Murale dell’attrice Claudia Cardinale nel quartiere La Goulette di Tunisi. I nonni paterni dell’attrice, nata e cresciuta nella numerosa comunità italiana-tunisina, erano commercianti di pesce originari di Palermo. | Foto: ©Davide Mancini Murale dell’attrice Claudia Cardinale nel quartiere La Goulette di Tunisi. I nonni paterni dell’attrice, nata e cresciuta nella numerosa comunità italiana-tunisina, erano commercianti di pesce originari di Palermo. | Foto: ©Davide Mancini

In Tunisia i pescatori europei sfruttano le maglie larghe dei controlli

Per evitare l’esaurimento delle risorse ittiche nel Mediterraneao, l’Unione europea incentiva i pescatori europei a ridurre il numero dei pescherecci. Di conseguenza, lo sforzo di pesca si è spostato verso i paesi terzi, come la Tunisia, esternalizzando i costi ambientali della pesca industriale, i cui prodotti continuano ad essere venduti sul mercato europeo senza garanzie reali sulla loro origine e sull’impatto ambientale.

Pubblicato il 11 Luglio 2023 alle 14:35
Murale dell’attrice Claudia Cardinale nel quartiere La Goulette di Tunisi. I nonni paterni dell’attrice, nata e cresciuta nella numerosa comunità italiana-tunisina, erano commercianti di pesce originari di Palermo. | Foto: ©Davide Mancini Murale dell’attrice Claudia Cardinale nel quartiere La Goulette di Tunisi. I nonni paterni dell’attrice, nata e cresciuta nella numerosa comunità italiana-tunisina, erano commercianti di pesce originari di Palermo. | Foto: ©Davide Mancini
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“Il mare è amaro. E anche il lavoro è amaro se il guadagno se lo mangiano tutto i grossisti”. Così recitava la voce narrante del film La Terra Trema, nel 1948. La pellicola di Luchino Visconti raccontava l’ingiustizia vissuta dai pescatori siciliani di un piccolo villaggio del catanese, che faticavano a sfamare le loro famiglie, poiché il prezzo del pesce appena pescato veniva tenuto basso dai grossisti della piccola comunità costiera. 

A settantacinque anni di distanza, le dinamiche economiche del villaggio globale attuale sono divenute più complesse, la pesca si è industrializzata, e la conoscenza scientifica sul suo impatto nel Mediterraneo ha fatto suonare i primi allarmi. Il mare rimane amaro per molti piccoli pescatori nei 22 paesi rivieraschi, ma anche per lo stesso ecosistema marino i cui stock di pesce sono, in buona parte, sovrasfruttati.

A Mazara del Vallo, nell’agosto 2022, il capitano e armatore Mimmo Asaro si sfogava sulla situazione dei pescatori mazaresi di gambero, la cui flotta di pescherecci a strascico si è ridotta drasticamente negli ultimi anni. “Se le leggi comunitarie non ci uccidono, noi siamo intenzionati ancora a viverci" [di pesca ndr].

"Noi vogliamo rispettare il mare ma ciò che ci disturba è che i paesi extra-Ue non rispettano le stesse leggi. Loro lavorano dodici mesi l’anno. Noi ci fermiamo e loro pescano. Ci sono commercianti italiani che dalla Tunisia vendono a prezzo inferiore rispetto a noi”, racconta dal ponte del suo peschereccio. “È concorrenza sleale. Sono tutti contro di noi”. 

Pescherecci ormeggiati nel porto di Mazara del Vallo, in Sicilia. | Foto: ©Davide Mancini
Pescherecci ormeggiati nel porto di Mazara del Vallo, in Sicilia. | Foto: ©Davide Mancini

A 160 km e a qualche mese di distanza, dall’altra parte del Canale di Sicilia, Ashraf Hammami, armatore ed esportatore tunisino di pesce, offre invece una visione diversa dal suo ufficio, affacciato sul porto di Kelibia, città portuale a nord est della Tunisia: “I mazaresi si lamentano del privilegio che hanno perso. La Sicilia non è più competitiva con il congelato a bordo [tipica per crostacei, come i gamberi ndr]. Prima, noi tunisini dovevamo passare obbligatoriamente dai mazaresi che poi lo rivendevano. Ora invece no, per questo si lamentano. Non siamo più negli anni Cinquanta, quando solo i mazaresi avevano le barche. Il sole, se esce, esce per tutti. Se manca il pesce, manca per tutti”.


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I due imprenditori che si contendono il pesce nelle profonde acque internazionali del Mediterraneo centrale, sono però d’accordo su un punto: serve un fermo biologico rispettato da tutti, altrimenti molte specie marine, incluse quelle più redditizie, rischiano il collasso. Entrambi hanno dedicato l’intera vita allo sfruttamento del mare: il capitano Asaro è stato  arrestato tre volte negli anni Novanta, nel golfo di Gabes, per fare pesca a strascico in acque tunisine. Il padre di Ashraf nel 1978 portò in Tunisia il primo peschereccio industriale con congelazione a bordo, comprato proprio a Mazara del Vallo. “Noi abbiamo imparato il lavoro della pesca a strascico dai mazaresi. Sfruttavamo la stessa zona, insieme”, aggiunge Ashraf. 

Osservando i dati degli ultimi decenni pubblicati dalla FAO attraverso la Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo (GFCM), è chiaro che lo sforzo di pesca è diminuito in Italia, mentre è aumentato in Tunisia. Più generalmente si nota una diminuzione della quantità totale di pesce per i paesi europei, sulla sponda nord del Mediterraneo, e un aumento per i paesi non-Ue, sulla sponda sud, nel periodo tra il 1970 e il 2020. La diminuzione dello sforzo di pesca in Europa nell’ultimo decennio è anche conseguenza di una presa di coscienza da parte della Commissione europea che, sotto la pressione di ong ambientaliste e alla luce di allarmanti dati scientifici, ha incentivato lo smantellamento di pescherecci, come quelli mazaresi, per diminuire la pressione della pesca e preservare gli stock ittici. 

Il porto di Kelibia, Tunisia, visto dall’ufficio di Ashraf Hammami. | Foto: ©Davide Mancini
Il porto di Kelibia, Tunisia, visto dall’ufficio di Ashraf Hammami. | Foto: ©Davide Mancini

Nonostante ciò, la cattura di specie commercializzabili del Mediterraneo è ancora alta. Il 73 per cento di queste sono sovrapescate, ossia estratte dal mare in quantità non sostenibili, con una pressione considerata due volte oltre i limiti biologici stimati per poter garantire stock ittici nel prossimo futuro. Nel Mar Tirreno e nel Mediterraneo centrale la quantità registrata di gambero rosa, o Parapenaeus longirostris, è ben al di sotto dei livelli di sostenibilità. È aumentata negli ultimi anni la pressione sul gambero viola, mentre la specie che più sembra minacciata, stando ai dati FAO/GFCM, è il nasello (Merluccius merluccius), che nel canale di Sicilia registra livelli minimi preoccupanti. Tutte specie catturate prevalentemente con reti a strascico.

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