Un bus a Bucarest. (Afp)

Le promesse non scaldano

In piena crisi economica, senza governo da metà ottobre, a  volte addirittura senza elettricità, i romeni attraversano una fase difficile. Mentre i politici litigano, la Romania si allontana sempre di più dagli altri paesi europei, denuncia il quotidiano Adevarul.

Pubblicato il 22 Ottobre 2009 alle 15:27
Un bus a Bucarest. (Afp)

Accendo la tv: disastro! Le immagini mostrano le scuole della città di Brasov (in Transilvania): i bambini, coperti fino alle orecchie, battono i denti nelle classi. Il riscaldamento è abolito a causa dei debiti. E nessuno sembra preoccuparsene. Il termometro in una sala per i giornalisti segna 12 gradi centigradi. Le madri non mettono più i panini negli zaini dei figli, ma il Nurofen (gli studenti romeni tra gli 8 e i 9 anni, secondo uno studio recente, sono particolarmente maturi e soffrono di depressione). Un altro servizio: nell'ospedale di Zlatna, sempre in Transilvania, i termosifoni sono spenti da due anni. Sono freddi come i pazienti che non ce la fanno, e lasciano questo mondo per uno forse migliore. Quelli che resistono, si mettono in posizione fetale sotto tre strati di coperte.

Nelle stanze la temperatura è solo di due o tre gradi più alta che all'esterno. Una signora, informe a causa degli strati di vestiti che indossa, si lamenta di essere venuta qui con una malattia, e di uscirne con un'altra. Ma queste non sono le aperture dei telegiornali, sono le ultime notizie. Le “curiosità” da rubrica. I primi dieci minuti sono consacrati a Basescu-Geoana-Antonescu-Oprescu-Croitoru-Iohannis (il presidente e i principali esponenti politici del momento). Pensate che chi muore di freddo si possa “riscaldare” con le promesse, le stupidaggini e le altre idiozie della strategia politica? C'è bisogno di soluzioni urgenti. Adesso, non l'anno prossimo. Oggi, non domani. Altrimenti, la “rigogliosa Romania” potrebbe presto finire sotto terra.

Anni luce dalla Finlandia

Sfortunatamente i morti di freddo sono la Romania “reale”, un paese reale talmente lontano dall'Europa a cui siamo così fieri di appartenere. Cambio canale. Sulla Cnn sento una notizia che mi lascia a bocca aperta: “La Finlandia è il primo paese al mondo a dichiarare la connessione internet ad alta velocità un diritto dei cittadini. A partire dal luglio 2010, le società di telecomunicazioni saranno obbligate a fornire a tutti i finlandesi connessioni internet con una velocità di almeno 1 megabyte al secondo”. “Nella società moderna non si può vivere senza internet. Le connessioni sono necessarie come i servizi bancari, l'acqua o la corrente elettrica”, ha dichiarato un politico finlandese. Anche questa è Europa. E siamo anche qui nel 2009. Ma a quanti anni luce di distanza si trova la Romania?

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Forse siamo in un'altra galassia. Sarebbe bene che venissero da noi per imparare come si fa a vivere senza acqua, senza elettricità e senza riscaldamento. Alcuni vedono nel tedesco Klaus Johannis un salvatore. Johannis è il sindaco di Sibu (che è stata capitale europea della cultura), e possibile futuro premier di una coalizione del Partito socialdemocratico con il Partito Liberale e l'Unione degli Ungheresi (Udmr). Ma una rondine non fa primavera, e non basta un tedesco per cambiare un paese. Forse ci servirebbero alcune decine di migliaia di tedeschi, per rimpiazzare tutti i funzionari statali. E meglio ancora se ne venissero 22 milioni...

CONTESTO

La guerra dei premier

Il 13 ottobre il parlamento romeno ha provocato la caduta del governo di Emil Boc. Il parlamento ha indicato Klaus Johannis come nuovo premier, ma il presidente Traian Basescu ha incaricato l'economista Lucian Croitoru di formare un nuovo governo. “Il nuovo esecutivo è atteso per il 23 ottobre, ma ci sono molte possibilità che non sia approvato dal parlamento”, avverte România Libera. Questa crisi istituzionale potrebbe aggravare la situazione economica del paese. Il Fondo Monetario Internazionale, che data la situazione non ha più un interlocutore in Romania, ha ritardato un prestito di 3,5 miliardi di dollari previsto per fine ottobre. Ma il braccio di ferro tra deputati e presidente rischia di durare fino al 22 novembre, data delle elezioni presidenziali.

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