Sofia, febbraio 2011. Manifestazione contro Gheddafi.

Anche noi vogliamo la pelle di Gheddafi

Sofia ha negato il suo appoggio all'intervento in Libia, definendolo un'"avventura militare". Ma i bulgari hanno molte ragioni per vendicarsi del colonnello e schierarsi per una volta dalla parte dei vincitori.

Pubblicato il 23 Marzo 2011
Sofia, febbraio 2011. Manifestazione contro Gheddafi.

Quando il delicatissimo ministro tedesco degli esteri Guido Westerwelle sostiene che il suo paese non vuole impegnarsi in una guerra in Nordafrica possiamo anche capirlo. Dopo tutto i tedeschi hanno ricordi dolorosi della Seconda guerra mondiale, in particolare la sconfitta di Rommel nel deserto libico. Questo trauma può in parte giustificare Frau Merkel - e con lei il popolo tedesco - per aver scelto di non partecipare alla coalizione contro Gheddafi in un momento cruciale per l'Europa.

La Bulgaria invece non ha alcuna scusante. Perché il primo ministro Boïko Borissov ha definito l'operazione alleata "un'avventura militare" quando è stata approvata dalle Nazioni unite senza che alcun paese si opponesse formalmente? Francamente le autorità bulgare dovrebbero accogliere l'attacco al regime di Gheddafi con un po' più di entusiasmo. Infatti il nostro paese ha di sicuro più motivi di qualunque altro per volere la pelle di un satrapo che per otto anni ha torturato cinque donne innocenti [le infermiere bulgare arrestate nel 1999, accusate di aver infettato con l'Aids alcuni bambini libici, condannate a morte e liberate solo nel 2007] facendo ammattire tre governi consecutivi a Sofia.

In questa guerra possiamo schierarci da un solo lato, quello della giustizia. Dobbiamo apprezzare il coraggio dell'occidente, che dopo anni di coscienza sporca e affari inconfessabili con il sanguinario colonnello ha finalmente superato le proprie contraddizioni per infliggere al leader libico la punizione che merita. Nessuna pietà per il satrapo cocainomane! Gheddafi è finito e la Libia non sarà più la stessa.

L'asino di Buridano

È tempo di appoggiare la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, dopo essere sempre stati dalla parte sbagliata in entrambe le guerre mondiali (e la Guerra fredda). La salvezza non sta né a Berlino né a Mosca, e la verità nemmeno. Non dimentichiamoci che quando le nostre cinque infermiere erano in Libia in attesa di essere giustiziate non è stata Ludmila Putin che è andata a cercarle, ma Cecilia Sarkozy, che le ha riportate in Bulgaria sane e salve a bordo di un aereo francese.

Ricevi ogni settimana la selezione della redazione: un giornalismo indipendente, europeo e basato sui fatti.

A forza di esitare davanti a due opzioni finiremo per incarnare il paradosso del'"asino di Buridano", il povero animale fermo alla stessa distanza tra un secchio d'acqua e uno di avena, morto di fame e di sete per non aver saputo scegliere tra i due bisogni. Malgrado il nome, probabilmente la parabola non viene dalla penna di Jean Buridan (1292-1363), ma il filosofo francese è sicuramente un apostolo del determinismo sociale, una teoria che merita tutta la nostra attenzione. "Tranne che per ignoranza e imbarazzo, un essere umano che si trovasse di fronte a due comportamenti possibili deve sempre scegliere il bene maggiore". Grazie a dio, non siamo ignoranti! (traduzione di Andrea Sparacino)

Ti piace quello che facciamo?

Contribuisci a far vivere un giornalismo europeo e multilingue, in accesso libero e senza pubblicità. Il tuo dono, puntuale o regolare, garantisce l’indipendenza della nostra redazione. Grazie!

Sei un media, un'azienda o un'organizzazione? Dai un'occhiata ai nostri servizi di traduzione ed editoriale multilingue.

Sostieni un giornalismo che non si ferma ai confini

Fai un dono per rafforzare la nostra indipendenza

Sullo stesso argomento