Intervista I giovani europei e la pandemia | Il punto di vista dei docenti

Olivier Ertzscheid su studenti e Covid-19: “Quel che mi preoccupa di più è che perdano speranza e mollino gli studi”

Intervista con Olivier Ertzscheid, docente di scienze dell’informazione all’Università francese di Nantes. In Francia le scuole elementari e medie sono aperte, i licei hanno dimezzato il tempo in presenza ma restano comunque aperti, mentre le università sono chiuse. La crisi che stanno attraversando gli studenti universitari è ormai sotto gli occhi di tutti: perdita dei lavori alimentari, isolamento e difficoltà a seguire i corsi. Con l’aggravante della perdita di un periodo estremamente formativo, non solo sul piano scolastico, per questa generazione. Ertzscheid, a partire dalla sua esperienza, testimonia l’urgenza di aiutare gli studenti e dell'importanza, anche politica, di riaprire le università.

Pubblicato il 1 Aprile 2021 alle 15:00

Katja Petrovic: Quali sono i problemi più gravi affrontati dagli studenti in questo momento di crisi?

Olivier Ertzscheid:  C’è una vera emergenza, della quale ora tutti i media parlano, e questo è un bene. Ma questa crisi per gli studenti è iniziata ben prima... Non so se è possibile stabilire una gerarchia nella gravità dei problemi, ma i giovani hanno bisogno di trovare un senso al fatto di avere 18, 20, 25 anni. E affinché trovino quel senso, dobbiamo essere in grado di offrire loro un minimo di interazioni sociali di base. Non vogliono organizzare feste per 200 persone o andare in discoteca, ma poter stare insieme, avere del tempo per parlare in piccoli gruppi e conoscersi. Si trovano in difficoltà nel procurarsi del cibo. Penso che la priorità sia permettere loro di risocializzare.

Secondo lei si può parlare di una “generazione sacrificata”? 

Dall’inizio di questa crisi, il Presidente Macron e Frédérique Vidal, la Ministra francese dell’Insegnamento superiore, non hanno preso atto del disagio degli studenti e delle università; è stato fatto il contrario di quello che si sarebbe potuto fare. Per esempio, il mese scorso ho fatto la spesa in un ipermercato Leclerc, dove quasi dall’inizio della crisi sanitaria, c’è una tenda, dove ci si può fare un tampone. Perché non esiste una cosa del genere per le università? Se c’è un problema di gestione degli assembramenti, dateci gli strumenti, fate dei tamponi all’ingresso delle università! 


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