Il “buon populismo” dell’inaffondabile Mark Rutte riporterà i Paesi Bassi in Europa?

Nonostante Mark Rutte si sia dimesso tre volte in dieci anni il flessibile premier uscente è quasi certo di guidare il prossimo governo. Ma secondo il politologo olandese Cas Mudde i filoeuropei di D66, guidati dalla dinamica Sigrid Kaag, potrebbero costringerlo ad abbandonare il ruolo di “Mister No” dell’Unione europea.

Pubblicato il 21 Marzo 2021
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Esiste un altro paese in cui il governo cade a causa di uno scandalo e poi alla fine lo stesso scandalo non ha alcun ruolo nella campagna e, quindi, nemmeno nelle elezioni due mesi dopo? È il caso dei Paesi Bassi, dove il terzo esecutivo guidato dal liberalconservatore Mark Rutte è caduto per il cosiddetto “scandalo dei sussidi”, un termine improprio, dato che lo scandalo non implicava i sussidi in sé, bensì il modo razzista e irresponsabile con cui le autorità fiscali trattavano i beneficiari dei sussidi per l’infanzia. 

A essere onesti la campagna, se così può essere definita, non aveva nessun tema principale se non, forse, la vaga questione della “leadership”, ossia la personalità dei politici anziché i programmi. E l’elettorato olandese “critico” quanto variegato ha deciso che l’uomo che ha visto cadere due dei suoi tre governi e che ha pasticciato la risposta dello stato alla pandemia di Covid-19, compresa la messa in atto della campagna di vaccinazione, è il meglio che il paese ha da offrire.

Per molti versi le elezioni politiche che si sono tenute dal 15 al 17 marzo sono state un non-evento: nessuna campagna, nessuna scelta chiara e pochi cambiamenti. L’ultima volta, i Laburisti del PvdA erano usciti decimati dalle urne, subendo l’emorragia di seggi più grave di qualsiasi partito olandese dal Dopoguerra (29 seggi): questa volta, invece, stando all’attribuzione provvisoria dei seggi alla Camera bassa, la perdita è stata di soli 6 seggi.

Il Groenlinks (Sinistra Verde) ha pagato il prezzo di una campagna e di un leader mediocri, così come il rifiuto esplicito di agire come partito di opposizione negli ultimi quattro anni, mentre il Forum per la Democrazia (FvD estrema destra ) è resuscitato ottenendo 6 seggi in una campagna anti-lockdown dagli accenti trumpiani: FvD è stato l’unico partito a promuovere una campagna regolare, nonostante le severe (ma debolmente applicate) restrizioni sanitarie.

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Infatti, nonostante il primo ministro Mark Rutte abbia affermato che il suo “populismo buono” abbia sconfitto quello “cattivo” dell’estrema destra nel 2017, quest’ultima ha ottenuto invece il suo miglior risultato nelle elezioni dal Dopoguerra. In totale, la destra radicale ha ottenuto 28 seggi, più della sinistra classica combinata (25 seggi). Tuttavia, in linea con l’estrema frammentazione del sistema partitico olandese (un record di 17 partiti sarà rappresentato nel nuovo parlamento) i voti raccolti dall’estrema destra sono divisi in tre partiti diversi. Il Partito per la Libertà (PVV, islamofobo) di Geert Wilders ha perso leggermente (da 20 a 17 poltrone) ed è sceso dal secondo al terzo posto, mentre il FvD di Thierry Baudet, orami del tutto radicalizzato, è passato da 2 a 8 poltrone.

Il nuovo arrivato JA21 (Risposta giusta 21, più comunemente chiamato YES21) entra in parlamento con 3 poltrone. Come Baudet il suo leader, Joost Eerdmans, un veterano dell’estrema destra, ha approfittato dell’eccessiva attenzione che i mezzi d’informazione gli hanno riservato. Il JA21 è composto principalmente da ex rappresentanti del FvD, che hanno lasciato il partito di Baudet dopo l’ultimo scandalo di antisemitismo del dicembre 2020, e questo spiega perché è il più grande partito di estrema destra al Senato (con 8 seggi), nonostante non abbia partecipato alle elezioni del 2019. Il suo peso al Senato, che ha poteri deboli ma può comunque ritardare o mettere in imbarazzo il governo, spiega in parte perché i partiti e i politici della destra tradizionale si sono subito congratulati con Eerdmans, e i giornalisti hanno iniziato a speculare sulla partecipazione alla coalizione pochi minuti dopo la pubblicazione del primo exit poll. 

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