Analisi Clima e informazione | 1

Attivisti per il clima e mezzi d’informazione: ambasciator porta pena

L'attenzione dei mezzi d’informazione mainstream alle polemiche e all'antagonismo, piuttosto che alla sostanza delle campagne degli attivisti climatici finisce per delegittimare le loro lotte e ostacolare l'azione per il clima. L’analisi di Stella Levantesi.

Pubblicato il 28 Novembre 2023 alle 15:55

“Sociopatici”, “ecovandali”, “ecoanarchici”, “allarmisti”, “fanatici”; la lista potrebbe continuare all’infinito. Gli attivisti per il clima sono etichettati (e accusati) spesso e volentieri dai mezzi d’informazione europei, in un momento in cui la disobbedienza civile prende sempre più spazio come risposta all’inerzia, se non all’ostruzionismo, nella lotta al cambiamento climatico. Che si tratti dei leader politici, delle aziende che inquinano o di altri interessi particolari, la risposta è sempre la stessa.

“Il linguaggio del cosiddetto ‘estremismo ecologico’ è stato brandito contro diversi gruppi, perfino quelli che ricorrono a forme legali di disobbedienza civile a sostegno dell’azione per il clima”, spiega  Jennie King, capa della sezione per la ricerca e la politica climatica presso l’Institute for Strategic Dialogue (Isd), un’organizzazione no-profit che difende i diritti umani e combatte polarizzazione e disinformazione.

Questa tattica, spiega King, è sempre più evidente nel Regno Unito e sta diventando una tendenza in Germania. Secondo un’analisi condotta dall’Isd, l’80 per cento circa degli oltre 400 titoli di giornale (inglesi, tedeschi e francesi) che accusano gli attivisti per il clima di essere una “minaccia alla sicurezza”, arrivano da testate tedesche.

I titoli includevano paragoni con la Rote Armee Fraktion (Frazione dell'Armata Rossa, Raf), un gruppo di estrema sinistra attivo negli anni Settanta e Ottanta, e riferimenti nei giornali mainstream a una intervista pubblicata nel tabloid Bild, che  riportava le parole di un esperto di terrorismo che metteva in guardia dagli attivisti per il clima “radicalizzati”.

Per King “nessuna distinzione è stata fatta tra [proteste] che potrebbero essere considerate come radicali, e l’ideologia che sta alla base dell’ecoestremismo, […] che ha una storia ben precisa alle spalle”.

Si parla dell’antagonismo, e si evita il problema

King aggiunge che i mezzi d’informazione mainstream, indipendentemente dall’orientamento politico, “cadono nella trappola” di riportare le polemiche sulle proteste di movimenti quali Just Stop Oil e Ultima Generazione, lasciando in secondo piano le ragioni e la sostanza delle azioni per il clima svolte da questi movimenti. Ne consegue che, molto spesso, i giornali danno maggiore attenzione alla polarizzazione che caratterizza l’attivismo per il clima, mettendola in risalto, e ignorano i problemi dell’azione climatica.

“Leggere un articolo sul movimento Just Stop Oil che realmente parla delle rivendicazioni che portano è un evento estremamente raro; il 99 per cento dell’articolo tratterà dei metodi utilizzati, della loro legittimità, e si chiederà se fossero esagerati o meno”, sostiene King. “C’è una tendenza diffusa a mettere al centro degli articoli metodi e antagonismo invece delle posizioni sostenute e del perché lo siano. Al centro della discussione ci sono gli individui e i loro metodi, non i problemi che stanno cercando di portare all’attenzione del pubblico”.

Anche in Italia, le grandi testate spesso sottolineano i dibattiti intorno alle proteste e riecheggiano gli attacchi diretti contro gli attivisti climatici, promuovendo le narrazioni dell’“attivismo contro il clima”.


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Greenpeace Italia e l’Osservatorio di Pavia, un istituto di ricerca specializzato nell’analisi dei mezzi d’informazione, hanno condotto uno studio sulla copertura mediatica che quotidiani, telegiornali italiani e le pagine più seguite su Instagram dedicano alla questione climatica. Questo studio ha dimostrato che la critica ai movimenti per il clima o ai loro metodi di protesta sono tra gli argomenti più strumentalizzati per poter ritardare e ostacolare la transizione. In particolare, nei TG costituiscono il 7 per cento dei servizi sulla crisi climatica.

“Nell’ultimo anno, [l’attivismo climatico] è emerso come argomento nei mezzi d’informazione, ed è al centro dei tentativi di spingere la discussione pubblica a ostacolare l’azione per il clima e la transizione energetica”, spiega Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia. Secondo Sturloni etichettare in questo modo gli attivisti, aiuta a far passare il messaggio che si tratti di  gruppi violenti e che, in ultima analisi, siano “nemici della società”.

Jennie King aggiunge che si tratta di una “tattica ovvia: quella di inserire la lotta contro i movimenti nel linguaggio dell'ecoestremismo poiché questo metodo delegittima l’azione dei movimenti stessi”. “L’obiettivo è chiaro: escludere questo tipo di movimenti e accusarli in modo che la società ne prenda le distanze”.

Il processo di “alterizzazione” è una strategia fondamentale nei tentativi di ostruzionismo nella lotta al cambiamento climatico. Ad esempio, i negazionisti dei cambiamenti climatici, e coloro che lavorano per ritardare le azioni per il cambiamento, hanno usato parole come “realisti” e “allarmisti” per screditare i legittimi avvertimenti lanciati dagli scienziati e associare il messaggio negazionista alla razionalità e al realismo. 

Nel 2020, insieme a Giulio Corsi, ricercatore presso l’università di Cambridge, abbiamo analizzato l’uso di questi due termini su Twitter (oggi X) e abbiamo riscontrato un aumento del loro uso del 900 per cento rispetto ai quattro anni precedenti. Il numero più alto di tweet inerenti all’“allarmismo” e al “realismo” spesso corrispondeva ai discorsi dell’attivista Greta Thunberg tra il 2018 e il 2019, quando il movimento per il clima era sotto i riflettori dei mezzi d’informazione per gli scioperi, le proteste e le marce organizzate in tutto il mondo.

La nostra analisi ha inoltre registrato che questo effetto, così come la strumentalizzazione del linguaggio dell’estremismo per attaccare gli attivisti, sfrutta la connotazione negativa di certi termini, creando una dinamica di “noi contro loro”.

Il linguaggio e il messaggio utilizzati per promuovere “l’alterizzazione” di chi difende l'ambiente attinge anche ai valori identitari e alla propaganda dell’estrema destra, con l’idea che l’azione per il clima abbia un impatto sulla libertà individuale.

Proprio come la narrazione di “allarmisti contro realisti” ritrae falsamente chi difende il clima facendoli passare per catastrofisti, l’analisi condotta dall’Isd ha riportato che alcuni titoli dei giornali britannici hanno descritto gli attivisti come “idioti”, “pazzi”, “fanatici” o “svitati”.


Il linguaggio e il messaggio utilizzati per promuovere “l’alterizzazione” di chi difende l’ambiente attinge anche ai valori identitari e alla propaganda dell’estrema destra


La rappresentazione degli attivisti come “pazzi” o “squilibrati” riporta alla mente la strategia dei negazionisti dei cambiamenti climatici di dieci anni fa. Nel 1998, l’American Petroleum Institute, associazione delle più grandi compagnie petrolifere, ha pubblicato un “piano di azione” che mirava a sfruttare le falle nella scienza del clima. Il piano, sviluppato da Exxon, Chevron, Southern Company e altri rappresentanti di organizzazioni conservatrici, affermava: “Otterremo vittoria quando coloro che promuovono il protocollo [di Kyoto] sulla base della scienza daranno l’impressione di essere fuori dal mondo”. Questa retorica legata alla “pazzia” è stata usata per rendere inudibile il loro discorso. 

Linguaggio beffardo

Anche l’utilizzo di un linguaggio volto a deridere è una strategia comune per parlare degli attivisti. Nei mezzi d’informazione mainstream e alternativi tedeschi il termine “Klima-Kleber” (“incollatori per il clima”) è stato utilizzato più di 200 volte quando gli attivisti hanno iniziato a protestare incollandosi le mani a cornici di quadri nei musei e nelle gallerie d’arte, riporta Isd. Questa espressione di scherno alimenta “una percezione di disprezzo e derisione” e costituisce un “linguaggio emotivo” che “aumenta il tasso di click” e “distorce le percezioni” di chi legge, scrive Sara Bundtzen per Isd.

La rete televisiva e radiofonica francese BFMTV ha citato Andréa Kotarac, un politico del partito di estrema destra Rassemblement National che, parlando delle proteste, le ha definite “une explosion de crétins” (“un’esplosione di cretini”). 

Le narrazioni del linguaggio dispregiativo e dell’“alterizzazione” sono state usate per delegittimare gli attivisti per il clima perfino prima di Just Stop Oil, Ultima Generazione e altri gruppi. Molti degli attacchi ad hominem girano intorno alla figura di Greta Thunberg. In Italia, ad esempio, il termine “gretini”, un mix tra Greta e “cretini” è circolato su alcuni giornali per parlare dei giovani attivisti di Fridays for future e di altri movimenti per il clima. 

Anche in altri paesi alcuni mezzi d’informazione hanno creato una vera e propria camera d’eco ripetendo in continuazione messaggi di propaganda contro i movimenti per il clima e Thunberg. Come riportato da Scientific American, un editore di Spiked, giornale inglese di estrema destra, ha definito l’attivista svedese come una “tipa stramba” e ha scritto che “c’è qualcosa di agghiacciante e decisamente premoderno in Thunberg”. Andrew Bolt, ospite a Sky News, ha scritto un editoriale dove quest’ultima è stata definita “profondamente disturbata”.

Secondo uno studio pubblicato nel 2019, i giornali tedeschi hanno utilizzato termini legati all’età, come “scolari”, “assenteisti” e “sognatori” per delegittimare Fridays for Future. Lo studio sostiene inoltre che Greta Thunberg è stata ritenuta responsabile per “l’assenteismo” degli studenti durante gli scioperi per il clima.

Violenza e criminalizzazione

Le narrazioni dell’attivismo contro il clima attingono anche dai social media. Secondo l’Isd e il network Climate Action Against Disinformation, i post pubblicati sui social durante la COP27 a Sharm El Sheik (Egitto) a novembre 2022, usavano un linguaggio offensivo, incitando alla violenza contro gli attivisti. King osserva che “si nota una escalation della retorica. Non è solamente ‘queste persone [attivisti] sono stupide e non siamo d’accordo con loro’: ci sono forme di disinformazione di genere, mentre viene utilizzata una retorica esplicitamente a sfondo sessuale”.

A settembre, in Italia, un’attivista ventitreenne di Ultima Generazione è stata attaccata con commenti sessisti sui social network, e dai giornali e radio di estrema destra.

"Una volta che si disumanizza una fetta della società, che si tratti di una minoranza etnica o, in questo caso, di un movimento per il clima, c'è una probabilità molto maggiore che questo si traduca in esiti violenti", spiega ancora King. " Questo genera abusi e molestie molto più mirati, minacce di morte, minacce di stupro e tutte quelle cose che si vedono circolare nella sfera digitale".

Attivisti alla sbarra

Oggi in molti paesi gli attivisti per il clima sono anche oggetto di denunce per le loro azioni.  In sette stati federati tedeschi i militanti di Ultima Generazione sono stati il bersaglio dei blitz della polizia, che ha svolto perquisizioni in 15 abitazioni. Nel Regno Unito e in Italia, secondo quanto affermato dagli attivisti, i governi hanno proposto e approvato multe che mirano a limitare e sanzionare l’attivismo.

Secondo Sturloni, in Italia l’inasprimento dei provvedimenti contro gli attivisti per il clima è un riflesso del contesto politico attuale, dato dal governo di estrema destra di Giorgia Meloni: “I mezzi d’informazione [italiani] sono interessati in quello che interessa ai politici, e la politicizzazione del problema suscita anche l’interesse dei media”.

A gennaio, come risposta a una protesta degli attivisti di Ultima Generazione a Milano, Matteo Salvini, ministro delle infrastrutture e leader della Lega, ha detto: “Sono vandali che meritano di andare in galera”.

“Quello che ci preoccupa più di tutto è la criminalizzazione [dell’attivismo per il clima]”, afferma Sturloni. “In altri movimenti sociali abbiamo visto tentativi di criminalizzare gruppi che sono molto più radicali, [in questo caso lo fanno] per dividere e indebolire il movimento per il clima”.

La presenza nei mezzi d’informazione delle narrazioni contro l’attivismo per il clima mostra come queste possono essere utilizzate per incentrare l’intero dibattito pubblico sull’azione per clima e, in conclusione, contribuiscono a influenzare la percezione del pubblico riguardo al problema.

Questo articolo fa parte di una serie dedicata al discorso sul clima nei mezzi d'informazione europei. Questo progetto è organizzato dalla Green European Foundation in collaborazione con Voxeurop e il Green European Journal, e con il sostegno del Parlamento europeo alla Green European Foundation.

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