Il tracollo finanziario globale non ci era riuscito, e adesso neanche la prospettiva di un incombente cataclisma ambientale riesce a mettere d'accordo i grandi della Terra. In un anno di vertici globali finiti in fiasco, come il G7 e il G20, la Conferenza sul Clima (Cop15) del prossimo dicembre si preannuncia destinata alla stessa sorte. Secondo l’Independent, dato che paesi come Stati Uniti, Canada e Russia sono riluttanti ad assumersi un impegno preciso per tagliare le emissioni di gas serra e finanziare i paesi in via di sviluppo, la Gran Bretagna ha deciso di ribellarsi dichiarando che “non c'è alcuna speranza di firmare un trattato sul cambiamento climatico che sia legalmente vincolante”. Le posizioni delle potenze mondiali sono quanto mai divergenti, al punto che occorrerà almeno un altro anno di trattative, forse più: così riferisce il quotidiano londinese, dopo ventiquattro mesi filati in cui circa 10mila incaricati di 192 paesi hanno lavorato per rispettare la scadenza di Copenhagen.
Perché gli eco-investitori si ritrovano a finanziare le “Big Oil”? A quali stratagemmi ricorre la finanza per raggiungere questo obiettivo? Come possono proteggersi i cittadini? Quale ruolo può svolgere la stampa? Ne abbiamo discusso con i nostri esperti Stefano Valentino e Giorgio Michalopoulos, che per Voxeurop analizzano i retroscena della finanza verde.
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