A partire dal primo maggio il numero di lavoratori provenienti da otto stati dell’Ue (Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Repubblica Ceca) sarà nuovamente sottoposto a un sistema di quote, scrive la Tribune de Genève. Berna ha infatti deciso di riattivare la “clausola di salvaguardia” prevista nell’accordo tra la Svizzera e l’Unione europea sulla libera circolazione delle persone firmato l’anno scorso. Il Consiglio federale (il governo svizzero ) vuole inoltre ridurre il numero di immigrati dai paesi Ue (1,1 milioni di persone su 7,9 milioni di abitanti), convinto che i 38mila nuovi arrivi annuali pongano problemi di integrazione e di rispetto delle condizioni di lavoro e salario minimo.
“La Svizzera chiude la porta agli europei dell’est”, riassume la Tribune de Genève. Tuttavia il quotidiano precisa che il provvedimento “è poco efficace”, perché “è prima che la libera circolazione aveva bisogno di un controllo per restare accettabile”. Le Matin sottolinea che il provvedimento “non avrà effetti pratici”, mentre secondo Le Temps si tratta di una misura “puramente cosmetica”:
Il Consiglio federale, azionando la clausola di salvaguardia prevista nell’accordo di libera circolazione con l’Unione europea, ha voluto mandare un segnale politico chiaro a un’opinione pubblica sempre più preoccupata dall’aumento dell’immigrazione europea in Svizzera.
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Nella Svizzera tedesca sono soprattutto le conseguenze dell’annuncio sulle relazioni con l’Ue a destare preoccupazione. Tagesanzeiger prevede un indebolimento “della buona volontà verso una Svizzera percepirà sempre più come recalcitrante”, mentre secondo il St-Galler Tagblatt il Consiglio federale è talmente convinto che era necessario dare “questo segnale al popolo” da essere pronto “a far infuriare Bruxelles”.