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Il monumento ai caduti italiani in Africa di Siracusa.

Erigiamo monumenti alle vittime per sanare la ferita del colonialismo

Voluto da Mussolini per onorare l’avventura coloniale fascista in Libia, Etiopia e Somalia, il monumento ai caduti italiani in Africa di Siracusa è emblematico del rapporto non risolto dell’Italia e dell’Europa con il suo passato coloniale, esploso di recente sull’onda delle proteste nate negli Stati Uniti. Una ferita che occorre sanare, anche partendo dai monumenti, sostiene la scrittrice Igiaba Scego.

Pubblicato il 8 Luglio 2020 alle 11:00
Tonio86 | Wikimedia  | Il monumento ai caduti italiani in Africa di Siracusa.
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Siracusa è uno dei luoghi più affascinanti e suggestivi d'Italia. Cicerone, già in epoca romana, la definiva la città più bella della Magna Grecia.  Qui fenici e greci facevano affari, qui si inventava il futuro e fino alla conquista dei romani fu uno snodo importante di quel macromondo che era il  Mediterraneo. La città, come un po' tutta la Sicilia, visse razzie, conquiste, momenti di decadenza inframezzati a momenti di luce. Qui nel tempo sono passati arabi, bizantini, normanni, svevi, aragonesi. E questi passaggi hanno lasciato tracce in un paesaggio che toglie il fiato. 

Quello che spesso non si sa di Siracusa è il suo essere stata anche una città fascista, nel senso in cui il fascismo ne fece uno dei suoi avamposti più celebrati e abusati. Benito Mussolini la chiamò non a caso “la Capitale coloniale”, perché dai lidi siracusani  prese di fatto le mosse la conquista dell'Africa degli anni '30 del secolo scorso. La sua posizione geografica ha permesso al Regime di far partire da qui ogni tipo di rifornimento, dal cibo ai soldati fino agli armamenti. La città poi era collegata  con un servizio marittimo alla Libia colonizzata e anche il servizio postale che giungeva a Mogadiscio come ad Asmara partiva da Siracusa attraversando la Libia. La città siciliana era collegata tramite dei cavi sottomarini a Tripoli e Bengasi. Insomma essere al centro di quella storia coloniale fu un momento che ancora oggi (erroneamente) alcuni considerano di grande orgoglio cittadino, ma va ricordato anche che durò poco, perché nel tempo furono preferite a Siracusa altri avamposti siciliani come Catania. 

Di tutto questo passato fascista, e soprattutto coloniale, è rimasto oggi un complesso monumentale chiamato Monumento ai caduti italiani d'Africa che domina incontrastato piazza dei Cappuccini, sul lungomare della città. I siracusani, ma anche i turisti, vanno lì per il paesaggio, tra i più belli della città, ma sono pochi quelli che guardano quelle statue e si chiedono come mai stiano proprio lì. La storia del complesso monumentale è interessante e rappresenta quasi una parabola europea di come in tutto il continente la storia coloniale è stata oggetto di oblìo o, peggio, demistificazione. Qualcosa che si è vissuto, ma che “meglio non parlarne troppo”. Qualcosa che però pur essendoci una rimozione sia da parte delle istituzioni sia delle singole famiglie italiane/europee (che in quell'Africa hanno avuto nonni, padri, zii), ogni tanto fuoriesce nel verso di una canzone, nella battuta di un film (basta ricordare ne I soliti Ignoti, uno dei film italiani più famosi al mondo, quando Vittorio Gassman nel finto soccorso a Carla Gravina dice ai finti molestatori di lei: “Beh...dove credono di essere in Abissinia? Qua siamo in una nazione civile!”), nella copertina di un rotocalco, in qualche foto di famiglia o appunto in un complesso monumentale come  quello di Siracusa. 

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Rimozione europea

Vale la pena ripercorrere la storia di questo monumento, perché attraverso questi nodi siracusani si può comprendere come mai oggi in tutta Europa, da Bristol a Bruxelles, per molte persone (seguendo la scia del movimento americano Black Lives Matter) quel passato coloniale è oggi da mettere al centro della discussione, perché da quei colonialismi europei nascono le discriminazioni di oggi. E proprio questi nodi coloniali ci mostra il monumento siracusano, un caso di studio, che non solo gli italiani, ma gli europei tutti dovrebbero mettere sotto la lente di ingrandimento, per capire come mai questa rimozione europea sia stata possibile.

La prima cosa da dire sul monumento è che è stata posto nel sito in cui si trova adesso, piazza dei Cappuccini proprio a picco sul mare, non durante il ventennio fascista, ma a dopoguerra inoltrato, in quel 1952 dove  l'Italia era già diventata una Repubblica. Il governo italiano dell'epoca si era ritrovato con questa pesante eredità fatta di marmo di Carrara e pietra bianca da gestire. Va ricordato che il monumento era nato per esigenze e tempi diversi infatti. Romano Romanelli, scultore di una famiglia di illustri artisti fiorentini, lo aveva progettato nel 1938 e il monumento era destinato per la città allora “imperiale” di Addis Abeba. Doveva essere messo al centro della città africana per glorificare quell'impero anacronistico che Benito Mussolini con i suo sgherri Badoglio e Graziani avevano conquistato a colpi di stragi, gas proibiti dalla convenzione di Ginevra, stupri. Ma la seconda guerra mondiale aveva rovinato i sogni di gloria del fascismo e il complesso monumentale fu stivato in magazzino, tanto che alcuni pezzi furono rubati o si deteriorarono con il tempo. 

Una volta finita la guerra però il mistero fu proprio in quell'Italia Repubblicana che decise di erigerlo lo stesso. E Siracusa fu scelta proprio per il suo essere stata legata nel ventennio a quelle colonie che erano state conquistate e brutalizzate. Una scelta bizzarra per un paese che a parole rinnegava il fascismo. Infatti l'Italia di quegli anni, va detto (e in queso è simile a molte realtà europee), non aveva sanato le sue ferite nel profondo. Molti di quelli che erano al potere durante il fascismo erano rimasti ai loro posti di comando, fatto che racconta molto bene il film di Luigi Zampa  Gli Anni Facili, tratto da un racconto di Vitalino Brancati. Zampa fu querelato all'epoca proprio da Rodolfo Graziani, il gerarca che aveva fatto stragi in Libia e in Africa Orientale.E soprattutto proprio negli anni '50, quando il monumento fu eretto a Siracusa, l'Italia era impegnata in Somalia, la sua ex colonia, con l'amministrazione fiduciaria italiana (AFIS). 

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