Esiste un altro paese in cui il governo cade a causa di uno scandalo e poi alla fine lo stesso scandalo non ha alcun ruolo nella campagna e, quindi, nemmeno nelle elezioni due mesi dopo? È il caso dei Paesi Bassi, dove il terzo esecutivo guidato dal liberalconservatore Mark Rutte è caduto per il cosiddetto “scandalo dei sussidi”, un termine improprio, dato che lo scandalo non implicava i sussidi in sé, bensì il modo razzista e irresponsabile con cui le autorità fiscali trattavano i beneficiari dei sussidi per l’infanzia.
A essere onesti la campagna, se così può essere definita, non aveva nessun tema principale se non, forse, la vaga questione della “leadership”, ossia la personalità dei politici anziché i programmi. E l’elettorato olandese “critico” quanto variegato ha deciso che l’uomo che ha visto cadere due dei suoi tre governi e che ha pasticciato la risposta dello stato alla pandemia di Covid-19, compresa la messa in atto della campagna di vaccinazione, è il meglio che il paese ha da offrire.
Per molti versi le elezioni politiche che si sono tenute dal 15 al 17 marzo sono state un non-evento: nessuna campagna, nessuna scelta chiara e pochi cambiamenti. L’ultima volta, i Laburisti del PvdA erano usciti decimati dalle urne, subendo l’emorragia di seggi più grave di qualsiasi partito olandese dal Dopoguerra (29 seggi): questa volta, invece, stando all’attribuzione provvisoria dei seggi alla Camera bassa, la perdita è stata di soli 6 seggi.
Il Groenlinks (Sinistra Verde) ha pagato il prezzo di una campagna e di un leader mediocri, così come il rifiuto esplicito di agire come partito di opposizione negli ultimi quattro anni, mentre il Forum per la Democrazia (FvD estrema destra ) è resuscitato ottenendo 6 seggi in una campagna anti-lockdown dagli accenti trumpiani: FvD è stato l’unico partito a promuovere una campagna regolare, nonostante le severe (ma debolmente applicate) restrizioni sanitarie.
Infatti, nonostante il primo ministro Mark Rutte abbia affermato che il suo “populismo buono” abbia sc…