I sostenitori dell'intervento tedesco in Afghanistan sono in grande difficoltà: avevano venduto la guerra invocando grandi principi morali. E al tempo stesso promettevano un intervento senza rischi. Ma i due pilastri di questo edificio sono crollati con il discorso di Obama.
Il governo federale dovrebbe ormai ammettere che la nuova strategia degli Stati Uniti e dei loro alleati in Afghanistan si basa su una visione pragmatica della guerra. Ma senza pathos, senza il mito di una guerra giusta fatta da bravi guerrieri, la Germania non è disposta a partecipare al conflitto. Senza questi presupposti la coalizione rosso-verde guidata da Gerhard Schröder e Joschka Fischer non avrebbe sostenuto l'invio delle prime truppe otto anni fa. E adesso i suoi successori temono di perdere anche gli ultimi consensi al dispiegamento in Hindukush.
Obama non si è limitato ad annunciare un rafforzamento rapido delle unità americane e il loro ritiro nel luglio 2011, ma ha anche ridefinito la guerra e i suoi obiettivi: non si tratta più di democrazia, di diritti dell'uomo o della battaglia per un mondo migliore, che il governo Bush non era stato il solo a nutrire.
Invece di una visione, Obama ha presentato una strategia. E lo stesso presidente americano non sembra particolarmente convinto di come metterla in pratica. Ma in ogni modo ha avuto il merito di presentare il suo piano all'opinione pubblica. E quello che è ancora più importante, ne ha chiaramente indicato le conseguenze.
I suoi alleati tedeschi rimangono invece molto vaghi, e se oggi il Bundestag autorizzerà ancora una volta un'estensione del mandato della Bundeswehr in Afghanistan, lo farà come se i cambiamenti strategici di Obama non fossero mai esistiti. Si ragionerà come se la Bundeswehr fosse ancora all'inizio di una missione riuscita. Dopo otto anni sul terreno, il parlamento affiderà all'esercito tedesco un mandato quantomeno superato dalla realtà.
Il governo federale preferisce discutere di queste cose con i suoi alleati e non con il parlamento o con il principale soggetto democratico, il popolo. La nuova trasparenza nel campo della politica militare tedesca, annunciata solo una settimana fa [con la creazione di una commissione di inchiesta sul modo in cui il ministero della difesa ha nascosto informazioni sulle vittime civili di un bombardamento] appartiene già al passato.
Unione europea
30mila soldati sul campo
Dopo diverse settimane di assenza, in diversi paesi europei il dibattito sulla legittimità e sugli scopi della presenza occidentale in Afghanistan è stato rilanciato dall'appello del presidente Obama a inviare altre truppe. Oggi sul campo ci sono quasi 30mila soldati provenienti da 25 paesi Ue, sui 71mila che conta la forza internazionale di assistenza e di sicurezza (Isaf).
Ma sotto la pressione del segretario generale della Nato, Fogh Anders Rasmussen, gli alleati europei di Washington dovranno pronunciarsi sul futuro del loro impegno. Il 2 dicembre la Polonia ha detto di essere pronta a inviare altri 600 uomini. Il 3 l'Italia ha annunciato un rinforzo di 500-1.500 soldati. Ma l'Olanda, dove il governo di coalizione è diviso sulla questione, conferma la sua intenzione di ritirarsi dall'Afghanistan il 1° dicembre 2010, e la Francia vorrebbe aspettare lo svolgimento della conferenza internazionale a fine gennaio per decidere sull'invio di altri istruttori per l'esercito afghano. Nel frattempo la Gran Bretagna, che ha il contingente più numeroso dopo quello degli Stati Uniti, ha già annunciato l'invio di 500 uomini.
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