conseguenza, la stima del costo reale della politica Ue sul clima sale oltre i 200 miliardi di euro annui.

Nel suo studio, commissionato dal Copenhagen Consensus Centre, Tol ha anche quantificato il beneficio netto del progetto 20-20-20. Partendo dalla stima convenzionale che attesta in 7 dollari (5,50 euro) il danno economico provocato da una tonnellata di diossido di carbonio, l'economista olandese ha scoperto che il beneficio complessivo della politica europea sul clima sarà di 6,8 miliardi di euro. In altre parole, ogni euro speso frutterà un beneficio di appena tre centesimi. La mia ricerca mostra che entro la fine di questo secolo l'approccio europeo porterà a una riduzione dell'innalzamento della temperatura globale di circa 0,05 gradi centigradi. Un dato quasi troppo piccolo per essere rilevato.

Investire, non tagliare

La cosa peggiore è che l'Unione europea potrebbe fare molto di più per il mondo e per se stessa. Spendendo meno di 8 miliardi l'anno potrebbe dimezzare l'incidenza della malaria, garantire micronutrienti (in particolare la vitamina A e lo zinco) all'ottanta per cento dei bambini malnutriti del mondo e proteggere milioni di persone dal rischio di morte per tubercolosi.

I leader europei non devono abbandonare la lotta al cambiamento climatico, ma invece di dilapidare un patrimonio in missioni senza senso dovrebbero investire nello sviluppo delle energie verdi. Ridurre le emissioni di carbonio costa così tanto perché le energie alternative non sono pronte a sostituire il petrolio e gli altri combustibili fossili. Un maggiore investimento in ricerca e sviluppo potrebbe davvero togliere il mondo dall'impasse a proposito del cambiamento climatico. Se avessimo fonti di energia rinnovabile a prezzi competitivi chiunque le utilizzerebbe, incluso Cina e India. E le emissioni di carbonio crollerebbero significativamente.

L'Europa non dovrebbe impelagarsi in un percorso che non ha nessun senso dal punto di vista economico, e invece sembra più che decisa a continuare, mostrando una grande irresponsabilità. La Commissione europea vuole addirittura alzare al 30 per cento rispetto al 1990 l'asticella della riduzione delle emissioni di carbonio entro il 2020. Secondo i calcoli di Tol in questo modo i costi raddoppierebbero, superando i 440 miliardi di euro all'anno. Il risultato sarebbe quello di ridurre la temperatura del pianeta di un ulteriore centesimo di grado entro i prossimi novant'anni.

Progetti di lotta al cambiamento climatico come quello della Ue, costoso e mal concepito, causeranno un grosso danno economico e inaspriranno il conflitto politico senza riuscire a rallentare in maniera significativa il riscaldamento globale. L'Europa deve cambiare strada. (traduzione di Andrea Sparacino)

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