L’era della stupidità è finita

La concessione di una proroga degli obiettivi di bilancio per Francia e Spagna dimostra che Bruxelles ha finalmente scelto il buon senso invece della disastrosa fissazione per il rigore.

Pubblicato il 6 Maggio 2013 alle 15:37

Gli europei stanno per scommettere sulla loro stessa intelligenza e sulla reciproca fiducia? Questa è la speranza alimentata dalla Commissione europea che, nella sorpresa generale, ha deciso di accordare una proroga di due anni alla Francia per riportare finalmente il suo deficit pubblico al di sotto del 3 per cento del prodotto interno lordo. Questo obiettivo dovrà dunque essere raggiunto nel 2015, non più nel 2013 o nel 2014.

Prima di questo annuncio Parigi sperava di ottenere una proroga di un anno, dopo essersi rivelata incapace di rispettare l’impegno preso da Nicolas Sarkozy e confermato in seguito da François Hollande. Ma Olli Rehn, commissario agli affari economici e monetari, ha deciso altrimenti: giudicando che per rispettare la soglia del 3 per cento del pil l’anno prossimo gli sforzi da compiere sarebbero stati troppo consistenti per essere credibili, ha prorogato la scadenza al 2015, per non soffocare ogni speranza di ripresa. In cambio ha chiesto al governo francese di accelerare le riforme e ridurre la spesa pubblica.

La Commissione e gli stati europei escono quindi una volta per tutte da quell’attività di simulazione che ha vanificato la governance economica dell’unione monetaria e portato l’euro sull’orlo del baratro. Riprendendo l’aggettivo qualificativo attribuito al patto di stabilità dall’ex presidente della Commissione europea Romano Prodi, in un primo tempo c’è stato un periodo “stupido”, quello nel quale per consolidare il proprio potere Bruxelles ha applicato le regole contabili, mentre a partire dal 2003 Francia e Germania se ne sono emancipati. In modo intelligente, nel caso di Gerhard Schröder che ha messo a frutto questa tregua per riformare la Germania; e in modo disinvolto, nel caso di Jacques Chirac che ne ha approfittato per non fare assolutamente nulla.

Gli anni di crisi hanno sospeso le direttive, prima che si inaugurasse la stagione della menzogna autorizzata: tutti si sono fatti promesse pur sapendo di non poterle mantenere. La Commissione e Hollande per mesi hanno finto che nel 2013 la Francia sarebbe scesa sotto la soglia del 3 per cento. La Commissione salvava la faccia e Parigi poteva fingere di comportarsi bene.

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Questo giochetto è diventato insostenibile quando l’Europa si è trovata coinvolta in una disputa dogmatica. I sostenitori di un pilotaggio della congiuntura (Francia ed Fmi) si oppongono a chi promuove il rigore (Germania e Commissione). I primi invitano a non accentuare la recessione tramite piani di austerity cumulativi, ma non convincono i secondi. Questi ultimi, infatti, sulla base dell’esperienza lo considerano un pretesto per rimandare le riforme necessarie. E quali sono i risultati? Recessione e assenza di riforme.

Rinunciando invece al fanatismo del 3 per cento, la Commissione ha deciso di uscire da questo tira e molla nel quale tutti ci rimettevano. E finalmente ha preso una decisione saggia dal punto di vista economico e proficua da quello politico.

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