Due migranti si lavano a una fontana, a Calais. (AFP)

Niente docce e la scabbia per i migranti di Calais

Quasi mille migranti senzatetto, richiedenti asilo nel Regno Unito, vivono in pessime condizioni a Calais, nel nord della Francia. A causa della mancanza di docce per qualche tempo hanno sofferto di scabbia. Il primo luglio l'Ufficio delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha ufficialmente aperto un ufficio a Calais, per cercare di migliorare la loro situazione.

Pubblicato il 2 Luglio 2009 alle 14:03
Due migranti si lavano a una fontana, a Calais. (AFP)

L'acqua gli arriva alla vita, il busto e la testa sono coperti di sapone. L'uomo, che accetta ridendo di farsi fotografare, è un afgano e si fa il bagno nei rifiuti tiepidi della fabbrica chimica Tioxide, a Calais. Era venerdì pomeriggio, vicino alla foresta dove vive parte dei mille emigranti senza fissa dimora [secondo una stima del Soccorso cattolico] presenti nella città, in attesa di andare nel Regno Unito come passeggeri clandestini la notte nei (o sotto) i camion diretti a Dover.

Da sei mesi il Soccorso cattolico non è più in grado di offrire loro delle docce. Per questi emigranti essere puliti è ormai diventata un'impresa. Oltre a dover fuggire la polizia che dà loro la caccia, a difendersi dai contrabbandieri armati, e a vivere come lupi nei boschi.

"Gli afgani si lavano vicino alla fabbrica, e gli eritrei nel porto", spiega Céline Dallery, infermiera presso il centro medico che dipende dall'ospedale di Calais. In questo ambulatorio di cure gratuite c'è una doccia e sono 40 ogni giorno a venire qui per lavarsi e per curare le loro malattie della pelle. La scomparsa delle docce pone anche un problema di salute pubblica: la scabbia si prende a causa della vita nei boschi e si diffonde perché non la si può curare senza la doccia: "Il numero di visite al centro è passato da 15 per pomeriggio a 40, a causa della scabbia. Per eliminarla basterebbe prendere degli antibiotici, lavarsi e cambiare la biancheria".

Sul giornale Nord Littoral un medico paragona le malattie degli emigranti a quelle dei soldati nelle trincee della Prima guerra mondiale. Il tempo passato a curare la scabbia impedisce di occuparsi di malattie più gravi, come la tubercolosi, il diabete e le fratture. Il prefetto ha chiesto al comune di installare una fontana manuale all'entrata della più grande delle "jangal", le giungla, come gli emigranti chiamano il bosco dove vivono gli afgani pashtun. Questa fontana ha creato un continuo viavai di gente con secchi e bottiglie. In questo immenso campo, vicino a capanne fatte con tavole di legno e teli di plastica, ci sono i "bagni", come li chiamano gli afgani con il sorriso sulle labbra: dei teli blu tesi fra i pioppi bianchi, delle cabine senza doccia, una pedana di legno per terra. Si scalda l'acqua sul fuoco in una bacinella di zinco annerita dall'uso. Si utilizzano dei barattoli di conserva vuoti per versarsi l'acqua sul corpo. Per terra delle bottiglie di shampoo, dei rasoi usa e getta e barattoli vuoti. "Qui ci si lava e il giorno dopo si è sporchi", sospira Ahmad [il nome è di fantasia], afgano. "Tutto il corpo è malato".

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Visti dalla Gran Bretagna

L'Onu a Calais, Ue umiliata

L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) si sposta a tempo pieno a Calais, racconta l'Independent. La loro missione: aiutare gli immigrati, i rifugiati e i richiedenti asilo a "negoziare" con Francia e Gran Bretagna. Dei circa 1.600 migranti e rifugiati accampati intorno alla città portuale, il 20 per cento è composto da bambini. Vivono in condizioni di estremo squallore, "privi delle attrezzature più basilari". Secondo Medici Senza Frontiere (Msf), la maggior parte proviene dall'Afghanistan, dalla Somalia e daii territori palestinesi. L'Alto commissariato ha riferito che le relazioni tra i rifugiati e gli abitanti di Calais sono "tese". Questi ultimi, infatti, accusano la Gran Bretagna di "non aver fatto abbastanza per scoraggiare i richiedenti asilo".

Oltremanica, il Daily Telegraph nota con orgoglio che gli immigrati vanno a Calais perché "tutti vogliono venire in Gran Bretagna". Per il quotidiano conservatore - talvolta anche un po' antifrancese - l'intervento delle Nazioni Unite "è purtroppo è il sintomo della mancanza di volontà di affrontare il problema da parte della Francia", nonché un'umiliazione per l'Unione europea. Il problema sarà risolto, dice il Telegraph, "solo quando le frontiere esterne dell'Unione saranno chiuse ermeticamente". Una soluzione di questo tipo, lamenta il quotidiano, sembra essere "ben oltre le capacità intellettuali dell'Ue". Le migliaia di persone in cerca di una vita migliore continueranno a vivere "in povertà, nei pressi di Calais, con le Nazioni Unite a cercare di mettere insieme i pezzi", ha concluso il quotidiano.

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