Il 23 e 24 giugno il Consiglio europeo deciderà se concedere all’Ucraina lo statuto di paese candidato, anche se molti in Europa ne sottovalutano l’importanza.
Sebbene un possibile rinvio non sia totalmente da escludere, posticipare la candidatura dell’Ucraina sarebbe un danno per il paese e l’Europa stessa. Le conseguenze sarebbero evidenti: rallenterà le riforme postbelliche in Ucraina, minerà la democrazia in altri paesi, compresi i Balcani occidentali, aumenterà l'onere del bilancio dell'Ue e favorirà nuove instabilità in Europa.
In realtà ci sarebbe un modo per evitare queste conseguenze, promuovendo le riforme e far sì che l’Ue si apra a nuove opportunità. Noi, rappresentanti dei centri di ricerca ucraini, insieme ad altre organizzazioni della società civile, vogliamo proporre un approccio sicuro, che potrebbe placare i timori dell’Ue, eliminando lo statuto potenzialmente dannoso di “possibile candidato” assegnato all’Ucraina.
È importante tenere in considerazione che l’adesione dell’Ucraina all’Unione europea al momento non è programmata: ci sarà quindi ancora molta strada da fare. L’Ucraina dovrà mettere in atto l’acquis dell’Ue, l'insieme delle norme condivise dagli stati membri, attuare riforme in tutti i campi, dalla produzione industriale allo stato di diritto, alla sicurezza informatica. Sebbene la nostra candidatura sia tenuta in considerazione e rispettiamo la procedura e i criteri richiesti dallo status di candidato, siamo consapevoli che non diventeremo membri dell’Ue senza attuare forti riforme, le quali non sono però meno importanti dell’adesione stessa.
I paesi che presentarono la loro candidatura dopo il 1993, data nella quale i criteri di Copenaghen sono stati introdotti, non cominciarono ad applicarli prima della data della loro candidatura. Non un singolo paese della regione dei Balcani che allora chiedeva l’annessione all’Ue, rispettava totalmente i criteri richiesti. Kiev ha applicato l’Accordo di stabilizzazione e associazione per oltre sette anni, integrandolo di fatto insieme all’Ue in diversi ambiti, dal campo energetico alla politica estera.
I report annuali dell’Unione europea riconoscono il “percorso ucraino basato sul progresso delle riformme”. A maggio 2022, diversi gruppi di esperti sollecitarono l’Ue perché accettasse la candidatura dell’Ucraina, considerando gli obiettivi raggiunti con la partecipazione all’Accordo di stabilizzazione e associazione, la lotta alla corruzione, l’impegno energetico e la creazione di varie riforme. Più del 90 per cento della popolazione ucraina crede nell’adesione del paese all’Unione europea.
Considerati questi elementi la possibile decisione del Consiglio europeo di non accettare la candidatura dell’Ucraina, anche se presentata sotto forma di status transitorio, invierà un chiaro segnale all'Ucraina: l’Ue non vede l’Ucraina come un “membro della famiglia europea”, incontrasto con le dichiarazioni l'opinione maggioritaria dei cittadini dell’Ue che, secondo l’Eurobarometro, sono in forte maggioranza e sostengono la sua adesione.
Esortiamo quindi l’Unione europea ad intraprendere questo percorso e di indicare all'Ucraina una serie di riforme ambiziose, anche su temi sensibili quali la giustizia e la lotta alla corruzione. La società civile ucraina sarà al suo fianco
Un parere sfavorevole rafforzerà gli euroscettici e coloro che hanno interessi personali e si oppongono alle riforme strutturali in Ucraina, indebolendo quelle del governo, parlamento e società.
Una tale decisione potrebbe avere conseguenze anche sulle forze filoeuropee nei paesi che tuttora non hanno preso posizione, compresi quelli dei Balcani occidentali. È difficile portare avanti l’idea di una futura adesione se l’Unione europea blocca la candidatura stessa dell’Ucraina, nonostante i criteri siano chiaramente rispettati. Gli euroscettici di Belgrado, Sarajevo o Skopje si rafforzeranno, per tacere della fine che farebbe il sogno geopolitico di molti membri dell’Ue, ossia la futura democratizzazione della Russia.
Anche la ricostruzione postbellica dell’Ucraina, per la quale l’Ue ha stanziato dei fondi, potrebbe essere messa a repentaglio; lo status di candidata avrà invece conseguenze positive per gli investitori europei, che ridurrano così il carico per il bilancio dell'Unione, contribuendo a rilanciare l’economia ucraina ed europea.
L’indecisione dell’Ue rafforzerebbe invece lo scopo principale della Russia: seminare la sfiducia fra gli occidentali, rallentare la democratizzazione della regione e trasformarla in un polo di instabilità.
Siamo consapevoli del fatto che diverse capitali europee temono che Kiev, una volta ottenuto lo status di candidata, chieda l'integrazione senza riserve e perda interesse per le riforme. Per placare questi timori è necessario quindi stabilire delle precondizioni che diano il via ai negoziati per l’adesione, ovvero il passo successivo alla candidatura.
Un’esperienza simile non è del tutto nuova. Nel 2010 l’Unione europea ha offerto all’Ucraina un piano ambizioso di liberalizzazione dei visti. Dopo la “Rivoluzione della Dignità” o Euromaidan, l’Ucraina ha messo in opera il piano adottando delle riforme che parevano irrealizzabili. Dal 2017 gli ucraini godono di un regime di esenzione dal visto che si è dimostrato vantaggioso sia per l’Ucraina che per l’Ue.
Esortiamo quindi l’Unione europea ad intraprendere questo percorso e di indicare all'Ucraina una serie di riforme ambiziose, anche su temi sensibili quali la giustizia e la lotta alla corruzione. La società civile ucraina sarà al suo fianco. Ma, affinché l’Ucraina possa riuscire in questo intento, occorre che i requisiti siano tempestivi ed equi.
Lo status di candidata con requisiti ambiziosi per intraprendere il percorso verso l'adesione daranno vita a uno strumento notevole per riformare l'Ucraina. Strumento che contribuirà a prevenire l'apatia dei politici e della popolazione e rafforzerà l'Union europea e la sua autorità nel mondo.
Firmatari:
I membri ucraini della Piattaforma della società civile UE-Ucraina (Organismo dell’Accordo di stabilizzazione e associazione); i membri della coalizione Reanimation Package of Reforms (Associazione pubblica formata da 26 ONG volte allo sviluppo di riforme); oltre 200 ong volte allo sviluppo delle riforme europee: centri di ricerca, sindacati e associazioni.
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