Reportage Diritti LGBTQIA+

Guerra o meno, in Ucraina i diritti LGBTQIA+ sono una battaglia ancora aperta

L’omosessualità in Ucraina non è più considerata reato dal 1991, data dell’Indipendenza ma la situazione non tutt’altro che semplice. La spinta nazionalista seguita a Euromaidan ha contribuito a complicare la situazione delle persone LGBTQIA+ e l’invasione della Russia ha fatto riemergere la retorica della famiglia tradizionale e della nazione.

Pubblicato il 27 Ottobre 2022 alle 17:08
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Prima dell’invasione russa, Sophia e Sasha vivevano a Odessa: Sophia studiava psicologia, Sasha lavorava saltuariamente nei fast food. Sono arrivati al rifugio per persone LGBTQIA+ di Černivci ai primi di marzo, la mamma di Sophia e la sorella di undici anni li hanno raggiunti poco dopo. “Non è stato sempre facile vivere insieme”, ammette Sophia.

“Mamma ha dei pregiudizi. Le ho spiegato che questo è un rifugio per persone LGBTQIA+ e che non potevo offrirle altro. Quando è arrivata da Kramatorsk, le ci è voluto parecchio per adattarsi, non parlava con nessuno. C’erano molte persone diverse: gay, lesbiche, trans. Mamma era un po’ sotto shock, sfogava su di me la sua frustrazione”.

“Le persone LGBTQIA+ continuano a essere viste come devianti, come una minaccia alla famiglia ‘tradizionale’, pensata come base della nazione. Lo stesso ritornello che si sente in Russia”, dice Olena Shevchenko, direttrice di Insight, Ong che gestisce, fra gli altri, il rifugio di Černivci.

L’Ucraina ha abrogato la legge che criminalizzava l’omosessualità dopo l’indipendenza del 1991, ma la comunità LGBTQIA+ non ne ha guadagnato in tolleranza: ancora oggi si verificano casi di molestie, stigmatizzazione e violenza contro le minoranze sessuali. Due anni fa, la Ong Nash Svit ha registrato 131 casi di discriminazione e violenza contro persone LGBTQIA+. Erano stati 50 fra il 2012 e il 2013.

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Protezione della polizia

Gli organizzatori del primo Pride ucraino, nel 2012, si sono visti costretti a cancellare l’evento perché temevano per la propria incolumità. Un anno dopo, nel 2013, 50 persone hanno sfilato per le vie di Kiev scortate da 1.500 poliziotti. Pur non essendosi verificati episodi di violenza, i partecipanti hanno dovuto cambiare più volte mezzo di trasporto per evitare scontri con chi protestava per l’evento.  

All’inizio del 2014 si è svolta una manifestazione LGBTQIA+ e nel febbraio dello stesso anno si sono viste sventolare bandiere arcobaleno durante le proteste di Euromaidan.

Dopo la Rivoluzione della Dignità (come viene talvolta chiamata Euromaidan), la questione dei diritti delle persone LGBTQIA+, condizione imprescindibile per l’ingresso nell’Ue, è finalmente apparsa sul tavolo del governo ucraino. Nel 2015 il parlamento ha introdotto il primo cambiamento legislativo riguardante le persone LGBTQIA+ nella storia dell’Ucraina indipendente: un emendamento del Codice del Lavoro ha riconosciuto pari diritti a tutti i lavoratori e le lavoratrici, a prescindere dal loro orientamento e dalla loro identità sessuale. 

Ma questi cambiamenti sono rimasti sulla carta. La realtà è molto meno rosea: con la spinta nazionalista post-Euromaidan, l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti delle persone LGBTQIA+ è peggiorato. I gruppi politici di destra, contando sull’appoggio di un segmento importante della popolazione conquistato grazie al ruolo attivo svolto nel corso della rivoluzione, hanno cominciato a promuovere un’idea di nazione basata su valori tradizionali e conservatori.

Kyiv Pride 2018. | Foto : Arrideo Photography/Flickr

Da lì si è cominciato a dipingere le persone LGBTQIA+ come una minaccia all’identità ucraina. La guerra nel Donbass e l’annessione della Crimea non hanno fatto che aggravare la tendenza, mentre i gruppi nazionalisti hanno fomentato l’odio verso i rappresentanti delle minoranze, intese come chiunque sia “al di fuori della norma”. 

La militarizzazione della società, conseguenza dell'invasione

Con la guerra è sopraggiunta la militarizzazione dell’intera società, che ha portato al rafforzamento dell’immagine dei ruoli di genere tradizionali. “Dagli uomini ci si aspetta che prendano le armi per difendere la patria, mentre dalle donne che lascino il paese e cerchino rifugio altrove con i bambini. In una società così sotto pressione, chi devia dalla norma può aspettarsi di essere escluso o discriminato”, spiega Maryna Shevtsova, che ricercatrice nel campo dei diritti delle persone LGBTQIA+.

La guerra rafforza l’odio. Olena Shevchenko l’ha provato sulla propria pelle: ad aprile è stata aggredita per strada a Lviv con uno spray al peperoncino mentre scaricava pacchi di aiuti umanitari. "Gli aggressori sono diventati più violenti. Sanno che resteranno impuniti, perché tutti sono partiti per andare  a combattere", dice.

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