Opinione Ue e Ucraina

I paesi amici dell’Ucraina devono far fronte contro chi si oppone alla sua adesione all’Ue

Nonostante l'urgenza della situazione, molti stati membri dell'Ue sono ancora riluttanti a concedere all'Ucraina lo status di candidato. La Germania e la Francia, che condividono la responsabilità della situazione attuale, impediscono l'instaurarsi di una vera dinamica di solidarietà europea.

Pubblicato il 10 Giugno 2022 alle 18:03

La decisione di concedere lo status di paese candidato all'Ucraina è un passo necessario verso la creazione di una certa autonomia strategica per l'Unione europea, in quanto dimostrerebbe un reale desiderio da parte degli stati membri dell'Unione di allontanarsi dalle loro posizioni strategiche essenzialmente nazionali e di adottare un approccio europeo comune. 

Purtroppo il condizionale è d’obbligo dopo la dichiarazione di Mario Draghi, capo del governo italiano, del 31 maggio: "Lo status di candidato (dell'Ucraina) è contestato da quasi tutti i principali stati dell'Ue, direi tutti, tranne l'Italia. Lo status di candidato al momento non è possibile a causa dell'opposizione di questi paesi, ma immaginare una corsia preferenziale sì. E mi sembra che anche la Commissione sia d'accordo”.

I principali stati dell'Ue, Germania e Francia, propongono una corsia preferenziale per l'adesione dell'Ucraina all'Unione, ma si rifiutano di concedergli lo status di candidato, che è il punto di partenza per qualsiasi processo di adesione. Una situazione assurda.

Due stati – Germania e Francia – la cui responsabilità nella tragedia ucraina è particolarmente pesante. Sono stati loro a porre il veto all'ingresso dell'Ucraina nella NATO nel 2008. Sono stati ancora loro, sotto l'alto patronato della cancelliera Angela Merkel e del presidente François Hollande, a sponsorizzare gli accordi di Minsk del 15 settembre 2014. Sono stati loro (compreso il premier olandese Mark Rutte) gli artefici della politica che consiste nel rimandare sine die qualsiasi prospettiva concreta di adesione dell'Ucraina all'Unione, anche dopo la Rivoluzione di Maidan del 2014.

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La Germania è responsabile dell'aberrazione politica del gasdotto Nord Stream 2, denunciata a gran voce dai paesi dell'Europa centrale e orientale. La Francia, attraverso il suo campione nazionale degli idrocarburi – Total Energies – è responsabile dei faraonici investimenti in Russia, un vero e proprio affare di stato se si considera il sostanziale silenzio dei mezzi d’informazione e la scarsa voglia delle autorità politiche e giudiziarie francesi di cercare di fare chiarezza sulla morte di Christophe de Margerie (1), anche se le circostanze dell'"incidente" in cui ha perso la vita il presidente del gruppo hanno il sentore dei servizi segreti russi. 

Il ruolo centrale svolto dal connubio di connivenze franco-tedesche negli ultimi due decenni si riflette nella ripartizione delle esportazioni di armi verso la Russia dal 2014, nonostante l'embargo imposto dall'Ue dopo l'annessione della Crimea nel 2014. Germania e Francia hanno la parte del leone: ben l’80 per cento delle esportazioni totali degli stati membri dell'Ue (2).

Per non parlare delle innumerevoli conversazioni telefoniche del cancelliere Olaf Scholtz e del presidente EmmanuelMacron con il macellaio (3) di Mosca e della forte insistenza di Macron sulla necessità di “non umiliare la Russia”. Come se la Russia avesse bisogno di altri per essere umiliata. Gli stupri, anche di bambini, gli omicidi e le torture e le altre violenze commesse dalle truppe russe con il beneplacito del padrone del Cremlino, le deportazioni di centinaia di migliaia di ucraini, la massiccia distruzione delle infrastrutture civili, le innumerevoli violazioni delle leggi di guerra, costituiscono la vera umiliazione del popolo russo. 


Tredici stati membri dell'Unione hanno fatto sapere che ai loro occhi la priorità del momento per l'Unione non è la riforma dei Trattati ma la questione ucraina, compresa la concessione dello status di paese candidato


Probabilmente ci vorranno alcuni decenni prima che quest’ultimo possa lavare via questa umiliazione autoinflitta. Prima di questo, e il prima possibile, la Russia deve perdere la guerra e il suo esercito deve ritirarsi dall'intero territorio dell'Ucraina. 

Coloro che a Berlino e, soprattutto, a Parigi hanno creduto di poter perpetuare le loro connivenze, senza visione e senza alcun altro progetto, se non quello di qualche compromessione con l'aggressore, devono per la prima volta affrontare un'opposizione organizzata: 13 stati membri dell'Unione (4) hanno fatto sapere che ai loro occhi la priorità del momento per l'Unione non è la riforma dei Trattati ma la questione ucraina, compresa la concessione dello status di paese candidato.

È stato anche ricordato che non spetta agli stati membri definire le modalità e la durata del processo di adesione – un processo che è interamente nelle mani della commissione europea e del paese candidato. Il ruolo del Consiglio e del parlamento europeo è quello di valutare, sulla base delle relazioni della Commissione, lo stato di avanzamento del processo e, alla fine di quest’ulitmo, di approvare o meno la valutazione finale della Commissione. 

La decisione politica che il consiglio europeo del 23-24 giugno dovrà prendere è quindi chiarissima: concedere o meno lo status di paese candidato all'Ucraina. Sembra evidente che il condominio franco-tedesco non l'ha ancora capito, così come non ha preso la misura del fatto nuovo che costituisce l'emergere di una forte minoranza di blocco all'interno dei Ventisette. 

Per far capire ai tedeschi, ai francesi e agli altri sostenitori dell'opzione collaborazionista, i "Tredici" e gli altri stati membri farebbero bene ad annunciare fin d'ora che, in assenza di una decisione positiva sulla concessione dello status di paese candidato all'Ucraina, saranno costretti a ricorrere alla prassi istituzionale della sedia vuota (5) inaugurata dal generale de Gaulle, ovvero che non parteciperanno ai prossimi vertici dei capi di stato e di governo.

NOTE

  1. Christophe de Margerie, AD di Total, e i tre membri dell'equipaggio sono morti il 20 ottobre 2014 all’aeroporto di Mosca in un incidente mentre decollavano.
  2. Dieci stati europei hanno esportato armi in Russia dopo l'embargo del 2014 .
  3. Persona crudele e sanguinaria. Un generale che non risparmia le vite delle sue truppe.
  4. Non-paper di Bulgaria, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia, Svezia. 9 maggio 2022.
  5. Politica di blocco della Comunità economica europea guidata da Charles de Gaulle dal 30 giugno 1965 al 30 gennaio 1966 in seguito alle proposte della Commissione europea presieduta da Walter Hallstein, che prevedevano l'applicazione del voto a maggioranza nel Consiglio dei ministri e rendevano così possibile una riforma della politica agricola comune.

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