Dublino, marzo 2013

La ripresa non va in campagna

L’economia del paese migliora e a fine anno Dublino tornerà a finanziarsi sui mercati. Ma fuori dalle città la crescita è ancora lontana e i lavoratori non qualificati continuano a emigrare in massa.

Pubblicato il 10 Ottobre 2013 alle 12:54
Dublino, marzo 2013

In una serata fredda e piovigginosa la squadra di calcio del Milford Gaelic si ritrova per l’allenamento. L’umore dovrebbe essere dei migliori dopo la coppa vinta in un torneo locale. Invece è cupo, perché due calciatori della squadra stanno per trasferirsi in Canada. “Il motivo per cui emigro è il lavoro”, dice il 28enne Anthony McPaul, muratore. “Ho cercato un posto qui, ma riesco a trovare soltanto incarichi a giornata e di tanto in tanto”.

McPaul sarà il 41esimo membro della squadra ad aver lasciato Milford da quando nel 2008 la crisi ha colpito l’Irlanda. Molti sono emigrati in Australia o in Canada, altri a Dublino, che finalmente sta dando qualche segnale di ripresa economica proprio mentre il paese si appresta a dicembre a uscire dal suo piano di aiuti internazionale.

Gli ultimi dati dimostrano che l’Irlanda è uscita dalla recessione nel secondo trimestre di quest’anno, che la disoccupazione è in calo e i prezzi degli immobili stano iniziando a risalire dopo aver perso metà del valore negli ultimi cinque anni. Ma l’economia è fragile e ci sono segnali di una ripresa a due velocità, con città come Dublino, Cork e Galway che migliorano e aree rurali ancora stagnanti.

L’anno scorso il prezzo delle case di Dublino è aumentato del 10 per cento e l’agenzia immobiliare Cbre prevede che i prezzi delle proprietà immobiliari potrebbero salire fino al 20 per cento entro la fine dell’anno. Ma fuori da Dublino i prezzi degli immobili sono ancora in caduta libera e decine di migliaia di case sono vuote. A Dublino il tasso di disoccupazione è del 12 per cento, mentre nel sudest dell’Irlanda è al 18 per cento. L’ultima analisi a livello locale, svolta a metà del 2011, ha dimostrato che nel Donegal, una contea rurale del nordovest, è senza lavoro una persona su quattro.

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Una semplice passeggiata lungo la via principale di Milford, fiancheggiata da negozi sprangati da assi di legno con le insegne in rovina, e un albergo con le finestre rotte e la vernice scrostata, illustra molto bene come la ripresa non abbia ancora raggiunto questa zona. “La città si sta spegnendo. Due banche hanno chiuso, lacerando il cuore commerciale stesso della città” dice John McAteer, direttore del giornale locale Tirconaill Tribune. “Milford è solo un microcosmo di una realtà che colpisce tutta l’Irlanda rurale. L’unica cosa che esportiamo dal Donegal sono i nostri giovani”, dice.

L’emigrazione è un fenomeno costante da generazioni nella storia dell’isola, ma il boom edilizio durante il decollo economico della Tigre Celtica aveva garantito per qualche tempo posti di lavoro ben remunerati e ciò ha consentito ai giovani di vivere nelle aree rurali dove erano cresciuti. Il crollo del settore immobiliare ha cambiato tutto. I posti di lavoro nell’edilizia sono spariti, il governo ha congelato le assunzioni nei settore pubblico e il settore dei servizi ha subito un grosso ridimensionamento.

Ogni sei minuti dall’Irlanda emigra una persona: si tratta del ritmo più alto raggiunto dall’inizio degli anni ottanta, che sta spopolando le zone rurali in particolare nella fascia di età dei lavoratori attivi, quella dai 18 ai 65 anni. “Il tessuto sociale della vita comunitaria è in pericolo”, dice Pat Curley, presidente della squadra di calcio del Milford Gaelic, secondo cui i club locali fanno fatica a mettere in campo le squadre. “Il governo deve fare qualcosa”, dice.

Consapevole della debolezza dell’economia interna, Dublino sta prendendo in considerazione l’idea di alleggerire le misure di austerity da 3,1 miliardi di euro previste nel bilancio del mese prossimo. Ma dovrà far fronte all’opposizione dei creditori internazionali, preoccupati che il mancato rispetto degli impegni presi potrebbe nuocere alla fiducia degli investitori.

Questa tesi incontra pochi favori nelle regioni dove i posti di lavoro sono scarsi. La settimana scorsa [[per 15 posti da commesso nei grandi magazzini Shaws di Longford si sono presentati mille candidati]]. A Fossa, una piccola città della contea di Kerry, per 15 posti di apprendista presso un produttore di gru si sono presentate 435 persone.

Silicon docks

La situazione è migliore a Dublino e a Cork, dove le agenzie di investimento stanno attirando livelli senza precedenti di progetti, in particolare nel settore delle tecnologie. Tre quarti dei 144 nuovi investimenti multinazionali dell’anno scorso hanno interessato le due città irlandesi più importanti. A Donegal uno soltanto. “Abbiamo scelto di installarci a Dublino prima di tutto per i talenti che vi si trovano ecperché sapevamo di poter trovare validi ingegneri”, dice Fidelma Healy, capo operativo di Gilt Ireland. “Qui si respira un’atmosfera molto giovanile. E inoltre c’è un gruppo di altre aziende come Google, Twitter, LinkedIn, eBay”.

I bacini portuali di Dublino, in precedenza in rovina, sono stati trasformati dall’arrivo di aziende di internet. Edifici dalle facciate di vetro scintillante si contendono ora lo spazio con alberghi di tendenza e affollati bar e caffè sempre pieni, noti come “Silicon Docks”. Giovani professionisti, alcuni dei quali fatti venire dall’estero e da oltre oceano, guadagnano alti stipendi e danno impulso all’economia locale. “Le città sono i motori della crescita dell’occupazione e stanno andando molto meglio rispetto alle aree rurali, dove non c’è quel genere di lavoratori che definirei punti di riferimento di un certo livello”, dice Anne Heraty, capo esecutivo responsabile della società di assunzioni Cpl Resources.

Reti stradali e ferroviarie inadeguate e la mancanza della banda larga rendono contee come Donegal meno allettanti per gli investitori stranieri rispetto alle città. Il grande divario che si nota nei negozi, negli alberghi e nelle proprietà residenziali tra aree regionali e rurali agisce da freno per gli investimenti e le costruzioni.

Letterkenny, che negli anni del boom irlandese è stata la città con la più rapida crescita, è piena di edifici fantasma e centri commerciali mezzi vuoti. I commercianti hanno subito un duro calo dell’attività dalla crisi del 2008 e non intravedono ancora la luce. “Una piccola ripresa economica si sta registrando a Dublino e si dice che potrebbe interessare il paese intero. Noi siamo ottimisti, ma per il momento non è accaduto niente del genere”, dice Alfie Greene, fondatore di Greenes Shoes. Come molti altri commercianti di Letterkenny, Greene vuole che il governo alleggerisca le misure di austerità. “Se ci fosse un piccolo stimolo nel bilancio del prossimo mese potrebbe aiutarci a tirare avanti”.

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