Una lettera aperta in difesa del sano dibattito ha suscitato a sua volta un sano dibattito, compresa una lunga controlettera. Bene. Bisogna tutelare la libertà di espressione ma anche promuoverla, a favore di chi ha spesso minor ascolto. La lettera originale, pubblicata sulla rivista Harper’s e firmata da 150 scrittori, accademici e giornalisti, in massima parte nordamericani, appoggia “la protesta contro il razzismo e per la giustizia sociale” ma mette in guardia contro gli effetti spaventosi della nuova cultura censoria, “l’intolleranza verso le altre opinioni, la tendenza a infamare e a ostracizzare”. Il punto focale riguarda la debolezza dei “vertici delle istituzioni” che, “preoccupati di contenere i danni, si affrettano a imporre sanzioni sproporzionate, invece di procedere a riforme ponderate”.
È vero. Basta un tweet offensivo, un commento molto volgare, una citazione letteraria che contenga il profondo razzismo o ses- sismo della sua epoca e sei sbattuto fuori – licenziato o, come minimo, sospeso, e le istituzioni si affretta- no a prendere le distanze dall’appestato intellettuale. Qualcuno dirà che si tratta di eccezioni. Bisogna certo valutare caso per caso. Ma i casi sono parecchi e ne bastano pochi per produrre un effetto spaventoso. Quindi que- ste sono cose da dire e so- no state ben dette.
Però, e sono certo che molti firmatari concorderanno, la lettera rappresenta solo una parte della necessaria risposta progressista. La libertà di espressione coinvolge sia la bocca che l’orecchio. Ri- guarda i diritti e i bisogni di chi parla, ma anche di chi ascolta. Il Mahatma Gandhi in un memorabile discorso disse che bisogna aprire le orecchie de- gli altri e uno dei modi migliori per farlo è aprire le proprie. […] Continua a leggere su la Repubblica.
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