I bielorussi residenti all'estero hanno sviluppato una rete di aiuti in soccorso dei loro connazionali, prima di tutto. Tutte queste iniziative già esistenti hanno permesso a centinaia di bielorussi di usare la loro esperienza per aiutare l'Ucraina: c’è chi si arruola, chi aiuta al confine, chi raccoglie e distribuisce tonnellate di aiuti umanitari, o trova un alloggio o, ancora, si occupa dell’istruzione dei giovani ucraini.
Il regime di Lukašenko è, oggi, complice della Russia nell’aggressione dell'Ucraina. La Bielorussia è a tutti gli effetti un Paese sotto occupazione straniera, in cui qualsiasi espressione pubblica di protesta è punita con arresti, percosse e procedimenti penali.I protagonisti delle storie contenute in questo articolo, e di molte altre ancora, ci raccontano l'importanza di distinguere la maggioranza di bielorussi che appoggia gli ucraini dalla minoranza dei sostenitori di Lukašenko, l'uomo che ha perso le elezioni nel 2020 e che si ostina ad aggrapparsi al potere con la forza.
I bielorussi residenti all'estero hanno sviluppato una rete di aiuti in soccorso dei loro connazionali, prima di tutto. Tutte queste iniziative già esistenti hanno permesso a centinaia di bielorussi di usare la loro esperienza per aiutare l'Ucraina: c’è chi si arruola, chi aiuta al confine, chi raccoglie e distribuisce tonnellate di aiuti umanitari, o trova un alloggio o, ancora, si occupa dell’istruzione dei giovani ucraini.
Il regime di Lukašenko è, oggi, complice della Russia nell’aggressione dell'Ucraina. La Bielorussia è a tutti gli effetti un Paese sotto occupazione straniera, in cui qualsiasi espressione pubblica di protesta è punita con arresti, percosse e procedimenti penali.
I protagonisti delle storie contenute in questo articolo, e di molte altre ancora, ci raccontano l'importanza di distinguere la maggioranza di bielorussi che appoggia gli ucraini dalla minoranza dei sostenitori di Lukašenko, l'uomo che ha perso le elezioni nel 2020 e che si ostina ad aggrapparsi al potere con la forza.
L’accoglienza al confine polacco
Uno dei centri di accoglienza per i rifugiati si trova nel villaggio di Dołhobyczów, non lontano dal confine tra Polonia e Ucraina. Circa ogni quarto d'ora i minibus del servizio di frontiera arrivano, portando con sé donne e bambini.

Una delle volontarie qui è Aksana Bukina. Il primo giorno di guerra ha chiesto sulla chat “donne bielorusse a Wrocław” se qualcuno era disponibile ad aiutare con alloggi, denaro o come volontario. Decine di persone hanno risposto. Al contempo ha postato sui social media che avrebbe aiutato a organizzare il trasporto dei rifugiati fuori dall'Ucraina e a riceverli al confine polacco.
"Non abbiamo quasi dormito. Ricordo che andavamo a letto alle tre del mattino, e alle sei o alle sette il telefono cominciava a suonare e dovevamo rispondere. Sarebbe stato bello staccare la spina e riposare, ma quando ci sono persone vere che vengono bombardate e ti scrivono, ti chiedono aiuto...".
Aksana e alcuni bielorussi che conosceva hanno iniziato a fare volontariato nei centri di accoglienza per i rifugiati. Gli uomini hanno preso delle ferie non pagate dal loro lavoro. Viktar veniva dalla Germania, altri venivano da Breslavia, sono sette o otto ore di strada. Aksana dice che all'inizio i volontari civili non erano ammessi nei campi profughi.
“Il nostro Vitalik ha vissuto i primi tre giorni nella sua auto vicino al campo, aiutando, dando indicazioni, trovando auto. In quel momento i rifugiati venivano fatti uscire dal campo: si riposavano, mangiavano qualcosa, si lavavano e andavano via, verso un nuovo Paese in cui non conoscevano la lingua, le opportunità per loro erano ben poche. Vitalik era semplicemente un volontario che aiutava i rifugiati che non sapevano dove andare. I responsabili del campo hanno visto quello che stava facendo e lo hanno lasciato lavorare nei loro centri”.
Aksana ora non ha un lavoro. In Bielorussia era stata co-proprietaria di un’azienda che si occupava di istruzione. Nel 2020 è stata arrestata durante un meeting, contro di lei è stato avviato un procedimento penale, ma è riuscita a fuggire in Ucraina.
“Anch'io sono una rifugiata, ho chiesto la protezione internazionale. Sono fuggita dalla Bielorussia con mio figlio, non avevamo nulla. Siamo arrivati a Kiev, e lì ci ha accolto a braccia aperte. Hanno raccolt…