Analisi Tax the rich

I super ricchi dei paesi europei sono meno tassati degli altri contribuenti

In Europa i super ricchi sono meno tassati degli altri contribuenti e a ricchezza è profondamente mal distribuita: il 50 per cento degli europei meno abbienti detiene in media solo il 4,8 per cento della ricchezza netta dell’eurozona Applicare un’imposta europea sui grandi patrimoni permetterebbe di porre rimedio a questa ingiustizia fiscale.

Pubblicato il 16 Aprile 2024 alle 16:38

Adottare un’imposta europea sui grandi patrimoni e utilizzare quelle entrate per contribuire a finanziare la lotta al cambiamento climatico e alle disuguaglianze: è questo il progetto politico lanciato dall’eurodeputata Aurore Lalucq e dal presidente del partito socialista belga Paul Magnette. 

Un’utopia? La loro idea è partita da un’iniziativa dei cittadini europei (Ice), approvata a luglio 2023 dalla Commissione: per portare a termine il loro progetto, i due politici hanno un anno per raccogliere un milione di firme in almeno sette paesi dell’Unione. Avendo ufficialmente lanciato la loro iniziativa il 9 ottobre 2023, hanno tempo fino al 9 ottobre 2024 per raggiungere l’obiettivo.

Perché impegnarsi in una simile battaglia? Perché diversi studi hanno reso evidente che in Europa i super ricchi pagano meno tasse del resto della popolazione. E in un momento in cui mancano i capitali necessari per la transizione ecologica, ecco una lampante ingiustizia da correggere.

Forti disuguaglianze a livello europeo

Non è facile conoscere con precisione il livello, la distribuzione e la dinamica patrimoniale nei diversi paesi europei, ancora meno se si vuole fare un’analisi comparativa. Per ottenere dei “conti distribuiti”, cioè ripartiti fra diversi tipi di nuclei famigliari in base al reddito e alla ricchezza, bisogna mettere insieme dati provenienti da conti nazionali, studi sui nuclei famigliari, ecc. Per fortuna, la Banca centrale europea (Bce) si è lanciata nell’impresa nel gennaio del 2024: la sua politica monetaria ha un effetto diverso in base al peso delle disuguaglianze, da qui il suo interesse per la questione.

Dalle recenti statistiche proposte dalla Banca centrale, presentate come sperimentali, si possono ricavare diversi insegnamenti importanti. I dati, riferiti al periodo 2009-2023, mostrano che il 50 per cento degli europei meno abbienti detiene in media solo il 4,8 per cento della ricchezza netta dell’eurozona. Al contrario, il 5 per cento più ricco detiene in media il 43,1 per cento della ricchezza complessiva. Uno scarto abissale.

E come spesso accade, la media nasconde situazioni contrastanti. Fortemente contrastanti, possiamo dire. 

Nei Paesi Bassi, infatti, il 5 per cento più ricco della popolazione concentra nelle proprie mani il 31,7 per cento della ricchezza netta, contro una percentuale del 53,5 per cento in Austria; la Francia si posiziona sotto la media europea con una percentuale del 39,8 per cento; Germania e Italia sono fra i paesi con le disuguaglianze più accentuate. Nonostante l’Europa, come istituzione, si sia costituita diversi decenni fa, le economie e le società dei suoi stati membri non avanzano alla stessa velocità.

Quando si studia poi la dinamica delle disuguaglianze nel complesso dell’eurozona, nell’intervallo di tempo preso in esame, salta subito all’occhio che le persone più agiate sembrano avvantaggiarsi molto dei periodi di crisi. Nel 2009, con i mercati finanziari mondiali in forte frenata, il 5 per cento più ricco della popolazione detiene il 41,5 per cento del patrimonio dell’eurozona.

Poi, all’inizio degli anni 2010, la crisi tocca anche l’Europa e mentre i cittadini europei devono fare i conti con le politiche di austerità, i più ricchi vedono la loro quota di ricchezza arrivare al 44,4 per cento all’inizio del 2015. L’allentamento delle politiche monetarie e l’intervento forte della Bce – il famoso “whatever it takes” di Mario Draghi – saranno accompagnati da una riduzione di questa ricchezza, che poi tornerà a crescere nel 2020 e nel 2021, in piena pandemia. 

Non è una novità: si sa che durante i periodi di forte crisi chi occupa i gradini più bassi della scala sociale e vive solo del proprio lavoro e del proprio salario soffre più di chi occupa i quelli più alti di quella stessa scala e riesce a sfruttare le riprese della Borsa, del mercato immobiliare e dei redditi da capitale. In Europa è stato evidente negli ultimi quindici anni.

Più tasse? 

Le grandi disuguaglianze patrimoniali non sarebbero un grosso problema se i più ricchi pagassero una giusta quota di tasse. Ma succede sempre meno. A livello generale, la dinamica fiscale europea ormai da molti anni è chiara: quasi tutti i paesi hanno cancellato l’imposta sui patrimoni. Una trentina di anni fa, oltre dieci paesi europei, dalla Germania alla Francia, passando per la Spagna, la Danimarca e la Svezia, tassavano i patrimoni dei più ricchi. Queste imposte non erano perfette: la loro base imponibile era ridotta da numerose esenzioni (abitazione di residenza, beni professionali, ecc.), il che ne limitava il rendimento, ma almeno esistevano. La logica liberale le ha spazzate via.

Allo stesso modo, come evidenzia l’ultimo rapporto della Commissione europea sulle tendenze della fiscalità, le aliquote fiscali marginali sui redditi più alti sono state abbassate. Lo stesso vale per le aliquote applicate alla tassazione sugli utili, primo tassello dell’imposta che grava sui cittadini più ricchi, dato che i profitti non tassati servono come base per la distribuzione dei dividendi concentrati nelle mani delle persone benestanti.

Quante tasse pagano davvero i super ricchi?

Per dirla in breve, anche se l’una non basta a spiegare l’altra, la maggiore concentrazione di ricchezze nelle mani dei cittadini più agiati va di pari passo con la riduzione dell’imposizione fiscale sui patrimoni. Senza dimenticare che chi detiene i patrimoni più ingenti spesso ricorre all’uso di paradisi fiscali e strategie di ottimizzazione fiscale aggressiva. Qual è il risultato di tutto questo? Ossia: quante tasse pagano davvero i super ricchi? La risposta a questa domanda è lungi dall’essere chiara. Infatti, fino a pochi anni fa era addirittura impossibile rispondere. Ma gli studi cominciano ad allargarsi e permettono – per quelli già disponibili – di arrivare alla stessa conclusione: in Europa i super ricchi sono meno tassati degli altri contribuenti dei loro paesi.

La possibilità di valutare il tasso di imposizione fiscale dei più ricchi esige la conoscenza esatta del loro livello di reddito e patrimonio, un dato che non è disponibile nelle statistiche ufficiali. Per esempio, una parte delle loro entrate proviene dai dividendi azionari. Ma queste azioni possono essere detenute attraverso società di comodo o holding, in mano a persone abbienti, che non distribuiscono dividendi: sono redditi da capitale non tassati che però rimpinguano il patrimonio dei più ricchi. È solo un esempio di quanto sia difficile stimare con cura reddito, patrimonio e tasso di imposizione fiscale dei più ricchi. Alcuni economisti hanno approfondito il tema aggregando dati anonimi sulla tassazione dei redditi, studi, conti nazionali, ecc. Un grosso lavoro, ancora raro, ma che comincia a prendere piede. 


Durante i periodi di forte crisi chi occupa i gradini più bassi della scala sociale e vive solo del proprio lavoro e del proprio salario soffre più di chi occupa i quelli più alti e riesce a sfruttare le riprese della Borsa, del mercato immobiliare e dei redditi da capitale


In Francia, per esempio, uno studio dell’Istituto di politiche pubbliche pubblicato nel 2023 mostra che l’aliquota fiscale sui redditi passa progressivamente dal 46 per cento, per lo 0,1 per cento dei più ricchi, al 26 per lo 0,0002 per cento, ovvero i 75 nuclei famigliari in cima alla distribuzione, per i quali la ricchezza si conta in miliardi. Perché? Perché il patrimonio di questi super ricchi è costituito in gran parte da dividendi non distribuiti, sottoposti alla tassa sulle società, che diminuisce da diversi anni (un risultato ricavato dai dati del 2016, momento in cui questa tassa era più alta di oggi).

Stesso risultato in Italia: un’analisi uscita all’inizio del 2024 mostra che il sistema fiscale è leggermente progressivo, ma si inverte a partire dal 5 per cento più ricco della popolazione, con l’aliquota fiscale che si attesta intorno al 36 per cento contro un’aliquota che oscilla fra il 40 e il 50 per i redditi più bassi. Gli autori dello studio allargano l’analisi alla tassazione della ricchezza netta e confermano il risultato: più è grande il patrimonio, meno è tassato; e infatti il 25 per cento dei più poveri sostiene il peso di un tasso di imposizione fiscale del 52 per cento, contro il 36 per cento dello 0,1 per cento dei più ricchi.

Un lavoro simile, che mescola dati macro e microeconomici, è giunto alle stesse conclusioni nei Paesi Bassi: il tasso di imposizione fiscale medio per il 99 per cento della popolazione si situa fra il 40 e il 50 per cento, poi comincia a diminuire a partire dall’1 per cneto più ricco della popolazione per finire al 21 per cento per lo 0,01 per cento dei super ricchi. E ritroviamo gli stessi risultati anche nel Regno Unito.

Una giustizia fiscale da rivedere

Si può sperare che altri ricercatori si dedichino al tema negli altri paesi europei, ma gli elementi disponibili convergono verso lo stesso risultato. Oggi, in Europa, i super ricchi concentrano nelle proprie mani ricchezze enormi e sono meno tassati degli altri contribuenti. La spiegazione principale risiede in una sotto-tassazione dei redditi da capitale rispetto a quelli da lavoro. Un recente studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) mostra che la differenza di tassazione fra i due tipi di reddito è importante, nell’ordine dei 12 punti percentuale in media nei paesi Ocse a favore dei redditi da capitale. 

Un’imposta europea sul patrimonio applicata all’1 per cento o allo 0,1 per cento più ricco della popolazione permetterebbe invece di porre rimedio a un’ingiustizia fiscale che vede i più ricchi meno tassati, per il fatto che i loro redditi provengono da rendite finanziarie tassate meno del lavoro. È tempo di cambiare le cose. Tax the rich!

👉 L’articolo originale su Alternatives Economiques
In collaborazione con European Data Journalism Network

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