Attualità Una città in Europa
Przemyśl, Polonia.

La doppia vita di Przemyśl

Questa piccola città polacca è la porta orientale dell’Unione europea e uno snodo importante per i commerci transfrontalieri tra Polonia e Ucraina. Qui i legami tra le due comunità sono ancora molto stretti, mentre i traffici e il contrabbando prosperano sotto lo sguardo tollerante dei doganieri.

Pubblicato il 28 Giugno 2011 alle 14:47
Maciej Zygmunt  | Przemyśl, Polonia.

Di mattina presto gli avventori sono assai rari nei viottoli fangosi del “bazar ucraino” di Przemsyl, città di 65mila abitanti attraversata dal fiume San, nella regione polacca dei Precarpazi, a 15 chilometri di distanza dalla frontiera con l’Ucraina. Un venditore dagli zigomi rubizzi e dalla zazzera bionda sistema il suo banchetto, allineando alcuni sacchetti di cioccolatini ripieni, torce elettriche, lamette per il rasoio e boccette di grasso d’oca. “È un ottimo rimedio contro l’ulcera, arriva direttamente dalle farmacie di Kiev”, annuncia l’ambulante, mentre afferra con la mano callosa una delle bottigliette per mostrarne l’etichetta in cirillico.

Questi semplici oggetti, alcune sigarette e una mitica “vodka degli addii” – così forte da poter essere fatale a chi ne beva – sono gli unici prodotti ucraini del bazar. Ben piazzato davanti ai banchi che espongono biancheria intima prodotta in Turchia e in Cina, un ambulante si sfoga: “Di ucraini ormai non se ne vedono più. I commercianti rimasti sono tutti polacchi”.

Nel 1991, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, Przemsyl con la sua foresta di campanili, si è aperta alla vicina Ucraina. Zucchero, benzina, tegole, alcolici… Sfruttando la differenza di prezzo tra i due paesi, alcuni “passatori” hanno iniziato a fare la spola ogni giorno per vendere la loro merce da una parte all’altra della frontiera senza grattacapi burocratici, un modo come un altro per sbarcare il lunario in questa parte di Polonia rurale e poco industrializzata.

Alla frontiera di Medyka

L’equilibrio si è spezzato nel 2004. Con l’ingresso del paese nell’Ue, Przemsyl si è trovata di colpo a essere un territorio rigidamente controllato. Cittadella austro-ungherese assediata dai soldati russi durante la prima guerra mondiale, occupata dall’esercito sovietico e da quello tedesco durante la seconda, la città è ormai l’ultimo baluardo dell’edificio europeo.

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Nel commercio transfrontaliero sono state imposte delle quote: è proibito, per esempio, entrare in Polonia con più di due stecche di sigarette e un litro di vodka. Per passare la frontiera, agli ucraini oggi serve il visto: gratuito in un primo tempo, nel 2007 – quando Varsavia è entrata nell’area Schengen – è più difficile da ottenere e a pagamento. Ormai questa è zona cuscinetto, per la Polonia e per l’Europa intera.

Per gli emigranti polacchi, invece, nulla è cambiato: per entrare in Ucraina è sufficiente il passaporto. Ricoprire il ruolo di sentinella di Schengen richiede un certo tatto da parte della Polonia, che non vuole compromettere i rapporti fraterni con i vicini ucraini. Le storie dei due paesi sono profondamente interconnesse: in Ucraina vive una consistente minoranza polacca e viceversa. Varsavia, quindi, deve mantenere i legami con l’Ucraina, pur onorando le proprie responsabilità europee e vigilando sulla frontiera orientale di Schengen.

Questo complesso ruolo si gioca tutto al posto di frontiera di Medyka, a 15 chilometri da Przemysl: in fila indiana una cinquantina di vetture attende di varcare un portale nero eretto tra i campi di granoturco. Al volante di un furgoncino arancione, Bogdan, ucraino di 49 anni, sospira e dice: “A volte occorrono anche tre ore per passare dall’altra parte!”. È ingegnere, e in epoca sovietica ha lavorato in una fabbrica di aerei a reazione. Ma oggi fa la spola con la Polonia ogni dieci giorni.

Il consumismo a portata di mano

Dopo una’intera giornata trascorsa a Przemsyl, torna a casa con il bagagliaio pieno di materiali per l’edilizia, che rivende in Ucraina. “Da noi non si trova niente di simile. E oltretutto qui i prezzi sono molto più bassi. Ho un margine di guadagno del 20 per cento. Fare questi traffici mi conviene. In Ucraina si lavora per 80 euro al mese”, spiega. In teoria, per i privati le importazioni sarebbero limitate, ma i doganieri ucraini, ai quali spetta il compito di controllare le merci in uscita dalla Polonia, hanno la reputazione di non essere troppo scrupolosi.

Medyka è il più frequentato dei tre posti di frontiera della provincia, con oltre mille attraversamenti al giorno. Dall’affluenza si potrebbe dedurre che nulla è cambiato dal 2004, ma a ben guardare oggi nell’80 per cento dei casi sono gli ucraini a varcare le frontiere per venire a far scorta di merci nel regno del consumismo a pochi passi da casa. Un tempo deserti, i paraggi del posto di frontiera di Medyka si sono riempiti di una sfilza di supermercati nei quali si vende un po’ di tutto: generi alimentari, elettrodomestici, attrezzi per il fai-da-te, vestiario…

Nel 2009 la Polonia ha elaborato un efficiente sistema di permessi, che consente ai frontalieri ucraini di spostarsi senza visto in un perimetro di 30 chilometri al di là della frontiera. Per la maggior parte degli abitanti di Przemysl, Schengen non è sinonimo di emigrazione. Da queste parti c’è ancora poca attenzione per la crescita: nei Precarpazi la disoccupazione è al 15,9 per cento, contro una media nazionale del 9,3 per cento.

Stefania, un’anziana signora azzimata seduta dietro un banco del mercato in piazza Giovanni Paolo II, rimpiange ancora i bei tempi andati: “Facevo contrabbando”, racconta. “Era illegale, ma almeno ci si campava. Ormai non possiedo più nulla. L’apertura delle frontiere non è durata abbastanza perché potessimo arricchirci…”. (Anna Bissanti)

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