Il presidente russo Dmitri Medvedev e lo statunitense Barack Obama su una matrioska in un mercato di Mosca

Il sogno di Obama spaventa i cechi

Il presidente statunitense deve firmare con il russo Dmitrij Medvedev un nuovo trattato di riduzione degli arsenali nucleari. Ma l'avvicinamento tra Washington e Mosca suscita preoccupazioni in Repubblica Ceca, dove il legame con l'occidente è ancora debole in confronto alle tensioni del passato.

Pubblicato il 7 Aprile 2010 alle 15:34
Il presidente russo Dmitri Medvedev e lo statunitense Barack Obama su una matrioska in un mercato di Mosca

Un anno dopo la visita di Barack Obama a Praga, la capitale ceca accoglie di nuovo il presidente statunitense. L'anno scorso era arrivato per partecipare a un vertice con l'Unione europea organizzato dalla Repubblica ceca, che all'epoca occupava la presidenza di turno dell'Ue. La visita era stata contrassegnata soprattutto dal discorso di Obama su un mondo senza armi nucleari. Ora settimana il presidente statunitense è venuto a Praga per firmare con il collega russo Dimitri Medvedev un trattato sulla riduzione degli armamenti nucleari. Praga diventa così per Obama un luogo simbolico: è qui che ha annunciato il programma più ambizioso della sua altrettanto ambiziosa presidenza, ed è sempre qui che compie il primo importante passo verso la sua realizzazione.

L'anno scorso abbiamo assistito a una riedizione postmoderna del sogno americano, nella quale ognuno poteva proiettare le proprie speranze e aspettative. Quest'anno il discorso è più politico, con decisioni reali già prese e dalle conseguenze molto concrete. Gli statunitensi sono molto concentrati sulla riforma sanitaria; il resto del mondo è invece più interessato dalla nuova strategia di Washington in Afghanistan, dalla revisione del progetto di scudo antimissile, dai tentativi di instaurare una politica più equilibrata in Medio Oriente e dagli sforzi diretti a migliorare le relazioni con la Russia.

Nostalgia dello scudo

Il confronto tra sogno e realtà ha ovviamente deluso molti, tanto negli Stati Uniti che in Repubblica Ceca e altrove. Molti sostenitori cechi dell'Alleanza atlantica non riescono ad accettare l'idea che non vi saranno radar in Repubblica Ceca (questa parte del progetto di scudo antimissile è stata abbandonata). I radar erano considerati il simbolo dell'impegno statunitense in Europa centrale, una garanzia contro l'espansione russa e un'assicurazione dell'ancoramento di Praga all'occidente. Ma senza una un'analisi approfondita dei problemi dell'Europa centrale, è difficile comprende questo punto di vista. Per molti il sistema politico della Repubblica Ceca e la sua appartenenza all'Unione europea e ad altre istituzioni non bastano a garantire il suo legame con l'Europa occidentale.

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Non sarà certo la visita di Obama a tranquillizzare il paese. Al contrario, i nostri atlantisti hanno sempre dubitato di questo avvicinamento alla Russia. E questa sensazione è alimentata da nuovi motivi di diffidenza. Perché la Russia ha voluto organizzare questo incontro a Praga? In questo modo Mosca non cerca forse di mostrare che la Repubblica ceca non appartiene all'occidente, ma che si tratta invece di una "terra di nessuno" a metà tra i due fronti? Obama li ha ingannati? Sarebbe meglio ammettere che il sogno di una relazione particolare tra Praga e Washington è solo un'illusione, poiché questa relazione da un punto di vista della potenza potrà essere solo asimmetrica. Si può immaginare una relazione transatlantica equilibrata solo tra l'Unione europea, considerata come un insieme, e gli Stati Uniti.

Servono norme condivise

La cooperazione transatlantica non basterà però ad assicurare il controllo della riduzione dell'arsenale nucleare e a dare delle risposte alle altre sfide mondiali. Senza una cooperazione stretta con la Russia, la Cina, l'India, il Brasile e gli altri attori di primo piano, questa riduzione non potrà riuscire. La cooperazione multilaterale può essere fondata solo sugli interessi dell'occidente e sulla speranza che le altre parti li adottino, e deve basarsi su delle norme universalmente condivise. A questo proposito il regime attuale di controllo dell'arsenale nucleare ha ancora molta strada da fare. Dal punto di vista dell'occidente, oggi il problema principale è il controllo del programma nucleare iraniano.

Ma gli altri attori vedono le cose in modo diverso. A loro importa più che l'arsenale nucleare degli Stati Uniti o della Russia rimanga molto superiore alle armi di distruzione di massa di tutte le altre parti riunite e che non si insista troppo sulla loro riduzione, anche se si sono già impegnati in un tale processo. Senza una grande determinazione da parte delle due ex grandi potenze a impegnarsi sulla strada del disarmo nucleare, la pressione dell'occidente sull'Iran mancherà sempre di un'indispensabile legittimazione. Obama ha capito bene che per imporre la sua visione del mondo senza armi nucleari devono essere gli Stati Uniti a dare il buon esempio. Ora deve convincere Mosca e il senato americano. Difficile dire qual è la cosa più difficile. (adr)

Nuovi equilibri

Più responsabilità per gli europei

Secondo il quotidiano romeno Jurnalul Naţional, la firma del nuovo trattato sul disarmo nucleare tra gli ex nemici della guerra fredda non rappresenta solo "l'atteso finale di una negoziazione lunga e faticosa", ma anche "il ritorno della Russia tra gli attori protagonisti della scena internazionale." Tuttavia, anche se il documento sostituirà il trattato Start I del 1991 (assai sfavorevole ai russi), non si può dire che sia la soluzione ideale per tutti. Secondo il giornale di Bucarest, infatti, Mosca ha già fatto sapere che "si riserva il diritto di uscire dal trattato se le postazioni antimissile statunitensi - piazzate in Romania e Bulgaria e ufficialmente destinate a prevenire un attacco dal Medio oriente - minacceranno il suo deterrente nucleare." Secondo l'edizione polacca di Newsweek la prima conseguenza del nuovo trattato è già evidente: in futuro "l'Europa dovrà farsi carico della propria sicurezza". I leader europei non potranno più "dedicarsi soltanto a questioni demagogiche e poco importanti come l'eliminazione totale degli ordigni nucleari statunitensi in Europa o la concentrazione di tutte le armi atomiche nei paesi dell'Europa dell'est. È tempo che i leader della Ue capiscano che il continente non è più spartito tra le due superpotenze".

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