Un volontario alla Caritas di Setubal (Portogallo).

Il miserabile egoismo dei paesi ricchi

Sei paesi rifiutano di allocare i fondi della Politica agricola comune agli aiuti alimentari per i più indigenti. Il budget di un programma che aiuta 18 milioni di europei rischia di passare da 480 a 113,5 milioni di euro.

Pubblicato il 21 Settembre 2011
Un volontario alla Caritas di Setubal (Portogallo).

La posizione che hanno assunto è avvilente, incomprensibile, inammissibile. Sei stati membri dell’Unione (Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Danimarca, Svezia), per lo più ricchi ed euroscettici, continuano a bloccare, a colpi di sottigliezze giuridiche e di argomenti menzogneri, la concessione di circa 480 milioni di euro di aiuti alimentari destinati agli europei più indigenti. (La decisione finale è stata rimandata al prossimo summit dei ministri europei a fine ottobre).

Come accettare che in piena crisi dell’euro, mentre il processo di impoverimento si estende in tutto il Vecchio Continente, ci siano dei paesi decisi a boicottare una politica che ha dato prova della sua efficacia per un quarto di secolo?

Il programma europeo di aiuti alimentari distribuisce ogni anno 440mila tonnellate di viveri in venti stati – Polonia, Italia e Francia in testa – ed è in un certo senso l’occasione per ricordare che, contrariamente a quanto si pensa di solito, l’Europa è capace anche di preoccuparsi del benessere dei suoi cittadini.

Ma chi ha voglia, oggi, di sentirsi europeo in un’Unione in cui Angela Merkel, David Cameron e altri mettono si ingegnano per imporre nuovi sacrifici a milioni di persone affamate? E questo perché la base legale, rettificabile senza grandi difficoltà, è inadeguata e ognuno dovrebbe cavarsela da solo con i propri poveri?

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Il messaggio è disastroso per l’immagine dell’Unione europea e per la credibilità dei bei discorsi dei suoi dirigenti. La solidarietà, principio di fondo dell’edificio europeo, deve restare una premessa granitica di fronte al tentativo degli stati di agire da sé. Perché l’Europa di quei sei paesi non fa sognare nessuno. (traduzione di Anna Bissanti)

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