Idee Modello sociale europeo

Il cammino verso un’Europa sociale continua

Negli ultimi cinque anni abbiamo assistito ad un ritorno verso iniziative politiche che vanno nella direzione di un’Europa sociale, tra cui il salario minimo, il lavoro nelle piattaforme digitali e la due diligence delle aziende. I progressi restano però frammentati. La questione fondamentale? Capire se questo cambiamento del paradigma sociale può essere mantenuto a fronte del rischio di una rinnovata austerità e di continue crisi.

Pubblicato il 3 Giugno 2024 alle 09:57

Il mandato della Commissione europea von der Leyen ha rappresentato una fase eccezionale per l’integrazione europea, perché ha rafforzato, in diversi aspetti, le fondamenta sociali  dell’Ue. L’emblema più rilevante di questo sviluppo è senza dubbio il progresso nell’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali (ESPR, European Pillar of Social Rights), ratificato all’unanimità nel 2017, presupposto di iniziative tanto legislative quanto politiche. 

Questo ha portato alla proposta e all’adozione di importanti progetti legislativi, tra cui la Direttiva europea per il salario minimo adeguato nell’Ue, la Direttiva sulla trasparenza retributiva tra i generi e la Direttiva sul lavoro sulle piattaforme digitali. Sono stati introdotti apprezzabili miglioramenti per la salute sul lavoro  e la sicurezza dei lavoratori, così come la Direttiva sulla due diligence sulla sostenibilità aziendale e il Regolamento sul lavoro forzato. Le aspirazioni sociali dell’Ue si sono manifestate, in certa misura, anche grazie alla gestione di vari eventi imprevisti, quali la pandemia di Covid-19. 

Ciò ha portato non soltanto al lancio del NextGenerationEU (imperniato attorno al Fondo di Ripresa e Resilienza) e al Programma SURE per la tutela dell’occupazione, ma anche al temporaneo allentamento del quadro di bilancio dell’Ue e delle normative sugli aiuti di stato. Allo stesso tempo, mentre perdura la minaccia del cambiamento del clima, il Green Deal europeo ha riconosciuto che è necessario rendere la transizione “giusta e inclusiva per tutti”, anche se il movimento sindacale dei lavoratori sta esercitando pressioni per un’iniziativa legislativa che trasformi in realtà concrete questo impegno. 

Queste ambizioni sociali contrastano in modo considerevole con la risposta alla grande recessione ispirata all’austerità che negli ultimi dieci anni ha danneggiato i cittadini europei. 

Le politiche macroeconomiche europee e priorità che variano di continuo

Ognuno di questi fattori – il Pilastro Sociale, il nuovo criterio di spesa adottato dall’Ue, un temporaneo allentamento del quadro fiscale europeo e l’impegno dell’European Green Deal per una transizione giusta – è stato importante per il rilancio del processo di maggiore integrazione sociale europea. 

Il filo conduttore è il (ri)equilibrio delle priorità, dalla valorizzazione della resilienza sociale, della coesione e della garanzia di una transizione verde giusta (che nei primi anni di questo mandato politico Ue aveva avuto la priorità), all’affrontare sfide quali la sostenibilità del debito pubblico, che negli ultimi anni ha riacquistato la precedenza. A differenza di quanto accadde all’indomani della crisi finanziaria del 2008, lo stimolo fiscale seguito alla crisi del Covid-19 non solo ha fermato temporaneamente l’applicazione delle normative fiscali, ma è stato anche sostenuto da strumenti di politica monetaria, dall’allentamento delle norme dell’Ue per gli aiuti di stato ai prestiti Ue per finanziare un’ambiziosa strategia di ripresa.

L’Ue ha moltiplicato gli sforzi volti a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, con la promessa di “non lasciare indietro nessuno”. 

Tuttavia, poiché la guerra in Ucraina ha provocato uno choc dei prezzi delle materie prime energetiche, un aumento vertiginoso dell’inflazione e una crisi del costo della vita, dal 2022 l’espansione della politica macroeconomica in parte è stata stravolta, nonostante le misure di sostegno energetico messe in atto dagli stati membri. Ancor più grave, le nuove regole concordate di recente per una vigilanza fiscale multilaterale evidenziano tra gli stati membri alcune inversioni di marcia a favore della sostenibilità fiscale, a scapito di un margine di manovra maggiore lasciato ai governi per gestire priorità comuni all’Ue quali il cambiamento del clima e la resilienza sociale. 


L’Europa vive un’emergenza di giustizia sociale. I posti di lavoro di alta qualità, il progresso sociale, il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita, il dialogo sociale e la contrattazione collettiva sono al centro del modello sociale europeo


Sembrerebbe che la revisione delle normative fiscali dell’Ue possa rivelarsi un’occasione mancata ai fini del raggiungimento di un equilibrio più significativo tra obiettivi fiscali, ecologici e sociali, e aumentare il rischio di un ritorno all’austerità. 

Questo è il motivo per cui CES sta chiedendo agli stati membri di ottemperare ai requisiti con una tassazione progressiva. L’Ue dovrebbe anche mettere in atto un meccanismo di investimento permanente per garantire che gli stati membri abbiano ancora la capacità di raggiungere gli obiettivi sociali e verdi. 

La ricerca di una forte ripresa dell’occupazione 

Sullo sfondo delle trasformazione strutturali in corso nel mercato del lavoro – nuove tecnologie, transizione verde, rapido invecchiamento della manodopera – in Europa l’occupazione è ai massimi livelli grazie a un approccio di successo, sorretto da spese essenziali, che ha sostenuto i posti di lavoro e i lavoratori durante la pandemia di Covid-19. Con il passare del tempo, le differenze tra paesi e regioni dell’Ue sono andate sfumando. 

Al tempo stesso, la qualità del lavoro resta un problema: molti lavoratori ancora oggi sono soggetti ad accordi contrattuali preoccupanti, al lavoro precario in cattive condizioni, hanno basse retribuzioni e scarso potere di contrattazione collettiva in molti paesi e in molti settori. Ancor più importante, molti posti di lavoro comportano ancora oggi rischi per la salute dei lavoratori, e aumenta la consapevolezza dell’importanza dei rischi psicosociali legati al lavoro. 

La qualità dei posti di lavoro deve essere monitorata con attenzione e occorre intraprendere azioni concrete per garantire che il mercato del lavoro offra dignitose opportunità di lavoro a tutti. La recente adozione della Direttiva sul lavoro sulle piattaforme digitali – che include importanti richieste dei sindacati dei lavoratori circa la presunzione di occupazione e l’inversione dell’onere della prova – dimostra che l’Ue può essere efficace nel fornire salario minimo, indennità di malattia e altre forme di tutela dell’occupazione per i lavoratori più fragili e per eliminare le prassi illegali. 

Il salario minimo adeguato: un punto di svolta 

Nell’ambito dei salari e della contrattazione collettiva, da un lato le rigide condizioni del mercato del lavoro contrassegnato da bassa disoccupazione e forte e costante carenza di manodopera hanno accresciuto il potere contrattuale dei sindacati dei lavoratori per ottenere salari e condizioni di lavoro migliori. 

Dall’altro lato, la modesta crescita economica e le continue tensioni geopolitiche hanno avuto l’effetto contrario, ovvero rendere più difficile per i sindacati negoziare aumenti salariali per compensare la perdita del potere d’acquisto. L’adozione nell’ottobre 2022 della Direttiva europea per il salario minimo adeguato ha rappresentato un punto di svolta. Si tratta della prima legge dell’Ue in assoluto che si prefigge esplicitamente di fissare una soglia salariale minima adeguata e di rafforzare la contrattazione collettiva. 

E non solo: si tratta anche di una delle espressioni più significative del cambiamento in corso nel dibattito sulla dimensione sociale dell’Ue, dominato in precedenza dal paradigma neoliberale della liberalizzazione del mercato che metteva sotto pressione le relazioni industriali e i sistemi sociali esistenti. 

Il suo impatto positivo sull’evoluzione dei salari minimi è già visibile in molti paesi, ancora prima della sua trasposizione formale in legge nazionale, prevista nel novembre 2024. In ogni caso, l’impatto effettivo della direttiva dipenderà anche dall’efficace ricezione da parte degli stati membri che, in alcuni casi, potrebbe essere fortemente contrastato e richiedere la mobilitazione dei sindacati dei lavoratori. 

Verso un modello eco-sociale 

Negli ultimi cinque anni, i decisori politici  dell’Ue hanno dimostrato maggiori aperture e sensibilità nei confronti della dimensione sociale, e questo a sua volta costituisce un utile presupposto per affrontare gli impatti sociali del cambiamento del clima e la transizione verde. Malgrado tutti i bei discorsi e le buone intenzioni, però, l’attuale mosaico di politiche – il Meccanismo per una transizione giusta, il Fondo sociale per il clima e il riconvertito Dispositivo per la ripresa e la resilienza – è ben lontano dall’approccio olistico e inclusivo che si supponeva dovesse essere il criterio di base delle politiche della transizione giusta. 

L’Ue non dispone (ancora) di uno strumento politico in grado di offrire una copertura collettiva dei rischi legati al clima e di quelli correlati agli eventi meteorologici estremi. 

Inoltre, occorre una Direttiva per una transizione giusta che garantisca l’anticipazione e la gestione del cambiamento basate sul dialogo sociale e sulla contrattazione collettiva, così come azioni a livello di Ue per garantire a tutti i lavoratori il diritto a una formazione senza costi e durante l’orario di lavoro. 

Gran parte della trasformazione deve ancora avvenire: nei prossimi decenni sarà indispensabile intensificare in modo significativo le iniziative volte ad attuare la decarbonizzazione, e l’Ue deve accelerare considerevolmente la trasformazione verde, non soltanto per raggiungere i suoi obiettivi in tema di cambiamento del clima, ma anche per mantenere la competenza dell’Europa in settori determinanti. In ogni caso, continuare ad avere nobili ambizioni amplificherà anche gli effetti sociali di questa trasformazione. Per garantire una transizione giusta saranno necessarie una politica industriale per posti di lavoro di alta qualità con consistenti investimenti pubblici e privati, requisiti di natura sociale, oltre ad azioni a livello legislativo e politico. 

Un bivio nella promozione della contrattazione collettiva 

Oltre a recepire la Direttiva sul salario minimo (mirante a raggiungere l’80 per cento della contrattazione collettiva) e la Direttiva sulla trasparenza retributiva tra i generi, altre iniziative prese dalle istituzioni dell’Ue per promuovere la contrattazione collettiva saranno obiettivi sostanziali nei prossimi anni. Tra l’altro, sarà indispensabile rivedere le regole Ue sugli appalti pubblici così da garantire che il denaro pubblico vada alle organizzazioni che rispettano i diritti dei lavoratori e dei sindacati e che negoziano con sindacati i cui lavoratori sono coperti da contratti collettivi. 


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Tenuto conto degli sviluppi negativi in alcuni paesi, sarà anche di fondamentale importanza difendere e rafforzare i diritti dei sindacati e dei lavoratori, tra cui il diritto universale di organizzazione, l’accesso dei sindacati ai luoghi di lavoro, il diritto alla contrattazione collettiva e il diritto di sciopero. È apprezzabile che la recente Dichiarazione interistituzionale di La Hulpe ha riconosciuto l’importanza di questi diritti fondamentali dei lavoratori e dei sindacati. 

Oltre a ciò, i recenti passi avanti nella politica dell’Ue hanno influenzato l’informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori a livello aziendale in modi differenti e ambigui. 

Se l’Europa vuole dare vita a un’economia e a una società sostenibili, innovative e democratiche nell’ambito di una concorrenza globale e di crisi incrociate, i diritti dei lavoratori dovrebbero essere estesi e rafforzati. 

L’esercizio efficace della democrazia al lavoro, con il coinvolgimento di sindacati e lavoratori nel processo decisionale strategico, contribuisce a tutelare i diritti sul posto di lavoro, la qualità dei posti di lavoro e le condizioni di lavoro, garantendo di conseguenza la sostenibilità delle aziende e rafforzando il fondamento stesso della società democratica. 

A questo proposito, il dibattito in corso sulla revisione della Direttiva sui Comitati aziendali europei è una prima occasione importante da non sprecare, per rafforzare i diritti di informazione e consultazione dei lavoratori. Rafforzare i diritti di informazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori e dei sindacati in tutta Europa dovrebbe continuare a essere una priorità assoluta. 

L’Europa sta vivendo un’emergenza di giustizia sociale. I posti di lavoro di alta qualità, il progresso sociale, il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita, il dialogo sociale e la contrattazione collettiva sono al centro del modello sociale europeo. Il consolidamento di questi pilastri fondamentali e la piena attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali devono essere le priorità del lavoro delle istituzioni dell’Ue nel prossimo mandato, in linea con la Dichiarazione di La Hulpe sul futuro del Pilastro europeo dei diritti sociali. 

Tutti questi temi sono analizzati nel Benchmarking Working Europe 2024: The ongoing quest for Social Europe pubblicato dall’European Trade Union Institute (ETUI). 

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