Presseurop, Tony Harrison

Ventisette modi di uscire dalla crisi

Ai primi segni di ripresa, i governi europei prendono misure per stimolare la crescita. Ma a un anno dall'inizio della recessione, i 27 sono ancora incapaci di coordinarsi per pianificare insieme “l'uscita dalla crisi”, scrive Le Monde.

Pubblicato il 23 Ottobre 2009 alle 15:41
Presseurop, Tony Harrison

In Europa, “uscita dalla crisi” è la parola d'ordine di questo autunno. Grandi o piccoli, ricchi o poveri, vecchi o nuovi membri, tutti i paesi dell'Unione sono a loro a modo colpiti dalla crisi. Pochissimi quelli risparmiati dalla recessione, come la Polonia. Tutti hanno registrato un aumento incredibile della disoccupazione, nonostante gli interventi economici, che a loro volta hanno fatto crescere ovunque il debito pubblico. La situazione sembra ora stabilizzarsi un po', e i governi già preparano la fase di uscita. Ma come? Di sicuro non senza timori, nulla è scontato. Se l'economia non è più in caduta libera, questo dipende in gran parte dalle misure appositamente adottate, come gli incentivi alla rottamazione delle auto per le industrie automobilistiche.

I dirigenti politici europei si chiedono se sia arrivato il momento di interrompere le terapie di ripresa economica. Ma il rischio è quello di provocare una ricaduta. Anche se è passato un anno dai primi provvedimenti anti-crisi, approvati in ogni paese in totale indipendenza, ancora manca il coordinamento tra le potenze europee. Al vertice di Bruxelles del 29 e 30 ottobre si parlerà proprio di questo, ma le opinioni divergono praticamente su tutto: sugli incentivi, sul momento in cui interrompere i piani di rilancio, sul ritmo della ripresa, sui criteri del patto di stabilità.

Lepri e tartarughe

Alcuni paesi, come la Francia, la Gran Bretagna e la Spagna, vogliono preservare dei margini di intervento, e sono contrari alla proposta di terminare entro l'anno prossimo le misure di sostegno economico. Altri, come la Germania, forti delle nuove previsioni più ottimistiche (crescita dell'1,2 per cento nel 2010 grazie alla ripresa delle esportazioni), vorrebbero superare la fase d'emergenza e riprendere la politica normale. Ora che si chiudono le negoziazioni tra cristiano-democratici e liberali, dal 2010 la nuova coalizione tedesca abbasserà le tasse alle imprese, e quelle sul reddito a partire dal 2011.

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In Gran Bretagna, dove solo ora nel terzo trimestre si registrano segnali di ripresa, bisognerà aspettare le elezioni politiche del giugno 2010 per sapere quale sarà la nuova politica economica, e quale il ritmo dettato dal governo. Se rimarrà al potere, il premier Gordon Brown continuerà a sostenere la crescita. Per l'anno fiscale 2010-2011 ha previsto per l'economia un'iniezione di denaro pubblico da 30 miliardi di sterline (33 miliardi di euro).

Tagli alle spese

L'IVA britannica, alleggerita nella fase più nera della recessione, dovrà risalire dal 15 per cento al 17,5 per cento a partire dal primo gennaio. Gordon Brown conta di far rientrare la spesa pubblica solo dopo il 2011. I suoi avversari, invece, se eletti vorrebbero tagliare subito gli incentivi del governo. Nell'anno 2009-2010, il deficit pubblico dovrebbe raggiungere il 12,4 per cento del PIL.

Non sono solo i conservatori a volere un taglio drastico alla spesa pubblica. Nei Paesi Bassi, il governo di centro-sinistra di Jan Peter Balkende ha avvertito che chiederà al paese il più grande sforzo dai tempi del dopoguerra. Il piano di austerità prevede due misure guida: l'età pensionabile sarà progressivamente portata fino a 67 anni (da qui al 2025), e la spesa pubblica sarà ridotta del 20 per cento.

L'economia olandese subirà una decrescita del 5 per cento, e il tasso di disoccupazione salterà all'8 per cento – mentre da qualche anno in Olanda si registra la piena occupazione.

Più tasse...

I governi alle prese con i deficit più alti, come la Spagna e l'Irlanda, hanno deciso di aumentare le tasse. Nel 2004, il governo socialista di José Luis Rodriguez Zapatero aveva diminuito le tasse, ma ora, nel 2010, è costretto ad aumentarle di nuovo. La Spagna è il paese che più di tutti ha aperto i rubinetti della spesa pubblica, senza riuscire a ridurre la disoccupazione (che è arrivata al 18 per cento), né a rilanciare l'attività. Secondo il FMI, la Spagna sarà uno dei pochi paesi dell'eurozona dove anche nel 2010 non si avvertiranno i segnali di ripresa. Per tentare di arginare la crescita vertiginosa del debito pubblico (del 10 per cento alla fine dell'anno), nel 2010 ci sarà un aumento delle tasse dirette e soprattutto di quelle indirette.

Anche in Irlanda, dove si attende per la fine dell'anno un deficit pari al 12 per cento del PlL, si prevede un aumento delle tasse per i cittadini, mentre non si toccheranno le tasse societarie (12,5 per cento), per non scoraggiare gli investitori stranieri. La crescita dell'Irlanda degli ultimi anni si deve infatti ai capitali esteri, e si fa leva su questi anche per la ripresa. D'altra parte il governo irlandese ha tagliato le spese pubbliche riducendo lo stipendio a tutti i funzionari statali.

o meno tasse?

Per la prima volta alle prese con il deficit, dopo anni di eccedenze di bilancio, la Svezia del conservatore Fredrik Reinfeldt ha annunciato che abbasserà le tasse ai pensionati e ai disoccupati, e che ridurrà i costi sociali per i lavoratori autonomi. Se nel 2012 torneranno al potere, i socialdemocratici vogliono invece reintrodurre le tasse patrimoniali, creare una nuova tassa per gli affitti più cari e aumentare le tasse sul reddito.

PORTOGALLO

Più ricchi che nel 2008

Dopo un crollo iniziale indotto dalla crisi globale, ora la ricchezza privata portoghese sembra in fase di crescita, riporta Público. Il Banco de Portugal ha annunciato che alla fine di giugno, i beni finanziari privati portoghesi (contanti, depositi bancari, assicurazioni sulla vita, investimenti di borsa) sono saliti a 208,4 miliardi di euro, mentre a marzo si attestavano sui 203,4 miliardi. Non è un grande passo, ma si tratta del primo segnale positivo dall'inizio del 2008. Questa ripresa delle finanze private portoghesi “potrebbe aiutare l'economia nazionale a risollevarsi”, sostiene Público. Ma a dire il vero, le imprese portoghesi stanno facendo peggio dell'anno scorso. Le operazioni sono precipitate del 33,6 per cento rispetto allo stesso periodo del 2008.

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