La politica in mano ai funzionari (PE, Minifig)

Per Berlino l'Europa non è un gioco

La politica europea della Germania dipende da meccanismi particolarmente complessi. Il rafforzamento delle competenze del parlamento tedesco reclamato dalla corte costituzionale non basterà a semplificarli. E dov'è il ministero degli affari europei, si chiede Die Zeit.

Pubblicato il 30 Luglio 2009 alle 15:38
La politica in mano ai funzionari (PE, Minifig)

Da tempo a Berlino non si vedeva un'estate politica senza pause estive. La Corte costituzionale federale ha infatti ordinato al Bundestag di rivedere da cima a fondo la sua politica europea. In autunno questa politica dovrà essere più efficace, più trasparente e più democratica. In futuro il parlamento dovrà esercitare più influenza a Bruxelles e dovrà non solo sorvegliare l'istituzione comunitaria, ma anche il rappresentante dell'esecutivo tedesco, il fantomatico ministro per gli Affari europei.

Ma in realtà, chi si occupa della politica europea a Berlino? E chi deve essere controllato?

Berlino è complicata, quanto meno quando si tratta di Europa. A suo modo la capitale federale ha assunto un carattere comunitario: centri decisionali dispersi, responsabili sempre più numerosi, procedure complicate. Ormai è difficile trovare un ministero senza un segretario europeo, e quasi ogni soggetto politico ha una sua dimensione europea. In questo processo politico interviene il Bundestag, il Bundesrat, i rappresentanti dei Länder, le comunità e i gruppi di interesse. I rappresentanti dei 1.400 gruppi di lavoro, dei comitati e delle riunioni di coordinamento devono avere una loro delegazione a Bruxelles. Insomma, se ci fosse realmente un ministero per gli Affari europei a Berlino dovrebbe essere molto, molto grande.

Il governo federale vuole condurre una politica europea, anche senza ministero per gli Affari europei. Questa è almeno la sua versione ufficiale. "Spesso non ci si riesce a mettere d'accordo in tempo su una posizione comune e la Germania deve astenersi a Bruxelles", confessa Joachim Würmeling, ex segretario di Stato presso il ministero dell'Economia. Da tempo a Bruxelles si è inventato un termine per descrivere la lentezza dei tedeschi: il cosiddetto German vote. Con questo termine viene definito dagli eurocrati l'astensione di un paese dell'Ue il cui governo non è stato capace di mettersi d'accordo.

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Caos istituzionale

Berlino contro Berlino. Ci si chiede se saranno questi i compiti che avrà il Bundestag nei confronti del governo. Fra i burocrati la reputazione del parlamento tedesco non è molto buona: "Il parlamento vuole sapere tutto ma non ha alcun ruolo nella politica quotidiana", osserva un funzionario governativo.

Tutto sembra destinato a complicare la situazione, cosa che non faciliterà di certo la situazione per la Germania, spiega un esperto di questioni europee. Sulla politica climatica, per esempio, il parlamento tedesco aveva preso una posizione molto netta durante la fase calda dei negoziati sul clima a Bruxelles: il governo federale non avrebbe dovuto in alcun caso approvare le richieste particolari formulate da industrie che consumano troppa energia. Ma quando più tardi i capi di governo hanno ottenuto un compromesso, la Polonia ha reclamato proprio questo.

E la Germania ha finito per accettare. Angela Merkel ha quindi ignorato il veto posto dal Bundestag, ufficialmente per ragioni di politica estera e di integrazione. Ma il cancelliere non ne aveva il diritto, se il Bundestag avesse voluto obbligare il governo a rispettare le sue richieste, come chiedeva la Csu bavarese (partito conservatore, legato alla Cdu di Merkel), il compromesso sarebbe fallito per colpa della Germania.

Ma come possono i deputati decidere la politica europea ed esercitare nel modo migliore la loro influenza su un immaginario ministero per gli Affari europei?

Il più grande successo ottenuto sotto la presidenza tedesca del Consiglio europeo è dovuto ai negoziati governativi segreti che hanno portato alla dichiarazione di Berlino, che ha preparato il terreno al Trattato di Lisbona. Ma più di una voce si è levata per criticare questa strategia, preferendo l'elaborazione di un documento nel quadro di un dibattito parlamentare aperto e pubblico, anziché attraverso telefonate segrete. La politica europea meriterebbe un dibattito del genere.

A quanto pare l'equilibrio fra un esecutivo efficace e una partecipazione democratica è difficile da trovare. E per quanto riguarda la politica europea la questione sembra ancora più complicata.

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