Rassegna (Dis)Equality

Oligarchia agro industria e agricoltura sostenibile: le proteste degli agricoltori europei

Chi sono e perché protestano? L’agricoltura europea, un settore che conta circa 9 milioni di lavoratori e lavoratrici, attraversa una profonda crisi, che ha spinto migliaia di loro nelle strade di tutta Europa con rivendicazioni simili, ma motivazioni diverse. La nostra rassegna con Display Europe.

Pubblicato il 8 Febbraio 2024 alle 15:01

Il settore agricolo europeo è sul piede di guerra. “Contagio o coincidenza?” si chiede sullo spagnolo El Confidencial Lola García-Ajofrín : “Le immagini della Romania sono molto simili a quelle della Germania, dove all'inizio di gennaio decine di migliaia di persone hanno bloccato le autostrade con i loro trattori. Nel loro caso, si trattava di proteste contro una serie di tagli ai sussidi per veicoli agricoli e carburante. Somigliano anche a quelle di Tolosa (Francia), a quelle dell'Irlanda, dove gli agricoltori hanno marciato con le mucche, o a quelle della Polonia, e del Belgio [...] E prima ancora nei Paesi Bassi, dove gli agricoltori sono arrivati a fondare un partito e a ottenere rappresentanza parlamentare. Dallo scoppio delle proteste dei trattori olandesi, poco più di un anno fa, si sono verificate proteste agricole in più di 15 paesi Ue, secondo il monitoraggio del think tank Farm Europe”. 

Secondo Eurostat – dati del 2020 – gli agricoltori in Europa sono circa 8,7 milioni, di cui solo l’11,9 per cento ha meno di 40 anni. Poco più del 2 per cento degli elettori alle prossime elezioni europee. Dal 2005, in seguito alla ristrutturazione dovuta alla PAC, la Politica agricola comune, il numero delle  aziende agricole nell'Ue è diminuito di oltre un terzo dal 2005, spiega Jon Henley, corrispondente per l’Europa per The Guardian

Una mappa di Politico.eu mostra dove sono avvenute le proteste e, per sommi capi, su quali basi. “In 11 paesi Ue, i prezzi alla produzione [prezzo base che gli agricoltori ricevono per i loro prodotti]  sono scesi di oltre il 10 per cento dal 2022 al 2023. Solo Grecia e Cipro hanno registrato un aumento corrispondente dei ricavi delle vendite degli agricoltori, grazie all'aumento della domanda di olio d'oliva”, scrivono Hanne Cokelaere e Bartosz Brzeziński

In generale, scrive ancora The Guardian, “oltre a sentirsi perseguitati da quella che considerano una burocrazia di Bruxelles che non conosce la loro attività, molti agricoltori lamentano di sentirsi stretti tra le richieste apparentemente contrastanti dell'opinione pubblica di cibo a basso costo e di processi rispettosi del clima”. Perché, almeno per molti, non è il rispetto del clima a causare la sofferenza del mondo agricolo, ma la “concorrenza tra gli agricoltori e la concentrazione delle aziende”, spiega Véronique Marchesseau, agricoltrice et segretaria generale del sindacato di sinistra francese, Confédération paysanne su Alternatives Economiques. Allo stesso tempo, aggiunge Nicolas Legendre, giornalista specializzato sul tema, intervistato da Vert, esiste anche una “rabbia viscerale di una parte del mondo agricolo verso gli ambientalisti (e l'ecologia in generale), alimentata da alcuni attori agroindustriali”.   

Se la stampa ha la tendenza a raccontare un “movimento” è perché il mondo agricolo non è monolitico Le mobilitazioni europee degli agricoltori toccano un settore che non solo è vario per tipo e modi di produzione, ma anche per visioni del mondo, orientamenti politici,  livello di reddito e classe sociale. 

Per esempio, in Francia, dove vivo, la superficie media di un’azienda agricola è 96 ettari, racconta Reporterre, giornale specializzato in ecologia e lotte sociali che ospitiamo spesso su Voxeurop. Arnaud Rousseau, leader della FNSEA, il sindacato maggioritario degli agricoltori francesi, possiede un’azienda di 700 ettari. Perché lo cito? Perché, per tornare alla rappresentazione di movimenti – chi parla a nome di chi – è importante segnalare che la voce maggioritaria di un movimento di protesta è quella di un oligarca dell'agroindustria. Un ritratto/inchiesta realizzato da Amélie Poinssot per Mediapart rende la dimensione politica di Rousseau:  “È il capo di un gigante dell’economia francese: Avril-Sofiprotéol, colosso dei cosiddetti semi oleosi e delle colture proteiche, fondato dal sindacato di categoria. È niente meno che il quarto gruppo agroalimentare francese”.  

Come spiega Ingwar Perowanowitsch sulla  taz: “Ci sono potenti holding agricole che ricevono fino a 5 milioni di euro di sussidi all'anno. E ci sono piccole aziende a conduzione familiare che ricevono poche centinaia di euro. C'è l'allevamento e la coltivazione. Ci sono agricoltori convenzionali e biologici. Alcuni producono per il mercato mondiale, altri per il mercato settimanale”. Il giornale tedesco cita un agricoltore di Lipsia, che lavora per un’azienda agricola solidale, che ha deciso, a gennaio, di non manifestare a causa  dell’infiltrazione dell’estrema destra e, anche, perché non si sente rappresentato: "L'associazione degli agricoltori difende gli interessi delle grandi aziende che producono per il mercato mondiale e non quelli della piccola agricoltura". 

Agricoltori e violenza, due pesi e due misure

Per il Primo ministro belga, Alexander De Croo, “gran parte delle preoccupazioni degli agricoltori sono legittime”, racconta Le Soir sulla scia delle manifestazioni che il 1 febbraio hanno visto migliaia di agricoltori a Bruxelles accendere fuochi e gettare uova sull’edificio del parlamento europeo. Su El Pais Marc Bassets dice: “Il potere li teme. La maggioranza della popolazione li guarda con distanza e rispetto”. 

Un atteggiamento che raggiunge l’apice in Francia, dove è flagrante la differenza di trattamento dei manifestanti da parte della polizia. L’Europa ha denunciato le violenze eccessive delle forze dell’ordine, in primis verso i “Gilets Jaunes”, passando per le diverse manifestazioni che hanno attraversato il paese (contro la riforma delle pensioni o durante le sommosse nelle banlieue), e per finire con le 5.000 granate sparate contro gli “ecoterroristi” a Sainte-Soline

In questi giorni gli agricoltori non hanno solo bloccato strade e autostrade, o versato paglia e letame, ma anche fatto esplodere un ordigno in un edificio, e incendiato un altro. Ma nessuno parla di “agroterrorismo”, e la polizia non è mai intervenuta, al contrario. Quanto al ministro dell’interno, Gérald Darmanin, ha abbandonato il solito tono marziale esprimendo su TF1 la sua “compassione” per gli agricoltori e affermando che “non si risponde alla sofferenza inviando i CRS [celere], voilà”.

“Dalla Seconda guerra mondiale, i poteri pubblici hanno tollerato dagli agricoltori ciò che non avrebbero tollerato da altre categorie sociali”, spiega a Libération lo storico Edouard Lynch, esperto di studi rurali. Inoltre, non tutti i contadini sono uguali: “Anche all’interno dei movimenti contadini, lo stato prende di mira i gruppi minoritari, come dimostra la repressione delle manifestazioni contro le mega-raccolte d’acqua a Sainte-Soline”, continua Lynch. Su Arrêt sur Image sempre Lynch aggiunge: “Si vede oggi [di fronte a queste manifestazioni] come le violenze alle quali abbiamo assistito negli ultimi anni sono il risultato della strategie delle forze dell’ordine. […] La violenza dei movimenti sociali è provocata dalla gestione del mantenimento dell’ordine: si decide di andare verso lo scontro per stigmatizzare l’avversario”. Dietro, spiega, c’è una sorta di mitologia nazionale del “buon agricoltore che nutre la nazione”. 

Gli fa eco Thin Lei Win su Green European Journal: esiste “un'immagine positiva a livello europeo degli agricoltori come custodi delle tradizioni rurali e del patrimonio culturale, nonché fornitori del nostro sostentamento. Questo significa che una parte molto più ampia dell'elettorato simpatizza e si identifica con loro”. 

In collaborazione con Display Europe, cofinanziato dall'Unione europea. I punti di vista e le opinioni espressi sono esclusivamente quelli dell'autore o degli autori e non riflettono necessariamente quelli dell'Ue o della Direzione Generale per le Reti di Comunicazione, i Contenuti e la Tecnologia. Né l'Unione europea né l'autorità che ha concesso il finanziamento possono essere ritenute responsabili.
ECF, Display Europe, European Union

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