Artiii/Flickr

Une voce per l'Europa, ma quale?

Il trattato di Lisbona prevede l'adozione di una struttura diplomatica comune per i Ventisette sotto l'autorità di un Alto rappresentante. Ma gli stati e le varie istituzioni continuano a disputarsi il diritto di avere l'ultima parola. 

Pubblicato il 5 Novembre 2009 alle 16:02
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Da qualche tempo si legge sulla stampa europea che l'Unione sta per dotarsi di un corpo diplomatico con tanto di ambasciate. Di fatto, questa è sarà una delle conseguenze più importanti dell'adozione del trattato di Lisbona. L'idea di una diplomazia europea comune è apparsa per la prima volta nel 2000 in una risoluzione del Parlamento europeo. La Convenzione europea, che ha redatto la costituzione europea fra il 2002 e il 2003, ha ripreso l'idea di una rappresentanza diplomatica specifica per l'Unione.

La sua formula oscillava fra due estremi: creare una diplomazia europea unica, superiore a quella dei singoli stati membri, oppure mantenere l'attuale sistema di divisione fra Commissione e Consiglio.Il modello scelto dalla Convenzione – e ripreso dal trattato di Lisbona – è un compromesso fra questi due approcci: unisce i servizi di politica estera del Consiglio e della Commissione e introduce dei diplomatici degli stati membri. Questo modello sarà sottomesso all'autorità dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli Affari esteri e per la politica di sicurezza, che cumula le competenze finora spartite tra Consiglio e Commissione.

Le due facce della politica estera

Sono ormai 16 anni (dall'entrata in vigore del trattato di Maastricht nel 1993) che l'Unione europea è considerata un attore internazionale a tutti gli effetti. Tuttavia constatiamo che il suo ruolo, anche se diviene sempre più importante, non è all'altezza delle sue dimensioni e del suo peso politico ed economico internazionale. La politica estera europea ha due aspetti, uno economico e umanitario, gestito secondo metodi comunitari, e un altro politico nel senso intergovernativo del termine. Se il primo funziona relativamente bene, non è così per il secondo. Per ottenere migliori risultati è indispensabile un salto qualitativo, un nuovo modello nel quale il Servizio europeo per l'azione esterna (Eeas) avrà un'importanza fondamentale.

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Questo permetterebbe di risolvere i problemi di unità, mancanza di coerenza, poca visibilità e scarsa consistenza ed efficienza. Il nuovo trattato prevede che questo servizio sia definito su decisione del Consiglio, che si pronuncerà su richiesta dell'Alto rappresentante, dopo la consultazione del Parlamento europeo e l'approvazione della Commissione. Questo problema riveste una grande importanza politica poiché, al contrario di quello che si vede di solito in politica europea, non sono i capi di stato e di governo che avranno l'ultima parola. Per questo motivo la personalità del futuro Alto rappresentante sarà determinante.

Comunitario o intergovernativo?

A fine ottobre sono stati proposti diversi modelli. Il 22 ottobre il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione basata sul rapporto Brok, definita massimalista e destinata ad applicare la filosofia comunitaria alla Politica estera e di sicurezza comune. Questa risoluzione propone un servizio integrato nella struttura amministrativa della Commissione destinato a svilupparsi progressivamente. Le delegazioni della Commissione guadagnerebbero autonomia amministrativa e finanziaria, diventando le ambasciate dell'Unione.

Il secondo modello deriva da un rapporto della presidenza svedese. Prevede la separazione degli affari comunitari e intergovernativi, mantiene le attuali delegazioni della Commissione e stabilisce come unico organo un Eeas che si occuperà solo della Pesc (Politica estera e di sicurezza comune), della Pesd (Politica europea di sicurezza e di difesa) e degli aspetti generali delle relazioni estere, lasciando alla Commissione le competenze esecutive in materia di commercio, sviluppo, allargamento e rapporti di vicinato.

Un esempio per l'integrazione europea

Tra questi due modelli dovrà essere trovato un compromesso, e la posizione del parlamento sarà determinante. Quest'ultimo dovrà infatti approvare il nome del candidato al posto di Alto rappresentante su proposta della Commissione e del Consiglio. Di conseguenza gli eurodeputati gli chiederanno di vigilare sugli interessi del Parlamento.

Vedremo solo alla fine se nel modello finale avrà la precedenza il carattere intergovernativo o quello comunitario e se l'obiettivo del rafforzamento della presenza europea sulla scena internazionale sarà raggiunto. Vedremo anche se questo modello diventerà un esempio nella costruzione europea, come nel caso del mercato interno o del passaggio all'euro.

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