La crisi dell’euro non esiste

Il rischio di un crollo della moneta unica è un mito alimentato per giustificare l’accentramento del potere. Il vero problema è che nella competizione tra le economie dell’Ue ormai ci sono quasi solo perdenti.

Pubblicato il 3 Maggio 2013 alle 10:59

La cosiddetta crisi dell'euro dura ormai da diversi anni. Si tratta di un fenomeno di lunga durata, a tal punto che la "crisi dell'euro" è entrata a far parte delle rubriche di alcuni media occidentali, come la politica interna, l'economia, il tempo o lo sport.

La crisi è entrata nell'immaginario collettivo come un fenomeno di lunga durata e questo può essere visto da un punto di vista positivo: siamo di fronte a una crisi senza precedenti e l'euro è ancora là; i nostri leader politici hanno saputo adottare delle misure efficaci, sono i nostri salvatori! Di conseguenza dovremmo rispondere positivamente alle loro richieste e dare loro ancora più potere. Più Europa, cioè più Bruxelles, più Commissione europea, più Parlamento europeo e così via. Solo un'Europa unita può raccogliere la sfida della crisi dell'euro! Dobbiamo portare a termine l'integrazione!

Ma tutto ciò è una sorta di mitologia moderna. Una favola che vuole giustificare da un punto di vista ideologico l'incredibile espansione del potere delle autorità di Bruxelles non elette e dei governi degli stati nazionali. Una favola che serve a legittimare il continuo processo di centralizzazione del potere.

Ma, obietteranno alcuni, la crisi non è una leggenda. Eppure sì, lo è. Nella sua forma consolidata, la crisi dell'euro è una leggenda. In primo luogo una moneta non può essere in crisi: può conoscere un'alta inflazione, ma non è il caso dell'euro e non lo è mai stato; oppure può conoscere delle fluttuazioni del tasso di cambio sui mercati internazionali, ma non si tratta affatto di una crisi, è un fenomeno del tutto normale.

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Per quanto riguarda l'inflazione non c'è alcuna crisi. Lo stesso si può dire riguardo l'evoluzione del corso dell'euro. In questi ultimi anni la moneta unica rimane forte, incredibilmente forte. Ma in tutto ciò non vi è alcun mistero, la bilancia commerciale della Germania mantiene l'euro forte. Come si può quindi parlare di crisi?

Nessuna minaccia di crollo sembra interessare la zona euro. Non ve ne sono mai state, in nessun momento. Dobbiamo capire come funziona il meccanismo della zona euro. Nessuno può esserne escluso. Nessuno stato membro può essere cacciato contro la sua volontà, anche nell'ipotesi di una falsificazione dei dati statistici o di un fallimento, anche se i cittadini decidessero di disegnare i baffi di Hitler sul volto di Angela Merkel (è successo in Grecia, eppure il paese non è stato escluso).

Tutti gli stati membri sono liberi di uscire dalla zona euro. Ma finora nessuno lo ha voluto fare. Perché l'uscita dalla zona euro presupporrebbe logicamente l'uscita dall'Ue. E questo significherebbe lasciare la zona di libera circolazione delle persone, dei beni e dei capitali, cioè perdere quei pochi vantaggi reali e indiscussi offerti dall'adesione all'Ue. Ecco perché la stessa Grecia o Cipro non vogliono lasciare la zona euro.

Nessuno può esserne escluso e nessuno vuole lasciarla. Fine della storia. Non bisogna temere nessun crollo. Gli euroscettici si rallegrano invano e gli eurottimisti si spaventano inutilmente. L'euro rimarrà al suo posto per parecchio tempo. Difficile dire per quanto, ma le unioni monetarie del diciannovesimo secolo hanno funzionato per decenni. E di solito sono scomparse con le guerre.

Concorrenza sleale

Ma se l'euro non è in crisi, in compenso molti dei suoi utilizzatori lo sono. In particolare le economie dell'Europa latina avrebbero grande bisogno di una moneta più debole per aumentare la competitività dei loro prodotti e per diventare mete turistiche più attraenti.

Gli stati membri non possono svalutare. Al contrario delle unioni monetarie del passato, l'euro vieta questa possibilità. Gli artefici della moneta unica europea lo hanno voluto così. I leader politici che hanno dato vita all'euro non ritenevano la svalutazione della moneta uno strumento standard di politica economica, ma piuttosto una forma di concorrenza sleale - in altre parole un colpo basso ai danni dei vicini con una moneta forte.

Nella visione dei padri dell'euro la concorrenza tra stati membri avrebbe dovuto esercitarsi attraverso il lavoro, la produttività, la qualità e l'innovazione. Un'idea molto bella, peccato però che non si è pensato a cosa avrebbero fatto i paesi perdenti.

E oggi la maggioranza dei paesi della zona euro sta perdendo la partita. La Germania, abituata ad avere una moneta forte e con delle banche che non hanno creato una bolla creditizia, esce vincitrice da questa sfida. La stessa constatazione vale per l'Austria e per il Lussemburgo, il centro finanziario del continente. La situazione di Malta, altro centro finanziario importante, è soddisfacente. Così come quella della Slovacchia, che però è troppo presto per giudicare poiché il paese è entrato solo da poco tempo nell'euro. L'elenco dei vincitori finisce qui. Anche la Finlandia deve fare i conti con una situazione difficile.

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