Opinione Migrazione e asilo

Come sconfiggere l’ormai dominante narrazione negativa su migranti e rifugiati

Secondo l'editorialista olandese-sierraleonese Babah Tarawally, i media tradizionali in Europa etichettano le persone migranti e i rifugiati in base alle regioni d'origine, alimentando la retorica populista sui migranti "buoni" e "cattivi". Per ribaltare questa narrazione, Tarawally suggerisce di prendere il controllo della narrativa, ribaltarla, e raccontare i contributi positivi che immigrati e rifugiati portano alla società europea.

Pubblicato il 11 Gennaio 2023 alle 14:55

La cornice che ho davanti è dorata, ma la fotografia che inquadra rappresenta un'esercito invasore. Uso spesso questa metafora nei workshop che organizzo per responsabilizzare nuovi migranti e rifugiati nei Paesi Bassi. Dico loro di crearsi la propria cornice dorata. E li convinco che non dovrebbero permettere a nessuno di mettere loro nella testa che le loro cornici sono fatte di cenere o carta igienica. Insegnare alle persone a credere a sé stesse è fondamentale, perché se non credono in sé stesse chi lo farà per loro? Il sistema di concessione dell'asilo? I politici? I mezzi d'informazione?

Quando i rifugiati o le persone migranti arrivano in un nuovo paese, il pubblico ne viene a conoscenza attraverso i mezzi d'informazione. In quanto facilitatori del dibattito pubblico, essi hanno un ruolo di primo piano nel plasmare il modo in cui i nuovi arrivati vengono accolti dal paese che li ospita. Decidendo come presentare i fatti i giornali stabiliscono il tono e il ritmo con cui il pubblico e i politici si formano un'opinione e agiscono. 

Quando il tono è negativo i dibattiti politici che ne derivano dipingono i rifugiati e i migranti come invasori che devono essere fermati, contenuti e combattuti. I giornali che hanno generato questa visione nell’opinione pubblica sono riusciti a rappresentare i migranti e i rifugiati in quel modo, definendo così l'agenda sociale e politica.

La narrativa dominante che trasmettono oggi i mezzi d'informazione è che gli immigrati e i rifugiati minacciano la resilienza delle società europee, nonché le fragili economie nazionali e la sicurezza del continente. 

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L'argomento della sicurezza viene utilizzato, in particolare, per convincere i cittadini europei che il terrorismo è legato all'immigrazione. E sta funzionando. I partiti politici di destra ottenengono enormi successi in tutta Europa: alcuni vincono le elezioni e partecipano a governi che hanno promesso di espellere e respingere migranti e rifugiati, promettendo che fermeranno immigrati e rifugiati quando saranno al potere.

Un numero crescente di paesi europei è governata da politici che hanno fatto campagna elettorale proprio su questo tema. Nel 2015 la Polonia ha eletto un governo di destra, mentre l'anno successivo il Regno Unito ha lasciato l'Unione europea, con un voto guidato in gran parte dalla retorica sul tema della migrazione. Dopo c'è stata l'elezione di governi populisti di destra in Austria e in Italia, nonché la rielezione del partito Fidesz di Viktor Orbán in Ungheria nel 2018. Una dopo l'altra, queste vittorie elettorali sono state seguite dalla messa in atto di politiche volte a rendere insopportabile la vita dei migranti e dei richiedenti asilo.

Idealmente sarebbe bello che i mezzi d'informazione fossero uno strumento per gestire la crescente diversità della società e promuovere l'inclusione. Finora, però, si sono dimostrati tristemente inadeguati a svolgere questo ruolo, soprattutto in Europa. La stampa europea ha scelto di raccontare i rifugiati e i migranti che arrivano ai confini dell’Ue come una crisi, simile a uno tsunami. Questa informazione negativa ha contribuito a creare atteggiamenti ostili tra i cittadini europei nei loro confronti.


Come dice il vecchio adagio: “Finché il leone non impara a scrivere, la storia glorificherà il cacciatore”


Purtroppo le cose stanno peggiorando. Le poche organizzazioni che sostengono i rifugiati sono esauste o frustrate, oppure stanno perdendo il sostegno a causa della crescente ostilità dei governi nei confronti di rifugiati e migranti. Sembra che non sia possibile invertire l'ondata di negatività che travolge il dibattito. Non possiamo semplicemente affidarci alla flebile speranza che i giornali comincino a reinventare l'immagine di un pericoloso esercito invasore che essi stessi hanno costruito. Sono le persone migranti che devono iniziare a creare nuove narrazioni e nuove immagini che raccontino le loro storie dalle loro prospettive. Come dice il vecchio adagio: “Finché il leone non impara a scrivere, la storia glorificherà il cacciatore”.

Raccontare un’altra storia

All'inizio di luglio del 2022 sono stato invitato a Madrid, insieme ad altre 60 persone provenienti da diverse parti del mondo, per partecipare al programma Decolonising the Newsroom coordinato da ZEMOS98 e Conscience Afro. Attraverso questi incontri ho capito che non tutto è perduto. Abbiamo una via d'uscita. Possiamo contribuire a cambiare la narrazione negativa valorizzando gli aspetti positivi e il valore aggiunto che rifugiati e migranti portano con sé.

Durante gli incontri abbiamo discusso strategie concrete per ripensare la narrazione negativa. Se i mezzi d'informazione tradizionali e mainstream europei possono decidere di dare un'immagine positiva dei rifugiati provenienti dall'Ucraina e convincere i loro cittadini ad accoglierli a braccia aperte, noi possiamo fare lo stesso utilizzando i "nuovi" mezzi d'informazione, più economici e senza confini, per riequilibrare l'algoritmo da negativo a positivo. Più amplifichiamo i messaggi positivi e le storie di successo di migranti e rifugiati, più riorienteremo automaticamente gli algoritmi verso una narrazione positiva.

Prendiamo ad esempio l'Ucraina. I giornali mainstream ci hanno convinto che avevamo l'obbligo morale di aprire le nostre frontiere ai rifugiati ucraini, di dare loro una casa, e di accoglierli nelle nostre comunità. Questa improvvisa esplosione di generosità non era dovuta solo al fatto che questi sfollati stavano scappando da Vladimir Putin, ma anche al fatto che, pur essendo rifugiati, assomigliano alla maggior parte di noi. Per "noi" intendo bianchi, magari con capelli biondi e occhi azzurri. Condividere con voi questa storia personale potrebbe aiutarvi a capire come alcuni di noi, che non assomigliano alla maggioranza degli europei, abbiano intimamente assorbito questa narrazione.

Quando sono tornato da Madrid, ho notato che qualcosa era cambiato nel mio quartiere, a Utrecht, in Olanda. Probabilmente un giornale locale aveva pubblicato qualcosa sull'arrivo dei rifugiati ucraini che mi era sfuggito. Nemmeno un giornale online o una tv mi aveva avvisato della cosa. Quando sono arrivato a casa, ho visto una nave da crociera e all'improvviso c'era molta gente nel mio quartiere. Ho pensato subito ai turisti e non ai rifugiati. Perché? Perché non ero abituato a vedere i rifugiati come persone bianche.

L'ipotesi che la nave da crociera vicino a casa mia portasse dei turisti si è rivelata sbagliata, soprattutto alla luce della mia storia di sfollato. Negli anni Novanta sono fuggito dalla Sierra Leone, devastata dalla guerra, e a quanto pare anch'io ero intrappolato nella mentalità che crede che solo le persone che mi somigliano possono essere rifugiate.


Quando gli europei visitano l’Africa e l’Asia, si presentano come “expats”. Non è la stessa cosa quando persone provenienti dall’Africa e dall’Asia arrivano in Europa


Avevo letto sul giornale che il governo ospitava i rifugiati su navi, ma non immaginavo che quelle navi fossero lussuosi panfili da crociera. Mi sono stupito della mia reazione quando ho scoperto la verità, non perché i miei nuovi vicini fossero rifugiati, ma perché avevo inconsciamente partecipato allo stereotipo negativo relativo all’aspetto di un rifugiato. Ho imparato che chiunque può essere un rifugiato. Non importa il colore della pelle o la ricchezza. La guerra può trasformare chiunque in un rifugiato.

Ho fatto la mia passeggiata serale quotidiana al porto dove era ormeggiata la nave, ma non ho notato nulla che indicasse che 200 rifugiati erano lì ospitati e avevano bisogno di protezione. Perché? È un'immagine in netto contrasto con i normali centri per richiedenti asilo, dove all'ingresso sono presenti agenti di sicurezza o di polizia, oltre a proteste da parte dei residenti. Non è stato così per questo gruppo. Sembrava che stessero bene. Non c'erano proteste intorno al sito.

Cambiare la narrazione 

Tutto ha a che fare con le immagini. Ho cominciato a pensare alle ragioni per cui questi rifugiati non ricevono lo stesso trattamento che potrebbero ricevere persone di colore o asiatiche arrivate nelle stesse circostanze. Non ho sentito lamentele per i fastidi causati da questo gruppo di rifugiati. Non sono stati trattati come dei piantagrane. Forse perché non c'era nessuno che li denunciasse alla polizia? Forse, mi sono chiesto, è perché in questo quartiere i residenti olandesi bianchi sono una minoranza.

La maggior parte delle persone che vivono nelle vicinanze sono marocchine e turche, e hanno altro a cui pensare che lamentarsi di persone che sono fuggite dalle loro case. In realtà non li sento lamentarsi di nulla. Anche quando alzo il volume della musica, nessuno viene a dirmi di abbassarlo. A differenza del mio precedente quartiere, non sento lamentele per gli odori dei miei piatti "esotici" africani. Mi trovo bene qui, anche se non sono sicuro che il comune, la polizia e i promotori immobiliari siano d'accordo.

Oltre alla pelle bianca, ciò che rende questo nuovo gruppo di rifugiati diverso dagli altri è che si tratta soprattutto di donne, bambini e uomini anziani, più vulnerabili. Ed è ovvio: gli uomini giovani sono in prima linea, combattono per difendere il loro paese dall'invasione russa e per permettere ai miei nuovi vicini di tornare a casa e vivere in libertà. Quando vedo i miei nuovi vicini e vicine, penso alla perdita dei loro mariti, dei loro figli, fratelli, zii e cugini. Potranno anche vivere su una lussuosa nave da crociera, ma non cambierei posto con loro per tutto l'oro del mondo.

Il contesto  è una parte importante della comunicazione. Quando gli europei visitano l'Africa e l'Asia, si presentano come “expats”, persone esperte che sono venute a condividere le loro conoscenze e risorse con la popolazione locale. Sappiamo che non è sempre così, al contrario,  spesso si tratta di persone che vengono a sottrarre conoscenze e risorse naturali a quei paesi. Ma non è la stessa cosa quando persone provenienti dall'Africa e dall'Asia arrivano in Europa: vengono chiamati migranti o rifugiati; vengono definite persone che meritano pietà, persone che hanno bisogno di aiuto nella migliore delle ipotesi, o vengono viste come un esercito invasore che dovrebbe essere temuto ed espulso.

Lavorare insieme per cambiare questa narrazione negativa aiuterà a trasformare la cornice da ceneri e carta igienica nella foro incorniciata d'oro che potrà stare fieramente insieme alle altre fotografie che ornano il caminetto dell'Europa.

Questo articolo è stato scritto nell'ambito del progetto Reframing Migrants in the European Union cofinanziato dall'Ue, sotto l’egida della  European Cultural Foundation con altri cinque partner europei.
👉 L'articolo originale su ZAM Magazine

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