Un'Europa senza frontiere?

Pubblicato il 3 Luglio 2009 alle 16:28

“L'Europa senza frontiere”. Era questo uno degli slogan della presidenza ceca dell'Unione europea, che si è appena chiusa con un bilancio molto modesto.

Ci sono due tipi di frontiere: quelle estere dell'Ue, che restano da definire e alimentano il dibattito; e quelle tra stati membri, che per fortuna stanno a posto. La prova: innanzitutto, il fatto che dal primo luglio le tariffe delle telefonate e dei messaggi inviati dai cellulari hanno un limite prefissato, il che permetterà ai 500 milioni di europei di comunicare più facilmente, ovunque si trovino all'interno dell'Ue. Poi, il 30 giugno la corte costituzionale tedesca ha convalidato la ratifica del Trattato di Lisbona, ma a condizione che una nuova legge precisi e garantisca in futuro i poteri del parlamento nazionale di fronte alle istanze europee. Come scrive la Tageszeitung, questa decisione “s'inscrive nel clima nazionalista che attualmente si ritrova in altri stati membri”. Inoltre, essa pone di nuovo la questione del legame tra cittadinanza nazionale e cittadinanza europea.

Infine, nei Paesi Bassi il governo sta studiando la possibilità di introdurre corsi d'integrazione per gli immigrati provenienti da altri paesi europei, sulla falsariga di quelli che già si tengono per gli stranieri extracomunitari, come riferisce Gazeta Wyborcza. Dunque, dimenticate l'appartenenza a una stessa Europa e la mobilità di cittadini e lavoratori. Come sottolinea il quotidiano polacco, in tempi di crisi si teme di più che degli stranieri tolgano il lavoro ai cittadini nazionali.

Mentre la presidenza svedese, che è iniziata il primo luglio, mette l'ingresso della Turchia tra le sue priorità - questo risponde alla questione delle frontiere estere - sarebbe utile che Stoccolma riprendesse per proprio conto lo slogan ceco, trasformandolo in realtà.

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