Atene si arrende al debito

Il debito greco è fuori controllo. È il verdetto di una commissione del parlamento di Atene. Oltre agli strascichi della crisi, a pesare sul bilancio è soprattutto l’onnipresente evasione fiscale.

Pubblicato il 2 Settembre 2011 alle 16:55

L’episodio è accaduto a Hydra, un’isola del golfo di Salonicco a due ore di nave dal Pireo. È frequentata dalla buona società greca, e anche dal primo ministro Georges Papandreou. Al termine di una cena con una decina di commensali in trattoria, nel mese di agosto, il proprietario ha portato il conto. Centocinquanta euro, scritto a mano su un foglio di carta qualsiasi. Ovvero senza ricevuta. Pagare con la carta di credito? Fuori questione, non c’è alcun terminale. Si paga quindi in contanti. Non è necessario essere esperti di economia per capire che la trattoria lavora al nero ed evade il fisco.

Questa trattoria non è certo un’eccezione, anzi. In tutta l’isola ristoranti e bar evadono il fisco sotto gli occhi di tutti, proprio come le pensioni irregolari che raddoppiano il numero dei posti letto di Hydra. Una pensione offre sette camere a 50 euro minimo, da versare in contanti e senza ricevuta. Se facciamo due conti e pensiamo a una stagione di quattro mesi, significa – dedotte le spese – 42mila euro di guadagno per i proprietari, al netto di imposta. I bar e i negozi non sono certo da meno. Così soltanto a Hydra il fisco ci rimette svariati milioni di euro. Coloro che le tasse le pagano, invece – per esempio gli alberghi ufficiali – hanno la sgradevole sensazione di essere presi in giro, soprattutto dopo che la pressione fiscale è stata notevolmente accresciuta.

Nonostante tutto, però, le denunce continuano a essere poche. Nel 2010 ci sono state 18.500 segnalazioni rispetto alle 4.500 del 2009. Tutti sanno che moltli ispettori del fisco sono corrotti e disposti a chiudere gli occhi una volta intascata una fakelaki, una bustarella. È vero, qualche miglioramento lo si vede. Sull’isola ionica di Leucade per esempio sono ormai finiti due secoli di evasione fiscale di massa e la maggior parte delle trattorie emette finalmente ricevute fiscali. Ma è pur sempre un’eccezione: ristoranti, taxi, bar, negozi fanno parte di un’economia clandestina, onnipresente e tangibile (automobili di lusso, palazzi, yacht privati, etc), tanto che ormai questo sommerso rappresenta, secondo le ultime stime, tra il 30 e il 40 per cento dell’economia greca, senza contare la Chiesa e le aziende militari esentate legalmente dalle imposte.

A due anni di distanza dall’inizio della crisi, la Grecia non sembra dunque aver afferrato pienamente la gravità della situazione e l’entità degli sforzi che dovrà fare per scongiurare la bancarotta: ha un debito pubblico pari a oltre il 160 del pil (360 miliardi di euro), un deficit che nel 2011 supererà il 7,5 % del pil sperato, visto che già al primo luglio era sui 14,69 miliardi di euro contro un obiettivo annuale di 16,68 miliardi. Certo, alcune riforme sono state approvate, ma non sono entrate in vigore.

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La missione della cosiddetta “troika” (Commissione europea, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale), sbarcata ad Atene da poco per valutare i progressi fatti finora prima di versare una nuova tranche di aiuti, non potrà che condurre alla constatazione che la Grecia è la versione moderna della botte senza fondo delle Danaidi. Esigere nuovi tagli di budget non servirà a niente finché lo stato non sarà in condizione di funzionare a dovere. “Abbiamo creduto che la Grecia fosse un paese normale, e abbiamo sbagliato” ammettono a Parigi. “Il suo problema non troverà soluzione in uno o due anni. Dobbiamo aiutarla a gettare le fondamenta di uno stato che funzioni, e ciò richiede tempo. E tenerla fuori dai mercati fino a quel momento”.

La Commissione di controllo del budget, di recente nomina e composta da personalità indipendenti, ha concluso che l’indebitamento greco è ormai “fuori controllo”. Certo, la recessione economica in parte spiega questo peggioramento: – 4,5 % nel 2005 rispetto al previsto – 3,5, ovvero – 10 % in tre anni. Nondimeno, la maggior parte dei paesi europei ha vissuto una recessione più forte (per esempio – 10,5 % in Lettonia), senza ritrovarsi nella situazione della Grecia.

Negare l’evidenza

Atene paga soprattutto l’ assenza di un vero stato. Lo riconosce la stessa Commissione di controllo del budget: “È evidente che il problema di questo paese non è soltanto il suo enorme debito pubblico, ma anche l’incapacità a consolidare l’attuale gestione di budget. Malgrado gli enormi sforzi profusi per sistemare il budget, non è stata impegnata alcuna eccedenza primaria.

Di riflesso, al contrario, si è inasprito il deficit principale”. La Commissione punta in particolare il dito contro l’incapacità a lottare contro l’evasione fiscale. Invece di prendersela con il problema dell’incompetenza e della corruzione dei suoi servizi, il ministro greco delle finanze, Evangélos Vénizélos, si è accontentato – secondo la tradizione locale del negare l’evidenza – di pubblicare un comunicato nel quale definisce una “gaffe” questo rapporto.

Non c’è da stupirsi, dunque, se molti paesi tra i quali la Finlandia, la Germania, l’Austria, i Paesi Bassi e la Slovacchia sono restii a versare altri aiuti finanziari come convenuto al summit del 21 luglio. Perché la Grecia sembra essere un caso particolare. L’Irlanda, per esempio, è anch’essa sotto assistenza finanziaria, ma si sta rimettendo in sesto rapidamente. La questione ormai è dunque una sola: Atene riuscirà a scongiurare la bancarotta? (traduzione di Anna Bissanti).

Opinione

La pigrizia non c’entra

"L'inizio dell'avventura europea lo dobbiamo alla Grecia. Dobbiamo tutto alla Grecia", assicura Liviu Antonesei su Adevărul. "Non possiamo affermare che i greci meritano la loro sorte e nemmeno mandarli al diavolo. I giudizi generalizzati su un popolo intero sono sempre un odioso insulto", sottolinea lo scrittore romeno. Secondo Antonesei considerare i greci un popolo pigro è "ignobile e ingiusto: a Santorini vecchi di 70 anni portano i bagagli sugli asini per i turisti, i contadini greci lavorano duro per curare le vigne e gli oliveti di Creta. Tutte le boutique chiudono dopo mezzanotte e nessun barista si permette di spegnere le luci prima che l'ultimo cliente sia andato via".

Il problema dei greci non è la voglia di lavorare, ma il rigore fiscale, spiega Liviu Antonesei. Inoltre l'aiuto alla Grecia non "è denaro regalato, ma un prestito che le generazioni future pagheranno caro. Quando penso ai beni culturali rubati da alcuni creditori mi sembra una cosa ingiusta, ma così va la vita. La civiltà europea deve alla Grecia un debito che non sarà mai in grado di ripagare".

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