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L’informazione al servizio della propaganda di Viktor Orbán

La costruzione delle strategia di propaganda e controllo dei media del Governo ungherese al servizio di Viktor Orbán. I politologi ungheresi Péter Krekó e Patrik Szicherle analizzano le tecniche di manipolazione del partito al potere.

Pubblicato il 18 Novembre 2021 alle 13:02
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Primo passo: costruisci il tuo impero mediatico

Nel 2010, il secondo governo presieduto da Viktor Orbán è salito al potere grazie al sostegno di una grande maggioranza parlamentare. Una delle prime mosse, piuttosto controverse, è stata l'approvazione di una serie di emendamenti sulle leggi che regolano i mezzi d'informazione del paese. Una di queste  assegna poteri speciali all'Autorità nazionale di controllo sui media e l'informazione  (NMHH) e al Consiglio dei media, due organi responsabili della supervisione del mercato ungherese dei mezzi d'informazione, comprese le acquisizioni.

Il Consiglio dei media, composto principalmente da membri fedeli al partito di maggioranza Fidesz, è stato un sostegno fondamentale per l'espansione degli oligarchi filogovernativi nel settore dei media ungheresi, che hanno pian piano trasformato i loro organi di stampa e i media in portavoce del Governo. La loro espansione ha portato alla creazione della Central European Press and Media Foundation (KESMA), che ingloba circa 500 testate sotto il giogo del Governo. 

I mezzi d'informazione statali, invece, sono stati rilevati dai sostenitori della Fidesz. Il governo Orbán è riuscito così a costituire un modello di centralizzazione dei mezzi d'informazione simile a quello russo che ha permesso la manipolazione della popolazione tramite la disinformazione centralizzata e un impero mediatico che esegue gli ordini politici. Il risultato di questi attacchi congiunti è il controllo diretto o indiretto del Governo ungherese su numerosi media.  Questa macchina di propaganda segue le istruzioni senza fare domande e può essere lanciata contro qualsiasi oppositore (anche immaginario) del partito al potere.

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Trasformare in uno scandalo ogni informazione

Quando nell'agosto 2013 il settimanale Heti Válasz ha pubblicato un articolo sulle presunte azioni della cosiddetta "rete Soros" in Ungheria, il processo di centralizzazione dei mezzi d'informazione non era minimamente paragonabile a quello che esiste oggi, ma ha permesso di vedere il futuro del funzionamento delle campagne di disinformazione. Nei mesi successivi alla pubblicazione di questo primo articolo, molti altri mezzi d'informazione filogovernativi hanno ripubblicato la storia originale o una versione ampliata. Secondo questi articoli, George Soros finanziava l'Unione ungherese per le libertà civili, organizzazioni femministe come la Women for Women against Abuse (in ungherese Nők a Nőkért az Erőszak Ellen), network universitari e media come 444.hu e Magyar Narancs. Alcuni rappresentanti del governo, come l'allora portavoce della Fidesz, Péter Hoppál, affermarono che il Comitato ungherese di Helsinki era una "pseudo-organizzazione della società civile" che screditava il paese e il suo governo e che era finanziata dagli americani.

Inoltre, l'articolo pubblicato da Heti Válasz sosteneva che i Norway Grants assegnati all'Ungheria (fondi destinati a contribuire a un'Europa più equa e a rafforzare le relazioni tra la Norvegia e 15 paesi beneficiari), erano distribuiti alla e dalla stessa rete di Soros. Sempre secondo questo articolo, tra luglio e agosto 2013 il consiglio di amministrazione composto dai protetti di Soros avrebbe deciso il destino di 3,5 milioni, di cui un terzo intascato da "organizzazioni sulla lista di finanziamento della Open Society Foundation". Nell'aprile 2014, l'allora ministro János Lázár scrisse una lettera ufficiale al governo norvegese sostenendo che i Norway Grants in Ungheria erano gestiti dall'organizzazione della società civile Ökotárs Foundation che ha stretti legami con il partito politico verde ungherese, LMP. Appena un mese dopo, l'Ufficio di controllo del governo ha informato Ökotárs di un'indagine sulla loro gestione dei fondi.

Nel frattempo, Nándor Csepreghy, allora segretario all'ufficio del primo ministro, ha accusato alcune personalità della società civile di essere coinvolte nel "crimine organizzato", facendo riferimento a un rapporto dei revisori Ernst & Young (EY) sulla gestione delle Norway Grants in Ungheria tra il 2008 e il 2011. Subito dopo le accuse, però, il rapporto completo di EY è stato pubblicato online, mostrando che la società aveva definito l'esecuzione del progetto "soddisfacente", e che non aveva rilevato problemi sistemici. L'8 settembre 2014, la polizia si è presentata negli uffici della fondazione Ökotárs e di altre personalità coinvolte nel consorzio che gestivano i Norway Grants, tra cui DemNet. La direttrice della Ökotárs, Vera Móra, è stata arrestata. Secondo le dichiarazioni dell'Ufficio ispezioni nazionale, stavano indagando su accuse di appropriazione indebita di fondi e attività finanziarie non autorizzate. Poco dopo, si è scoperto che era stato il Primo ministro stesso a dare l'ordine di procedere con l'inchiesta.

Non è necessario reinventare la ruota

Queste campagne sono state costruite sulla base di metodi di manipolazione molto diffusi. Nel caso del rapporto EY sulla gestione dei Norway Grants tra il 2008 e il 2011, Nándor Csepreghy ha interpretato male i dati trovati sulla società di revisione. Lo ha fatto usando le informazioni in modo selettivo per adattarsi alle ideologie del partito al potere, ingigantendo i problemi messi in luce dalla società e ignorando la conclusione generale secondo cui la gestione del progetto era soddisfacente. La seconda tecnica è stata quella di creare false connessioni tra i fatti. La Open Society Foundation (OSF) ha pubblicato online i nomi dei suoi beneficiari e, quindi, non erano necessarie particolari competenze di giornalismo investigativo per capire quali organizzazioni ricevessero sovvenzioni da loro. Tuttavia, i giornali filogovernativi vedono queste sovvenzioni della OSF alla società civile ungherese come parte di un complotto segreto. 

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