Una pattuglia olandese nella valle di Chora, in Afghanistan. AFP

La guerra torna a casa

Il 20 febbraio il governo di coalizione olandese è caduto per le divergenze sulla missione in Afghanistan. L’onda d’urto potrebbe interessare anche gli altri paesi europei che partecipano all'Isaf, avverte la stampa.

Pubblicato il 22 Febbraio 2010 alle 17:56
Una pattuglia olandese nella valle di Chora, in Afghanistan. AFP

La guerra in Afghanistan ha fatto una nuova vittima: il governo di colazione olandese guidato da Jan Peter Balkenende. Nella notte tra il 19 e il 20 febbraio i laburisti del Pvda (Partito dei lavoratori) ha tenuto fede alla promessa elettorale di ritirare dall’Afghanistan entro il 2010 il proprio contingente di 1.940 uomini. Ma i democristiani di Cda e Cu hanno ritenuto invece che i Paesi Bassi debbano esaudire le richieste della Nato, lasciando tra 500 e 600 uomini sul terreno per addestrare i poliziotti afgani. A metà maggio dovrebbero svolgersi le elezioni legislative anticipate. Su Trouw, il politologo Rob de Wijk scrive che un ritiro delle truppe olandesi “contribuirà a compromettere la strategia di Obama e l’avvenire degli afgani”. I Paesi Bassi rischiano di pagare questo “dilettantismo” e di essere “estromessi dalla scena internazionale”. Le promesse elettorali del PvdA non aiutano certo gli alleati dell'Isaf: “È di solidarietà che hanno bisogno”.

Ingiustizia tra gli alleati

“È la prima volta che un governo cade per la questione afgana”, osserva Le Soir. “Per quanto l’Afghanistan sia lontano, quando i giovani vanno in guerra la politica estera irrompe nelle case come in parlamento. Bisognerà attendere il responso delle urne per sapere in che misura gli elettori daranno ragione ai democristiani, favorevoli a un prolungamento della missione olandese nella provincia di Oruzgan, o ai laburisti, che vogliono un rapido disimpegno. Solo a quel punto potremo sapere con certezza quanto pesi ancora la causa afgana in questo paese, desideroso di mantenere solidi legami transatlantici”. Dopo più di otto anni di impegno militare era inevitabile attendersi questo tipo di crisi, afferma Der Standard, secondo cui “la mancanza di solidarietà tra gli alleati della Nato e la ripartizione iniqua delle spese si pagano care in Europa, dove alcuni paesi come l’Austria non versano niente e altri pagano tanto”. Per lunghi anni gli olandesi hanno rischiato la loro vita nella provincia di Oruzgan, teatro di violenti scontri. Molti hanno perso la vita mentre altri pattugliavano aree meno pericolose del paese, studiavano carte geografiche nel quartier generale di Kabul o si giravano le mani a casa propria, in Europa, manifestando “i loro dubbi sulla guerra”. “Nessuna alleanza può sopportare a lungo una situazione del genere. Nessun governo può giustificare davanti ai propri elettori una simile ingiustizia”.

La Tageszeitung celebra il “no” dei socialdemocratici olandesi e auspica che il loro esempio serva ai deputati tedeschi, che questa settimana devono votare sulla missione in Afghanistan. In Germania, scrive il quotidiano berlinese, far cadere un governo per la guerra sarebbe “impensabile”. Negli anni ottanta, quando il consenso sulla dottrina della dissuasione nucleare iniziava a sgretolarsi, si parlò di “sindrome olandese”, ricorda la Taz. All’epoca infatti i tedeschi impararono dai loro vicini a mettere in dubbio un dogma immutabile. "La polemica sull’Afghanistan è tutt’altro che tabù, ma ciò nonostante l’esempio olandese dovrebbe ricordarci che il disaccordo sulle decisioni militari è una normale faccenda democratica”. Il Times trova “disdicevole che mentre i soldati della Nato sono impegnati a raggiungere obiettivi condivisibili, la volontà politica che li sostiene cominci a barcollare”. Il quotidiano britannico teme “un effetto domino” negli altri paesi europei, “dove l’opinione pubblica si ribella contro la campagna in Afghanistan”.

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C'è anche il fronte interno

Intanto gli olandesi stanno già affrontando un altro dibattito. Le elezioni municipali si svolgeranno il 3 marzo e la caduta del governo potrebbe costituire una fortuna insperata per il partito populista di destra Pvv, guidato da Geert Wilders. Trouw, tradizionalmente vicino al Cda, accusa i due partiti più importanti di aver “srotolato il tappeto rosso ai populisti”. “Si direbbe che il Pvda, temendo i sondaggi, si sia lasciato influenzare dai populisti di sinistra e di destra, che non vogliono spendere neppure un centesimo per la lotta all’estremismo nel mondo. Su Volkskrant, Nazmiye Oral elogia la fermezza del leader laburista Wouter Bos: “Tanto di cappello! Finalmente fatti, e non parole”. Oral auspica che Bos elabori una “strategia intelligente contro il Pvv”, invece di cercare di “emarginare” un partito che fa ormai parte del panorama politico olandese. Un'opinione contestata da Trouw, secondo cui “i leader di Cda e del Pvda dimostrano di non essere abbastanza consapevoli” delle possibili conseguenze delle loro azioni. (ab)

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