Ecco il conto, signor Grecia. © Kountouris, Eleftheros Typos

All’Unione serve un governo unico

La crisi del debito greco non ha solo messo a repentaglio la stabilità dell'euro, ma anche svelato i difetti fondamentali dell'eurozona. Mentre i 27 si riuniscono a Bruxelles il 25 e 26 marzo, Robert Skidelski è convinto che un mercato unico senza un governo unico non può funzionare.  

Pubblicato il 24 Marzo 2010 alle 16:28
Ecco il conto, signor Grecia. © Kountouris, Eleftheros Typos

La storia dell'Unione europea è sempre la stessa: sfide drammatiche e reazioni mediocri. Fin dalla sua creazione, raramente l'Ue è stata all'altezza degli eventi. La conseguenza è l'attuale declino economico e geopolitico dell'Europa. Il trattato di Roma del 1958, la cui firma da parte dei sei paesi fondatori istituì la Comunità economica europea, è stato sicuramente un balzo in avanti per l'Europa. La decisione di creare un mercato comune senza un governo centrale, tuttavia, ha semplicemente impacchettato i problemi rinviandone la soluzione a data da destinarsi. Ogni passo compiuto dalla Ue da quel momento in poi - dall'allargamento a 27 membri alla creazione dell'eurozona a 16 stati - non ha fatto altro che aumentare il distacco tra la retorica e la realtà delle cose. Eurolandia è andata avanti promettendo molto e mantenendo poco.

La crisi finanziaria greca è l'ultimo, lampante esempio delle conseguenze che l'Europa è destinata a pagare per la propria irresponsabilità. Quella greca è, alla radice, una "crisi da espansione". Nel caso specifico, è una conseguenza dell'espansione dell'eurozona. Il pesante sforzo economico degli anni novanta - alleggerito in Grecia dal ricorso massiccio alla contabilità creativa - ha permesso a Portogallo, Italia, Spagna e Grecia di rispettare i criteri d'ingresso nella moneta unica nel 2002. Una volta dentro, però, la pressione su di loro è sparita. La maggior parte dei paesi del Mediterraneo ha ripreso l'andazzo scriteriato, nella convinzione che il mercato unico avrebbe protetto le mancanze dei singoli.

Wolfgang Schäuble, ministro tedesco delle finanze, ha fatto capire di averne abbastanza e ha deciso di spingere per la creazione di un Fondo monetario europeo (Fme), destinato a erogare un prestito d'emergenza per i paesi impossibilitati a risanare il debito pubblico. Il prestito d'emergenza sarà però accompagnato da "condizioni d'accesso rigide e scoraggianti" e prevederà "sanzioni obbligatorie" in caso di negligenza. Tradotto in parole povere, le finanze dei paesi che usufruiranno del prestito del Fme saranno sottoposte per un periodo di tempo al controllo di commissari esterni.

La profezia di Friedman

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Secondo le previsioni di Milton Friedman il ciclo di vita della moneta unica sarebbe stato di non più di due decadi. Allo stato attuale delle cose sembra sempre più probabile che l'economista statunitense avesse ragione. Schäuble sa benissimo che le condizioni da lui proposte sono politicamente inaccettabili. Di conseguenza ha precisato che ogni stato che non dovesse accettare i criteri del prestito "può sempre uscire dall'unione monetaria rimanendo comunque membro della Ue". Le stessa Germania potrebbe tirarsi fuori dall'Euro nel caso in cui non riuscisse a riportare all'ordine i partner più deboli.

La crisi del Mediterraneo ha messo a nudo l'eterno difetto dell'eurozona: l'assenza di un governo centrale. La comunità economica ha bisogno degli strumenti adatti a combattere le "crisi asimmetriche", ovvero i momenti di difficoltà che colpiscono alcuni stati membri in misura maggiore rispetto agli altri. Al momento questi strumenti non esistono. Più che altro, manca una tesoreria comune con poteri di prestito e tassazione, nonché una banca centrale in grado di sostenere le banche nazionali nei momenti più neri.

La proposta di Schäuble ha una doppia valenza, economica e geopolitica. Economicamente sottolinea una profonda contrapposizione in atto: i paesi che spendono molto e quelli più parsimoniosi si rinfacciano a vicenda le responsabilità della crisi economica. L'establishment tedesco, promotore convinto di una fiscalità conservativa, vorrebbe che i paesi europei con un grosso deficit di bilancio ritrovassero l'equilibrio economico attraverso la disciplina fiscale, la crescita delle esportazioni e la diminuzione della domanda interna. Secondo i leader tedeschi il problema non sono i loro alti tassi di risparmio ma le spese eccessive degli altri membri dell'eurozona.

Che cos'è l'Europa?

Secondo Martin Wolf l'argomento della Germania è economicamente incorente. Accumulare risparmi in un posto genera automaticamente disoccupazione altrove. I grandi risparmiatori dovrebbero invece incrementare i propri consumi in modo da consentire agli stati più "spendaccioni" di aumentare le esportazioni, cominciando a sostenersi con i propri mezzi anziché essere condannati alla stagnazione. Se nessuno spende l'oculatezza è inutile.

L'impatto maggiore della proposta esplosiva di Schäuble è però in campo geopolitico. L'elite politica europea considera la Ue come uno dei poli d'attrazione in un mondo multipolare. Ma cos'è veramente l'Europa? Meno che una federazione e più che una confederazione. Manca di un centro di gravità e di frontiere precise. Senza una coerenza interna e un aspetto esterno definito, l'Europa è poco più che un'espressione geografica.

L'implicazione principale della proposta di Schäuble è che Eurolandia dovrebbe contrarsi fino ad assumere una dimensione governabile. Come il ragazzino che non ha paura di dire che il Re è nudo, Schäuble ha puntato l'indice del realismo contro la retorica di cui si continuano ad ammantare tutti i leader europei. Ha spezzato il tabù che impediva di mettere in dubbio le basi fondamentali del progetto Europa. Le sue parole sono benvenute da tutti quelli che preferiscono una solida costruzione a un castello di illusioni. (as)

Visto da Berlino

La Germania cambia rotta

Secondo Spiegel-Online Angela Merkel sta per averla vinta sulla crisi greca, grazie all'appoggio francese a una "soluzione Fmi" (che coinvolga cioè il Fondo monetario internazionale). Nel frattempo la Frankfurter Allgemeine Zeitung nota un'importante cambiamento di rotta nella politica Ue. Affrontando il problema della paventata esclusione dall'euro dei paesi insolventi, per la prima volta la Germania "ha ammesso apertamente che l'integrazione europea non può avvenire a qualsiasi costo." All'inizio del suo mandato la cancelliera ha stanziato milioni di euro per mantenere buoni rapporti con la Polonia, "anteponendo l'idea di un' Europa coesa agli interessi della Germania" e limitandosi a seguire l'impronta europeista di Helmut Kohl, architetto della riunificazione tedesca. Oggi invece Angela Merkel ha finalmente cambiato strategia, "sposando una linea dura simile a quella tradizionalmente adottata dalla Gran Bretagna". D'ora in poi, spiega il quotidiano conservatore, Berlino avrà un nuovo motto: "il popolo tedesco ha la priorità rispetto all'Europa". Di conseguenza la Merkel "non mostrerà la flessibilità che i colleghi dell'Europa del sud si aspettano" al Consiglio d'Europa in programma per il 25 e 26 Marzo. "Angela Merkel è la leader di un paese che non si lascerà più incantare dall'ideale d'integrazione europea. La convinzione dei tedeschi di essere ogni volta costretti a pagare per tutta Europa [...] ha alimentato l'euroscetticismo." Il cambiamento di rotta della Germania rappresenta un "duro colpo per l'Europa, che avrà un impatto decisamente superiore rispetto ai vari trattati politici". È probabile che la vecchia guardia europea, che continua a difendere il concetto di Unione come sodalizio per la promozione di pace e stabilità, non la prenderà bene. A ogni modo, conclude la Faz, non si può negare che l'Unione europea è diventata troppo grande, e non può più essere spinta solo dalla Germania.

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