Kunduz (Afghanistan): le due autocisterne colpite dalla Nato il 4 settembre 2009 (AFP).

Un grosso errore che divide l'Europa

Dopo il bombardamento della Nato di due camion cisterna nel nord dell'Afghanistan, che ha provocato oltre un centinaio di vittime, l'esercito tedesco è al centro delle critiche dei suoi alleati europei. Critiche premature e pericolose, osserva la Süddeutsche Zeitung,convinta che la guerra sia ormai entrata nella campagna elettorale tedesca. 

Pubblicato il 7 Settembre 2009 alle 15:50
Kunduz (Afghanistan): le due autocisterne colpite dalla Nato il 4 settembre 2009 (AFP).

Ogni guerra produce un'immagine che riflette il dramma del conflitto e rappresenta una rottura con il passato. Durante la guerra del Kosovo questo episodio è stato il bombardamento dell'ambasciata cinese a Belgrado, in Afghanistan sono gli attacchi aerei contro i talebani, che uccidono i civili. In questo campo le truppe internazionali hanno accumulato numerose esperienze negative, ma è stato necessario attendere diversi anni prima che venisse elaborata una nuova dottrina di raid aerei. La nuova strategia prevede che nessun attacco aereo debba aver luogo in caso di dubbio e che la protezione dei civili rimane la priorità assoluta. La ragione per la quale il comando tedesco ha tuttavia ordinato il bombardamento di due camion cisterna rimarrà un mistero fino a quando non si avranno maggiori informazioni. Nel frattempo bisogna credere alla versione fornita dall'esercito federale, per il quale le cisterne di cui si erano impadroniti i talebani sarebbero state utilizzate per attacchi suicidi. Purtroppo, durante l'attacco le cisterne, impantanate in un guado, erano circondate da civili che stavano prelevandone il carburante.

Scarsa solidarietà degli alleati europei

La Nato e l'Onu hanno introdotto la pratica di affidare a una commissione indipendente il compito di fare luce su questi bombardamenti. I risultati hanno un carattere ufficiale, perché solo in questo modo è possibile ristabilire un clima di fiducia. Tuttavia la velocità con la quale la commissione ha fornito il proprio parere non ha impedito a molte personalità politiche e militari, dal comandante della Forza internazionale di assistenza e di sicurezza (Isaf) a un gran numero di ministri degli Esteri europei, di esprimere delle dure critiche nei confronti dell'esercito federale. Questa situazione eccezionale mette in evidenza la mancanza di coesione tra le forze alleate e si rivela molto pericolosa: a che cosa serve un'inchiesta se gli alleati contestano la credibilità del ministro della Difesa tedesco, Franz Josef Jung?

Le ragioni di questo disaccordo sono numerose e a pochi giorni dal cambiamento di strategia il comandante dell'Isaf, il generale americano Stanley A. McChrystal, teme per la sua credibilità. Fra gli alleati forte è lo scetticismo nei confronti della politica tedesca: Berlino ha inviato il terzo contingente per numero di effettivi [più di 3.600 uomini] ma sembra distinguersi soprattutto per i suoi buoni consigli e per la sua inattività. Questa volta tocca alla Germania, che ama dare lezioni sullo spreco di truppe e di mezzi inviati nel sud dell'Afghanistan, rispondere di un raid aereo che si distingue per il numero record di vittime.

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La guerra entra in campagna elettorale

In Germania, la Grande coalizione al governo avrebbe voluto mantenere l'intervento militare fuori dalla campagna elettorale, e negli ultimi anni la missione in Afghanistan non è mai stata sottoposta ad alcun dibattito pubblico. La presenza nel nord dell'Afghanistan è stata a lungo considerata come il simbolo delle "buone intenzioni di ricostruzione" dei tedeschi, mentre nel sud del paese i cow-boy americani facevano la vera guerra con metodi piuttosto discutibili. Ma questo modello è crollato nella primavera scorsa, quando l'esercito federale è tornato a combattere e ha dovuto registrare le prime vittime. Le regole di ingaggio sono subito cambiate e il tono si è indurito. In Germania tutti si sono resi conto che bisognava dissipare l'illusione e abituare l'opinione pubblica alla dura realtà dell'Afghanistan. Ma questo non avrebbe dovuto essere fatto prima delle elezioni politiche di settembre, visto che la maggior parte dei tedeschi non è favorevole all'intervento.

L'ironia della sorte ha voluto che non fossero i taliban a introdurre questo argomento nella campagna elettorale, ma l'ordine del comando tedesco. Oggi questo dibattito è inevitabile e due importanti decisioni dovranno essere prese subito dopo le elezioni. Infatti è molto probabile che la comunità internazionale invierà un maggior numero di soldati in Afghanistan e soprattutto di civili incaricati di aiutare alla ricostruzione - esperti in agricoltura, poliziotti istruttori, esperti contabili, medici e così via. Il problema è sapere se il prossimo governo tedesco parteciperà a questa iniziativa. L'altro punto importante riguarda la posizione che la comunità internazionale adotterà nei confronti del governo afgano. Il presidente Karzai deve decidere da che parte stare e se conta veramente ricostruire il paese. Il prossimo governo tedesco sarà disposto a esercitare questa pressione su Karzai e a partecipare a un eventuale ultimatum?

Nato

È ora di sciogliere l'Alleanza

"La guerra in Afghanistan è a uno stesso tempo in crisi e nel limbo" scrive Mary Dejevsky sull’Independent. Dietro il dibattito pubblico sulle finalità di questa guerra, serpeggia un’altra polemica sul futuro della Nato o su un suo diverso destino. Se la Nato non avrà la meglio in Afghanistan, afferma senza mezzi termini Mary Dejevsky, “a che scopo portare avanti l’alleanza?”. La Nato, prosegue, “è durata ben oltre la propria utilità”, “avrebbe dovuto dichiarare vittoria e sciogliersi alla fine della Guerra Fredda”. Lo scioglimento della Nato avrebbe lanciato a Mosca un segnale preciso, cancellando l’immagine dell’Alleanza come di qualcosa “diretto esclusivamente contro la Russia”. Anche “un cambiamento di nome o un chiarimento sulle sue missioni avrebbe potuto essere un primo passo avanti per far diventare l’Alleanza, forse, il nucleo centrale di un apparato militare regionale delle Nazioni Unite”. Invece, incapace di darsi nuovi obiettivi, l’Alleanza pare sempre più vacillare nel pantano afgano.

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