Mark Rutte, leader del VVD. Foto Sebastiaan ter Burg

Libertà d'espressione sì, ma quanta?

Il Partito olandese per la libertà e la democrazia (Vvd) ha proposto di estendere la libertà d'espressione depenalizzando "l'incitamento all'odio e alla discriminazione". Il dibattito è acceso attorno al negazionismo, che secondo De Volkskrant dovrebbe restare punibile per legge.

Pubblicato il 2 Giugno 2009 alle 16:23
Mark Rutte, leader del VVD. Foto Sebastiaan ter Burg

Alla vigilia delle elezioni europee, Mark Rutte pensava che la sua iniziativa avrebbe messo in difficoltà il leader dell'estrema destra Geert Wilders, e segnato un punto a suo favore. Secondo Rutte bisognerebbe cancellare una volta per tutte il reato d'opinione: tutti dovrebbero poter dire liberamente quello che vogliono, e neanche la negazione dell'olocausto dovrebbe più essere sanzionata. Solo l'istigazione alla violenza dovrebbe continuare a essere punibile per legge. In molti però, anche all'interno del suo stesso partito, ritengono che questa volta Rutte abbia esagerato.

Il capo del Vvd infatti non sembra essersi reso conto che anche nel suo partito ci sono dei limiti alla libertà di espressione. L'olocausto rappresenta proprio uno di questi. "Non siamo liberali fino a questo punto", è stata la reazione di Hans van Baalen, capolista del Vvd per le elezioni europee.

La libertà di espressione è un tema di grande attualità, soprattutto dopo che la procura di Amsterdam ha deciso di procedere nei confronti di Geert Wilders. Oggi il Vvd si presenta come il difensore di questo diritto fondamentale. I liberali prendono giustamente le distanze dall'interpretazione di Wilders, che vorrebbe vietare il corano e al tempo stesso poter dire quello che vuole, possibilmente nella maniera più insolente possibile. Al contrario i liberali seguono la linea tradizionale di Voltaire: ognuno può dire quello che vuole, indipendentemente dall'orrore che la sua opinione può ispirare. Quello che vale per Wilders vale anche per gli imam radicali o i neonazisti.

Questo atteggiamento liberale è fondato su una grande fiducia nel dibattito pubblico. Quando sono vietate, le opinioni estreme continuano a proliferare clandestinamente; quando possono essere espresse in modo libero, invece, generano necessariamente delle resistenze. Se i musulmani o altri ritengono che le idee di Wilders siano volgari e assurde, è meglio che le denuncino apertamente invece di chiedere al giudice di vietarle. Un dibattito pubblico di questo genere è certo più salutare di una procedura giudiziaria, come ha dimostrato la reazione calma e intelligente dei musulmani di fronte al film di Geert Wilders, Fitna. La scelta dei liberali di limitare il più possibile il ricorso al giudice è senza dubbio lodevole. Da questo punto di vista la procedura contro Wilders è da condannare, anche se le sue idee non sono condivisibili. Il parere dell'elettore è più importante di quello del giudice.

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Cancellare completamente dal codice penale il reato di istigazione alla discriminazione e all'odio però ci sembra eccessivo. In questo caso ile autorità non avrebbero più alcuno strumento per punire gli agitatori che predicano l'odio contro i musulmani, gli ebrei, gli omosessuali o la democrazia occidentale, abbastanza furbi da lasciare all'immaginazione del loro pubblico il breve passo fino alla violenza. Questo potrebbe rivelarsi pericoloso.

Nel 1919 il giudice della Corte suprema americana Wendell Holmes pronunciò una frase che è diventata un classico a proposito della libertà di espressione: non si può gridare al fuoco in un teatro affollato. Anche i valori sociali hanno un ruolo importante, e in una società libera non è vietato stabilire che alcune idee estreme, come la negazione dell'olocausto, non debbano trovare posto in un dibattito civile.

LIBERTÀ D'ESPRESSIONE

"Lasciate che i negazionisti si esprimano"

Su Nrc Handelsblad lo storico Frank Ankersmit scrive che Mark Rutte "ha perfettamente ragione: la negazione dell'olocausto non deve essere sanzionata dal codice penale". Ankersmit ricorda le Lettere sulla tolleranza del filosofo scozzese John Locke in difesa della libertà di religione. Questo testo, pubblicato nel 1689, è alla base della legge sulla libertà di espressione e rimane attuale ancora oggi, perché secondo Ankersmit "non si possono imporre le opinioni per legge". Di conseguenza sarebbe pericoloso vietare il negazionismo: "Lasciate che i negazionisti esprimano apertamente il loro ripugnante punto di vista, perché si sappia chi sono […]. Non date loro la possibilità di esprimersi di nascosto, questo ci impedirebbe di conoscere le opinioni più esecrabili della nostra società. Una condanna penale nei loro confronti rischierebbe di renderci ciechi nei confronti del loro pensiero".

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