Il Parlamento incoronato

Pubblicato il 27 Novembre 2009 alle 11:53

Il trattato di Lisbona, che entrerà in vigore il 1 dicembre, ha fatto la gioia di almeno 736 persone: i membri del Parlamento europeo, i cui poteri saranno aumentati. In tema di giustizia, affari interni, bilancio e politica agricola saranno influenti come non mai. Anche se non si è ancora capito come ciò cambierà il funzionamento dell'Unione.

"Ho paura che prima o poi ci diremo: 'Mio dio, che abbiamo fatto?'", ha dichiarato recentemente il politologo Hugo Brady su euobserver.com. Perché il trattato sembra essere fatto per rimettere gli stati al centro del sistema: la fine delle ambizioni federaliste, un presidente della Commissione (José Manuel Barroso), un presidente del Consiglio (Herman Van Rompuy) e un'Alta rappresentante per la politica estera (Catherine Ashton) scelti apposta per non pestare i piedi ai leader dei principali paesi membri. Tutto, tranne il rafforzamento dei poteri del Parlamento.

Dare più peso ai soli ad essere entrati nella macchina comunitaria grazie a un'elezione è evidentemente una buona cosa. Ma in assenza di una vera rappresentanza europea – con partiti, programmi e campagne elettorali che oltrepassino le dimensioni locali – questa nuova potenza parlamentare rischia di non essere esercitata che con trame politiche.

Un primo esempio potrebbe essere la disamina dei commissari europei. Si sa che le nomine di Van Rompuy e Ashton sono soprattutto il risultato dei negoziati tra la destra e la sinistra europee. Gli eurodeputati stanno già affilando le armi per eliminare l'uno o l'altro dei candidati alle poltrone. Come riferisce Gazeta Wyborcza, il ceco Štefan Füle e l'ungherese László Andor sono sulla graticola per il loro passato nel comunismo. Ora che li attendono questioni concrete, sarebbe deprecabile se gli eletti mettessero le beghe nazionali e la loro voglia di pubblicità prima dell'interesse comune. E.M.

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